Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/02/2018, a pag. 1-11, con il titolo "Le porte dell’Unione europea restano chiuse per Ankara ", la cronaca di Marco Bresolin.
Ogni tanto una buona notizia di politica internazionale dall'Unione Europea: porte chiuse alla Turchia di Erdogan, che vorrebbe traghettare il proprio Paese in Europa dopo averlo trasformato in una dittatura islamista.
Ecco l'articolo:
Marco Bresolin
Allo stato attuale non c'è alcuna possibilità di far avanzare i negoziati per l’ingresso della Turchia nell’Ue». L’ennesimo appello di Recep Tayyip Erdogan - lanciato ieri con un’intervista a La Stampa - sbatte contro il muro di gomma di Bruxelles. La porta resta chiusa. Ieri la Commissione si è rifiutata di commentare ufficialmente le parole del leader turco, ma fonti qualificate fanno sapere che la linea resta la stessa. E annunciano che ad aprile l’esecutivo Ue produrrà un dettagliato rapporto-Paese sulla Turchia.
«Sarà un documento molto severo - fanno sapere da Bruxelles - dal quale emergerà che Ankara non ha fatto alcun progresso dall’ultimo report (estate 2016, ndr). Anzi, dopo il tentato colpo di Stato e dopo il referendum costituzionale la situazione è persino peggiorata. Tutto sarà scritto nero su bianco».
E i negoziati resteranno ancora congelati «de facto».
Il rispetto dello Stato di diritto, e in particolare l’indipendenza della magistratura, resta il punto più controverso. Soltanto tre giorni fa il commissario Ue all’Allargamento, Johannes Hahn, e l’Alto Rappresentante per la politica Estera, Federica Mogherini, avevano lanciato un messaggio congiunto per criticare apertamente la decisione di mettere nuovamente in carcere Taner Kilic, il presidente di Amnesty da otto mesi in detenzione cautelare, dopo che lo stesso tribunale ne aveva deciso la scarcerazione il giorno prima.
Recep Tayyip Erdogan
Già nelle scorse settimane Hahn aveva chiuso la porta a possibili passi avanti sui negoziati per l’adesione: «Ciò che conta sono i fatti e i fatti non sono cambiati». Ancor più diretto il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker: «Finché ci saranno giornalisti in prigione, non potranno esserci progressi». Frase scandita il 12 gennaio scorso a Sofia, accanto al premier bulgaro Bojko Borisov. Che però non la pensa così e per questo sta cercando di sfruttare il semestre di presidenza Ue per ammorbidire le relazioni tra Bruxelles e Ankara. Per esempio organizzando un vertice Ue-Turchia a Varna, sul Mar Nero, nel mese di marzo. Erdogan lo dà per scontato, ma da Bruxelles fanno sapere che l’incontro non è stato ancora confermato (anche se il via libera dato da Angela Merkel durante la sua visita a Sofia è la prova che si farà). «E comunque - precisa una fonte comunitaria - non si tratterà di un summit Ue-Turchia. Ma solo di un incontro tra leader, senza conclusioni ufficiali».
Sulla questione turca i governi europei non sono tutti sulla stessa linea. È opinione diffusa che non ci sono le condizioni per andare avanti, ma alcuni Paesi - tra cui Austria, Belgio e Olanda - vorrebbero marcare ulteriormente le distanze. In vista del Consiglio europeo di ottobre era stata ventilata l’ipotesi di dichiarare ufficialmente interrotti i negoziati. Anche la Germania sembrava su questa linea ma, una volta terminata la campagna elettorale, Berlino si è ammorbidita. «Sarebbe stato un gesto inutile e controproducente», fanno notare fonti del governo italiano.
Inutile, perché i negoziati sono già di fatto congelati: a oggi sono stati aperti solo 16 capitoli negoziali (su un totale di 35), uno dei quali è stato provvisoriamente chiuso, e i governi hanno già deciso di non aprirne di nuovi. Controproducente perché, come ha ricordato recentemente Borisov, «la Turchia resta un partner importante, con cui abbiamo un accordo decisivo sui migranti. Senza il quale ci sarebbe una nuova crisi in Europa».
A ottobre, la discussione sulla Turchia tra i capi di Stato e di governo Ue era durata più di tre ore, con un confronto serrato. Ma la formulazione scritta nelle conclusioni del summit non va oltre la riga: «Il Consiglio europeo ha tenuto un dibattito sulle relazioni con la Turchia». Stop. Si è poi deciso di mandare comunque un segnale ad Ankara, con il taglio dei fondi pre-adesione (il budget 2018 è stato ridotto di 175 milioni di euro) «in risposta al deteriorarsi della situazione della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani».
Macron ha provato a buttare sul tavolo la proposta di una «partnership strategica» con Ankara, una via d’uscita per tenere aperti i ponti e al tempo stesso mantenere le dovute distanze. La soluzione trova ampio consenso in Europa. Ma nell’intervista a La Stampa, Erdogan ha rifiutato l’offerta: «Desideriamo la piena adesione all’Ue. Altre opzioni non ci soddisfano».
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