Il silenzio e l’oblio: la Shoah e il collaborazionismo diventeranno presto un tabù?
Commento di Michelle Mazel
I sopravvissuti alla Shoah, coloro che sono scampati ai campi di sterminio, stanno scomparendo uno dopo l’altro, e un po’ dovunque in Europa si percepisce un sordo desiderio di voltar pagina, di dimenticare il ruolo che ebbero le popolazioni durante quel tragico periodo, con l’azione o l’omissione. Come non si può non pensare alla frase di quel grande filosofo che fu Edmund Burke: “Perché il male trionfi, basta l’inazione degli uomini buoni”? Troppo spesso oggi ci si sente ripetere che “ è stato certamente un tragico episodio, ma i tedeschi ne hanno da soli tutta la responsabilità.” L’abbiamo visto in occasione della commemorazione della “rafle du Vel d’Hiv” lo scorso luglio: l’estrema sinistra di Mélenchon e l’estrema destra di Marine Le Pen avevano proclamato, ognuna separatamente, che la Francia non aveva alcuna responsabilità per quel crimine commesso, più di tre quarti di secolo fa, da poliziotti francesi per ordine dell’occupante tedesco. Quando si evocano le misure prese contro gli ebrei, gli espropri sanciti da leggi dello Stato, la risposta è stata troppo spesso: “Vichy non era la Francia.” Oggi è il turno del governo polacco, che minaccia i fulmini della legge per chiunque osi accusare la Polonia di aver collaborato alla Shoah. Non può neppure ammettere a fior di labbra che qua e là , e assolutamente a titolo individuale, un polacco abbia commesso crimini contro gli ebrei.
Certo, i polacchi combatterono coraggiosamente contro i tedeschi, dimostrando spesso di essere veri eroi. Hanno pagato un prezzo enorme con la loro resistenza. Non c’è mai stata una collaborazione ufficiale tra la Polonia e la Germania, come purtroppo è avvenuto in Francia. Solo che la Polonia non è stata mai pronta a guardare in faccia un passato di antisemitismo virulento e una lunga sequela di atrocità commesse dai polacchi. Se molti di loro hanno salvato o nascosto ebrei durante la guerra, molti altri purtroppo hanno trovato lavoro nei campi di concentramento, denunciato o consegnato i loro vicini ebrei ai nazisti, quando non li hanno aggrediti di persona. Chi si ricorda del massacro di Jedwabne? In una cittadina dove da generazioni vivevano degli ebrei, il 10 luglio 1941, una quarantina di loro sono stati braccati e rinchiusi in un fienile e i loro concittadini e vicini hanno appiccato il fuoco. Cinque anni più tardi, dopo che quasi la totalità dei tre milioni e mezzo di ebrei polacchi era stata sterminata, circa centocinquanta ebrei sopravvissuti erano rientrati a casa nella cittadina di Kielce. E’ bastata una accusa di omicidio rituale - gli ebrei avrebbero ucciso un bambino cristiano per fare delle azzime pasquali con il suo sangue! – perché, il 4 luglio 1946, la plebaglia polacca scatenasse un vero pogrom facendo 40 morti e 80 feriti. Da oggi in poi sarà dunque vietato evocare questi drammi e molti altri ancora? Edmund Burke aveva anche detto che coloro che non conoscono la storia sono condannati a ripeterla.
Michelle Mazel, scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron”. Le sue recensioni sono pubblicate sull’edizione settimanale in lingua francese del Jerusalem Post