La Russia e l’enigma Siria
Analisi di Zvi Mazel
(Traduzione di Angelo Pezzana)
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Vladimir Putin con Bashar al Assad
L’abbattimento di un drone iraniano in territorio israeliano rende la responsabilità della Russia pienamente visibile, anche se le forze aeree di difesa russe non hanno partecipato allo scontro. Può il presidente russo Vladimir Putin rimanere neutrale di fronte a un’altra provocazione iraniana che potrà portare a una nuova e forse una più forte risposta israeliana?La Russia ha valutato seriamente le implicazioni a lungo termine del suo intervento in Siria? scribe to The JNS Daily Syndicate by email and never miss our top stories Da un lato, la Russia ha raggiunto il proprio obiettivo più significativo, disporre di una base navale e aerea nel mediterraneo, riconquistando la posizione di potenza mondiale nei confronti del rivale americano. Ma dall’altro, il Cremlino sta sprofondando nel pantano della guerra civile siriana. I conflitti causati dagli interessi regionali tra Russia e Israele, malgrado le relazione a modo loro positiva tra Putin e il Primo Ministro Benjamin Netanyahu è soltanto un aspetto del problema. La Siria è diventata terreno di scontro fra i più importanti paesi arabi e musulmani, come Iran, Turchia e Arabia Saudita, tutti intenti a promuovere piani strategici a lungo termine che minacciano l’integrità e la stabilità della Siria e la continua presenza della Russia nella regione. Anche l’Iran cerca in tutti i modi di stabilirsi nel paese, minacciando Israele per realizzare il potere sciita nel Medio Oriente. La Turchia è fortemente determinata a impedire la creazione di una zona autonoma kurda in Siria, che incoraggerebbe il partito kurdo turco PKK a rivendicare la stessa richiesta. Nel frattempo la guerra contro lo Stato Islamico è tutt’altro che terminata. Sebbene sia stata la potenza militare russa a salvare il regime di Bashar al-Assad dall’essere sconfitto nella guerra civile, i recenti sviluppi politici e militari dimostrano che la Russia non potrà garantire ancora a lungo la stabilità del regime. Ciò malgrado, Putin sa che non può sostenere ancora a lungo Assad, responsabile della morte di almeno mezzo milione dei propri cittadini e colpevole di atroci crimini di guerra compiuti con armi chimiche, nella vana speranza di ottenere una impossibile soluzione politica. Va ricordato che fu Barack Obama a volere dichiaratamente il disimpegno dal Medio Oriente e ad opporsi, armare e addestrare le forze di opposizione agli inizi della guerra civile siriana, creando così un vuoto politico riempito da altri poteri.
Obama, risoluto a negoziare un accordo nucleare con Teheran, chiuse gli occhi di fronte all’invasione iraniana in Siria, rifiutandosi persino di intervenire su Assad per l’uso delle armi chimiche. Sin dalla fine dell’Unione Sovietica, la Russia non è più stata presente in Medio Oriente, Putin ha colto l’opportunità per ritornarvi. Sebbene abbia ottenuto svariati successi, come le basi aeree e navali, potrebbe non andare oltre. E’ difficile che possa vantare un’altra vittoria da poter esibire prima delle elezioni presidenziali russe il 18 marzo prossimo. Altri tentativi di ridisegnare una nuova Siria sono miseramente falliti. Il Forum Astana, convocato da Turchia e Iran per riunire Assad e le forze di opposizione, è servito soltanto a riconfermare l’egemonia dei due paesi organizzatori. Era stato un evidente tentativo sotto l’ala delle Nazioni Unite, iniziato con il cosiddetto ‘ testo di Ginevra’ basato sulla Risoluzione 2264 del dicembre 2015 del Consiglio di Sicurezza. Malgrado il parere negativo delle forze di opposizione per il coinvolgimento di Turchia e Iran, un accordo venne raggiunto, furono scelte quattro zone, dove erano proibite operazioni militari, mentre veniva concesso alle popolazioni civili di poter ritornare alle loro case. Le forze di opposizione accusarono subito Russia, Siria e Turchia di violare spudoratamente l’accordo, ritirando le loro firme. Nel dicembre 2017, in un nuovo Forum Astana, la Russia affermò che l’accordo non aveva più valore, organizzando a Sochi un “Congresso del Popolo siriano”. Tenutosi il 29-30 gennaio si è rivelato un altro fallimento. Non c’erano rappresentanti dell’opposizione sunnita su 1.600 partecipanti, che avrebbero dovuto rappresentare tutte le forze politiche. Né vi erano i kurdi, dopo che la Turchia aveva attaccato la loro roccaforte di Afrin. La Russia,alleata con i kurdi fin tanto che erano alleati insieme a Iran e Turchia nella guerra allo Stato Islamico,cessò di aiutarli.
Sochi divenne una farsa quando i gruppi di opposizione appoggiati dalla Turchia, offesi per gli enormi manifesti che glorificavano Assad, si rifiutarono di lasciare l’aeroporto e ritornarono in Siria. Solo i sostenitori di Assad rimasero. Non volendo ammettere di essere privo di alternative, Putin invitò Turchia e Iran a un incontro a tre a data da stabilire per decidere “quali decisioni prendere” Nel frattempo, Putin fu oberato da pressioni perché mantenesse la promessa di riportare a casa gran parte delle truppe, come disse lo scorso dicembre durante la sua visita alla base aerea di Khmeimim. Senza un accordo politico in vista, la situazione sta subendo un forte degrado. I ribelli controllano tuttora Idlib e Ghouta, malgrado gli aerei russi e siriani bombardino senza sosta le zone civili, usando armi chimiche come il gas al cloro. Le forze siriane di terra, sostenute dagli alleati Hezbollah e dalle milizie iraniane, non stanno avanzando. Un tentativo delle forze siriane di attaccare le Forze Democratiche Siriane,formate soprattutto dai combattenti delle milizie kurde YPG ,nella area di Deir ez-Zor, ha ottenuto una dura risposta. Aerei della coalizione a guida Usa, ha ucciso almeno un centinai di soldati. L’opposizione dei ribelli non sembra indebolirsi. Nelle ultime settimane hanno abbattuto un aereo russo Sukhoi e hanno colpito con i droni due basi russe. I droni sono stati abbattuti, ma la battaglia è tutt’altro che finita. Nella Siria del nord, le Forze Democratiche Siriane, sostenute dall’America, hanno sconfitto lo Stato Islamico e ora controllano 30.000 km quadrati ai confini tra Turchia e Iraq. Il Segretario di Stato Rex Tillerson ha dichiarato il 17 gennaio che non è previsto un piano per porre fine alla presenza Usa nella regione, e restituire quella zona al governo centrale siriano, fintanto che non verrà formato un governo stabile. Non essendoci in vista una chiara soluzione politica o militare, la Russia non ha alternative se non continuare ad appoggiare Assad con un significativo numero di soldati. Non è possibile neppure cacciare l’Iran dalla Siria o fermare la guerra della Turchia contro i kurdi. Gli aerei russi che aiutano Assad nella sua macellazione all’ingrosso di soldati e civili stanno promuovendo un odio profondamente radicato che può scatenarsi in operazioni di guerriglia contro i soldati russi, con conseguente aumento della protesta nella Russia stessa. E ora si aggiunge la minaccia di un confronto in piena regola tra Israele e Iran attraverso la vicina Siria.
Zvi Mazel è stato ambasciatore in Svezia dal 2002 al 2004. Dal 1989 al1992 è stato ambasciatore d’Israele in Romania e dal 1996 al 2001 in Egitto. È stato anche al Ministero degli Esteri israeliano vice Direttore Generale per gli Affari Africani e Direttore della Divisione Est Europea e Capo del Dipartimento Nord Africano e Egiziano. Collabora a Informazione Corretta