Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 09/02/2018, a pag.14, con il titolo "Siria, raid Usa contro Assad. L’ira di Putin: volete il greggio", il commento di Giordano Stabile.
Giordano Stabile
Gli Stati Uniti scatenano la loro potenza di fuoco contro le milizie sciite di Bashar al-Assad e danno un altolà alla Russia e all’Iran in Siria. È il nuovo capitolo della guerra, anzi delle tante guerre che si stanno combattendo per procura sul teatro siriano. Per la prima volta Washington colpisce in battaglia i combattenti lealisti, e il presidente Donald Trump, dopo l’attacco missilistico dell’aprile scorso su una base aerea governativa, traccia un’altra linea rossa nella «sua» sfida al raiss.
Il bombardamento di una città siriana
La battaglia si è scatenata ieri prima dell’alba ed è durata tre ore. Un colonna forte «di 500 uomini», combattenti sciiti, siriani e stranieri, forse afghani, e gruppi tribali locali, si è avvicinata nella notte alle postazioni delle Forze democratiche siriane (Sdf), composte in gran parte da guerriglieri curdi e addestrate dagli Usa in funzione anti-Isis. L’obiettivo era il giacimento petrolifero di Khusham, vicino a Deir ez-Zour uno dei più ricchi della Siria. La reazione americana è stata immediata. Sono intervenuti gli aerei-cannoniera Ac-130 e caccia F-15, e anche l’artiglieria pesante dei Marines, pezzi da 155 millimetri. Sul terreno sono rimasti almeno 100 combattenti.
Il Pentagono ha spiegato che l’assalto era «pianificato» e su «larga scala», con «artiglieria, carri armati, lanciarazzi e mortai». Fra i guerriglieri delle Sdf c’è stato un ferito, nessuna vittima «fra i soldati americani» presenti nell’area. In zona ci sono però anche i consiglieri e contractor russi. Si è quindi sfiorato un scontro diretto fra militari russi e americani. Damasco ha accusato l’America di «mostruosa aggressione», di «crimini contro l’umanità» e ha chiesto l’intervento dell’Onu. Assad ha ricevuto la solidarietà russa alle Nazioni Unite e dell’Iran, con il presidente Hassan Rohani che lo ha chiamato al telefono. A scanso di equivoci il Pentagono ha precisato che i raid sono scattati «in coordinamento» con il ministero della Difesa russo. Un accordo non scritto fra Washington e Mosca prevede infatti che le forze di Assad non possano oltrepassare l’Eufrate verso Est, e le rispettive aviazioni sono sempre in contatto per evitare «incidenti».
In ogni caso sta andando in pezzi quel poco di intesa sulla Siria fra Trump e Vladimir Putin, raggiunta al G20 di Amburgo del 7 luglio. Il Cremlino ha accusato l’America di voler mettere le mani sul petrolio della Siria, dopo che i suoi alleati hanno strappato all’Isis la parte orientale della regione di Deir ez-Zour, dove si trova metà dei giacimenti siriani. La Casa Bianca ha di nuovo alzato il tiro su Assad, accusato di aver compiuto attacchi chimici con bombe al cloro e chiesto che le milizie sciite addestrate dai Pasdaran lascino il Paese. Lo Zar aveva puntato due mesi fa a un disimpegno rapido dalla Siria, ora non riesce a districarsi. Ieri ha chiamato il presidente Recep Tayyip Erdogan e concordato un vertice a tre con Rohani a Istanbul. Putin sperava che l’attacco turco ai curdi dello Ypg ad Afrin mettesse con le spalle al muro gli americani. I guerriglieri curdi dello Ypg formano il grosso delle Forze democratiche siriane e ora Washington deve scegliere se stare dalla parte dei turchi o dei curdi.
Con l’azione di ieri gli Usa hanno dimostrato che i suoi alleati, perlomeno a Est dell’Eufrate, «non si toccano» e lo scontro con la Russia è salito ancora di tono. La portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, ha accusato gli aerei militari americani di effettuare voli sui confini russi con i «transponder spenti» per non essere intercettati. Pochi giorni fa un aereo spia americano al largo della Crimea è stato sfiorato da un Sukhoi russo. Un duello di questo tipo nei cieli siriani, dove i piloti hanno le mani calde, sarebbe ad altissimo rischio.
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