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Informazione Corretta Rassegna Stampa
02.02.2018 Medio Oriente: due pericoli, Turchia/Egitto
Analisi di Mordechai Kedar

Testata: Informazione Corretta
Data: 02 febbraio 2018
Pagina: 1
Autore: Mordechai Kedar
Titolo: «Medio Oriente: due pericoli, Turchia/Egitto»

Medio Oriente: due pericoli, Turchia/Egitto
Analisi di Mordechai Kedar

 Immagine correlata

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/21638

 La Turchia e l’Egitto stanno invertendo la rotta: la prima cerca di far risorgere l’impero ottomano e il secondo di consolidare una dittatura dispotica.
La rinascita di un impero
L'impero ottomano sta risorgendo un secolo dopo il suo crollo. La Turchia sta di nuovo riconquistando parti del mondo arabo, iniziando dalla Siria. Con il pretesto della “guerra al terrorismo”, è riuscita, nelle ultime due settimane, a conquistare una striscia di territorio siriano lungo il confine condiviso dai due paesi, al fine di interrompere la contiguità territoriale dei curdi.
La Turchia intende così estendere la sua "zona di sicurezza" in territorio siriano per coprire l'intera lunghezza del confine lungo 818 km con la Siria per allargarsi fino a una profondità di 30 km all'interno del territorio siriano.
Se riuscirà nel suo intento, quella "zona di sicurezza" si estenderà per oltre 24mila km quadrati e sarà più grande dello Stato di Israele.
I turchi intendono trasformare quell’area in una terra di nessuno.

Questo programma ha solo un nome: “pulizia etnica”. Le decine di migliaia di residenti dei villaggi e delle città, che vivono in queste zone da centinaia, forse migliaia di anni, dovranno sradicarsi e disperdersi nel mondo, perché Erdogan non vuole un'entità curda indipendente o non- indipendente a sud del confine con la Turchia.
Chiamare i curdi siriani “terroristi” che devono essere espulsi dai loro territori storici è esattamente lo stesso che dire che tutti gli arabi o tutti gli ebrei sono “terroristi” e considerarli tutti ugualmente colpevoli. Il razzismo di Erdogan è inaccettabile, va oltre ogni limite. Ma la cosa più scioccante a proposito del  suo comportamento, è il silenzio totale del mondo. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non si è neppure riunito per discuterne e non ha pronunciato una sola parola di condanna.
Non ci sono manifestazioni nelle strade del mondo arabo, dell'Europa e del Nord America: silenzio di tomba.

Per chi ha la memoria corta ricordo che già nel 1974 la Turchia aveva conquistato il 37% dell'isola di Cipro e stabilito uno Stato che nessun Paese ha mai riconosciuto "de jure", salvo ovviamente la Turchia stessa. La sua presenza lì è "occupazione" in qualsiasi modo tu la guardi, ma chi ne è consapevole? Chi condanna la Turchia per aver occupato più di un terzo di Cipro? A qualcuno è forse mai venuto in mente di boicottare, sanzionare o disinvestire in Turchia - quindi BDS – a causa della sua occupazione di Cipro da ben 44 anni ?
Ora è il turno della presa di potere turco della Siria curda. Il mondo si sveglierà e capirà cosa sta facendo la Turchia? Farà dimostrazioni? La condannerà? La boicotterà? Farà qualcosa?
Ma non è solo l'attuale occupazione che presenta un problema, è il modo di comportarsi problematico della Turchia fin da prima del 1974.
Chiunque abbia un po’ di coscienza, ricorda cosa è successo agli armeni cristiani in Turchia. Hanno sofferto un primo genocidio di massa tra il 1894 ed il1896 e un altro durante la Prima Guerra Mondiale tra il 1915 ed il 1918.
Milioni di armeni cristiani furono crudelmente assassinati dai turchi musulmani e l'assoluto silenzio del mondo è ciò che portò Hitler a credere, nel 1941, che il mondo non avrebbe fatto nulla se avesse fatto lo stesso con gli ebrei.
Il mondo cinico in cui viviamo agisce secondo i propri interessi e l'Occidente - cioè Stati Uniti ed Europa - teme che l'irascibile e impulsivo Erdogan possa provocare la sua espulsione dalla base aerea di Incirlik, che è il punto centrale di un qualsiasi piano di azione occidentale in Medio Oriente e Asia centrale, incluso l'Iran.

La grande incognita è come reagiranno i curdi in risposta alle minacce di pulizia etnica che Erdogan ha in serbo per loro: si siederanno tranquilli ad attendere la morte o combatteranno contro le forze turche? Un'altra domanda sullo sfondo: come reagiranno i curdi in Turchia a ciò che potrebbe accadere ai loro fratelli siriani? Ricordiamoci che ogni città turca ha un proprio quartiere curdo. Se i curdi lo volessero, potrebbero seminare distruzione in tutta la Turchia. Il prezzo che dovrebbero pagare è alto, ma lo sanno bene.
La questione della risposta curda non è priva di problemi. Di recente abbiamo assistito a ciò che è accaduto nella regione curda dell'Iraq, dove i curdi non erano solidali, ma divisi in fazioni che, a volte, combattevano gli uni contro gli altri. Erdogan potrebbe contare proprio su quella mancanza di unità per continuare ad agire con la stessa brutalità che ha mostrato contro i curdi siriani, senza doversi preoccupare che i curdi in Turchia vengano in aiuto dei loro fratelli siriani.

Aggiungiamo un altro fattore, quello dei volontari che si riversano da tutto il mondo per aiutare i curdi. Alcuni sono arrivati ​​dalla Francia, altri dagli Stati Uniti, dal Regno Unito, dall'Algeria, dal Giappone e da altri Paesi ancora. Sono stati arruolati attraverso i social media in un modo che ricorda quello dell'ISIS per trovare i volontari. Alcuni hanno adottato nomi curdi e imparato la lingua. Se questo fenomeno si espanderà e dei volontari stranieri cadranno in battaglia, i turchi si troveranno coinvolti in un affaire internazionale.

Democrazia egiziana
Alla fine del prossimo mese di marzo saranno trascorsi quattro anni da quando Abed al Fatah al Sisi ha vinto le elezioni presidenziali. In Egitto sono imminenti le elezioni del prossimo Presidente e Sisi ha annunciato la sua candidatura assieme a molti altri: l'ex comandante in capo Sammy Anan, il procuratore Khaled Ali, l'accademico dell'Università del Canale di Suez Muna Albaranes, l'uomo d'affari Mahmoud Ramadan, lo scienziato spaziale Izzam Khagi e altri ancora.
Il problema è che chiunque dichiari la propria candidatura, si trova  improvvisamente sotto indagine della polizia, arrestato con un pretesto o diffamato ovunque, così che non sembra esserci alcuna seria competizione che possa impedire la rielezione di Sisi.
Per questo sono molti che chiedono di boicottare le elezioni, dato che il loro risultato è già stato deciso. Gli analisti sostengono che lo stato di libertà politica e dei diritti civili in Egitto sia peggiore di quanto non fosse durante il periodo di Mubarak e che il potere della polizia e dell'esercito nei quattro anni di presidenza di Sisi sia aumentato.
La chiara e ovvia ragione di questo cambiamento è che la vera guerra al terrorismo è dura, una fatica di Sisifo, e non se ne vede la fine da nessuna parte. Oltre al terrorismo, l'Egitto si trova di fronte a una minaccia molto più grande: il possibile calo significativo delle acque del Nilo che fluiscono in Egitto dal Sudan, a causa della costruzione della " Diga della Grande Rinascita" da parte dell'Etiopia, vicino al confine con il Sudan del Sud. In Egitto l'acqua potabile, l'irrigazione in agricoltura e l'industria dipende totalmente dal Nilo, e ha bisogno di quantità sempre maggiori di acqua man mano che la sua popolazione, ormai prossima ai 90 milioni, cresce.
Gli sforzi di Sisi per convincere l'Etiopia ad astenersi dal costruire la diga non hanno finora portato ad alcun risultato e il problema rimane aperto.
L'Egitto è anche preoccupato per il terrorismo, perché oltre alla perdita di vite umane, ai feriti e alle distruzioni, gli attacchi terroristici hanno gravemente danneggiato il turismo egiziano.
I visitatori stranieri vengono per godersi le vacanze e rilassarsi, non per diventare vittime di terroristi. In più è endemica una radicata corruzione amministrativa e molti cittadini disperano che si possa trovare una via d'uscita per i problemi del Paese. Nella situazione attuale, la rielezione di Sisi sembra inevitabile, e questo è probabilmente il miglior scenario possibile.

Io non sostengo le dittature, sono ovviamente contrario a chi calpesta i diritti civili e le libertà politiche, ma l'alternativa a Sisi significherebbe un deterioramento ancora più rapido, poiché il Paese affonderebbe sempre più nel pantano in cui è già sprofondato. Ci sono periodi difficili nella vita delle nazioni e ci sono crisi che richiedono misure non convenzionali. Scegliere di nuovo Sisi potrebbe non essere una buona soluzione, ma potrebbe impedirne una ancora peggiore.
Vorrei augurare a Sisi e all'Egitto un buon successo nel trovare la via giusta per risolvere i problemi in cui l'Egitto è immerso fino al collo.


Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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