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Il Giornale-La Stampa- La Repubblica Rassegna Stampa
02.02.2018 Polonia: Shoah, i carnefici della porta accanto
Cronache e commenti di Fiamma Nirenstein, Monica Perosino, Anna Lombardi, Jan Gross

Testata:Il Giornale-La Stampa- La Repubblica
Autore: Fiamma Nirenstein, Elena Loewenthal, Monica Perosino, Anna Lombardi, Jan Gross
Titolo: «Shoah, non c'entriamo, la Polonia vara la legge che indigna Israele-Quella terra svuotata dei suoi ebrei- Carcere per chi parla di complicità-Jan Gross, la destra estirpa il passato così la retorica xenofoba funzione»

Legge bavaglio in Polonia. Cronache e commenti oggi,02/02/2018 sul GIORNALE a pag.14 Fiamma Nirenstein, sulla STAMPA a pag.8 Elena Loewenthal, Monica Perosino, sulla REPUBBLICA Anna Lombardi intervista Jan Gross.

Il Giornale-Fiamma Nirenstein:" Shoah, non c'entriamo, la Polonia vara la legge che indigna Israele"

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Fiamma Nirenstein

Il Senato polacco è andato fino in fondo sull'onda della spinta nazionalista, che da sempre eccita il popolo polacco in modo poetico quanto illusorio e alla fine bugiardo.Ieri, senza riguardo per la storia, il Senato ha votato dopo qualche giravolta una legge per cui "chiunque dichiari pubblicamente e contrariamente ai fatti che la Nazione Polacca o la Repubblica di Polonia è responsabiule o coresponsabile per i crimini nazisti commessi dal Terzo Reich.. o di altri crimini che costituiscono crimine contro l'umanità o crimini di guerra o chiunque altrimenti diminuisca le responsabilità dei veri perpetratori di tali crimini è condannabile a multa o alla prigone fino a tre anni" Israele è giustamente irato, anche perchè il primo ministro Netanyahu, che dichiara che la menzogna non passerà, sabato scorso aveva ottenuto al telefono dalla sua controparte polacca Mateusz Moraswiecki la promessa di una revisione della cancellazione delle responsabilità polacche. Adesso, Israele medita con rabbia e anche con imbarazzo una reazione adeguata. Il dilemma è serio. Da una parte la Polonia è molto amichevole verso Israele nell'ambito della sempre astiosa e aggressiva Unione Europea, dall'altra il gesto revisionista e persino negazionista della verità storica è sconcertante e doloroso. Come stanno veramente le cose? C'è un pò di ragione e del torto marcio nella posizione Polacca. Perchè è certamente vero che non sono stati i Polacchi a organizzare lo sterminio degli ebrei, che i nazisti non erano loro amici, al contrario: fra i 5milioni e mezzo e i 6 milioni e mezzo di cittadini polacchi ( che combatterono aspramente e con coraggio) furono uccisi dai nazisti, ma la sofferenza degli ebrei che erano il 10 per cento della popolazione totale,. circa 3 milionbi e mezzo, è incomparabile: tutti fuorchè un centinaio di migliaia sono stati sterminati. I tedeschi costruirono in Polonia circa 450 fra campi di concentramento, campi di lavoro e di prigionia e 700 ghetti. Gli ebrei furono destinati all'estinzione di massa nei campi di Auschwitz Birkenau, Belzec, Chelmno, Majdanek, Treblinka, Sobibor. Certo, furono i naszisti a scegliere la Polonia perchè era più facile spingere le masse presenti in quel Paese alla morte, ma anche perchè poteva contare su un inveterato, profondo, aggressivo antisemitismo di massa. I campi non sono polacchi, sono nazisti, va bene; 6700 polacchi sono commemorati al museo di Yad va Shem perchè salvarono tanti ebrei. Ma i polacchi furono spesso complici, denunciarono, spiarono, uccisero come a Jedwabne, nel 1941, dove i 1600 cittadini ebrei furono fatti a pezzi, bruciati vivi, sottoposti a torture da antisemiti polacchi e tedeschi. A Kielce, nel 1946, decine di ebrei furono massacrati durante un pogrom polacco, dopo la Shoah. I nazisti erano già andati a casa. La Polonia vuole dimenticare la sua brutta faccia antusemita e così facendo rischia di riportare in vita l'odio contro gli ebrei. Mio padre dopo che la sua famiglia, del villaggio di Baranov, era stata sterminata (il padre, la moglie del padre, un fratello minore adorato oltre a quattro sorelle per parte di padre oltre a diversi zii e cugini) a Sobibor, campo di concentramento nazista su suolo polacco, tornò dopo la guerra a rivedere la sua casa. Un gruppo di polacchi gli si fece intorno e lo minacciò di morte se non se ne fosse immediatamente andato. Nel film di Lanzmann "Shoah" i contadini che si assiepano lungo le rotaie dei treni della morte facevano agli ebrei che li guardavano supplicando aiuto dai treni piombati il segno della morte sulla giugulare. Intorno al Ghetto di Varsavia, dove i bambini morivano per la strada ridotti pelle e ossa, la gente non si batteva per salvarli, camminava tranquilla. Davvero i polacchi vogliono dimenticare tanta responsabilità? Israele afferma che non lo permetterà. 

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La Stampa-Elena Loewenthal:" Quella terra svuotata dei suoi ebrei è il simbolo dello sterminio"


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Elena Loewenthal

Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale vivevano in Polonia circa tre milioni e mezzo di ebrei, che componevano grosso modo I'11% della popolazione totale. Nel 1945 erano duecentomila, ed è terribilmente facile fare i conti: il 90 per cento è stato sterminato. Nel 2010 erano poco più di tremila. Che lo voglia o no, la Polonia è a un tempo il simbolo e l'essenza dello sterminio, con il vuoto assurdo che si ritrova. La legge appena approvata dal Parlamento polacco è a un tempo scandalosa e coerente: la «dismissione» della Shoah, il fatto di rinnegarla in quanto parte del passato polacco è l'ultimo atto di quel secolare e non di rado violento senso di estraneità che il Paese ha manifestato verso i «suoi» ebrei. Basti pensare che più di un anno dopo la fine della guerra, e precisamente il 4 luglio del 1946, con la cenere residuale dei forni crematori ancora a concimare il terreno delle campagne, in una cittadina polacca di nome Kielce 40 ebrei furono ammazzati e più di 80 feriti nel corso di un vero e proprio pogrom innescato dalla diceria secondo cui alcuni di loro avevano rapito un bambino per usarne il sangue - secondo il più classico e assurdo copione della violenza antiebraica, dal Medioevo in poi.
I massacri
Nel pieno della guerra, il 10 luglio del 1941, sotto gli ordini delle Einsatzgruppen - i gruppi speciali dell'esercito tedesco attivi nei territori occupati - i civili polacchi del posto massacrarono decine di ebrei nella piazza della cittadina di Jedwabne. Più di diecimila ebrei furono uccisi dai tedeschi, ma soprattutto dal solerte personale ausiliario polacco, durante le operazioni di deportazione nel ghetto di Varsavia.
Per riassumere la complicità polacca nello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti lo storico Havi Dreyfuss, capo del Centro di ricerche sull'Olocausto in Polonia allo Yad Vashem di Gerusalemme, cita un dato: «Fra i 250 mila ebrei polacchi che tentarono di rifugiarsi nelle campagne polacche meno del 10 per cento sopravvisse perché la grande maggioranza venne consegnata dalla popolazione locale ai tedeschi».
La grande storia dell'ebraismo polacco, con i suoi grandi numeri, prende le mosse intorno alla fine del XVIII secolo, quando l'impero russo stabilisce la cosiddetta «zona di residenza» ai propri margini occidentali - di fatto espellendo tutti gli ebrei dal resto del territorio e confinandoli in quella fascia di confine che comprendeva gran parte delle attuali Bielorussia, Lituania, Bessarabia, Ucraina e Polonia.
Qui prende vita quel mondo ebraico mitico eppure vero fatto di shtetl, piccoli borghi, e di popolosi quartieri urbani, di devozione religiosa, grande letteratura, insigni maestri della tradizione ma anche lattivendoli e straccioni. Sempre tenuti ai margini, e non solo geografici, perché gli ebrei in Polonia sono sempre stati considerati degli estranei: venivano da lontano, che fosse Gerusalemme dove secondo il cattolicesimo più stretto avevano ucciso Gesù, o la Russia zarista che era dominatore straniero e che lì aveva scaraventati lì.
Certo, la Shoah è stata concepita e portata avanti dalla Germania nazista. Lo ha sottolineato proprio in questi giorni da Gerusalemme colui che ne è forse il maggior storico vivente, Yehuda Bauer: «E ovvio che i campi di sterminio erano campi tedeschi sul suolo della Polonia. Ma l'insistenza con cui il governo polacco ripete ciò che tutti i centri di ricerca e i memoriali della Shoah danno per assodato sembra nascondere il vero intento della legge in questione...». Non è questione di colpe, ma di una responsabilità storica (fra l'altro al centro della Conferenza Internazionale sull'antisemitismo tenutasi qualche giorno fa presso il nostro ministero degli Esteri) che non può non essere condivisa da tutta l'Europa.
A caccia con i forconi
È vero, ci fu chi si ribellò. È vero che se è sopravvissuto alla Shoah un ebreo lo deve al coraggio e al senso di giustizia di chi non accettò. Anche in Polonia, certo. Come la famiglia Ulma, che pagò con la vita e a cui è dedicato il «Museum of Polish Saving Jews» a Markowa. Ma il messaggio globale del museo che presenta i polacchi come una nazione di salvatori, «è una bugia sfacciata», scrive ancora Bauer. Su circa 21 milioni di polacchi gli storici stimano che circa 20.000 persone si diedero attivamente a proteggere gli ebrei - «dai tedeschi ma soprattutto dai loro vicini polacchi». Che non di rado nelle campagne andavano a caccia degli ebrei armati di forconi per poi consegnarli ai tedeschi, spiega ancora Bauer, secondo cui il provvedimento attuale è un brutto colpo in primis alla ricerca storiografica
Che d'ora in poi in Polonia, in nome di un tanto astratto quanto insidioso «onore nazionale», sarà pesantemente frenata da un'autocensura di protezione, per evitare sanzioni.

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Massacro di Kielce, la fossa comune

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 La Stampa-Monica Perosino:" Carcere per chi parla di complicità " 

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Monica Perosino

Come non fosse successo nulla, sordi alle proteste delle vittime dell’Olocausto, dell’opposizione interna, di Israele, dell’Ue e degli Stati Uniti, pochi minuti prima delle due di mercoledì notte, la Camera alta polacca ha approvato con 57 voti favorevoli, 23 contrari e due astenuti la controversa legge sui campi di sterminio che prevede pene fino a tre anni di carcere per chiunque si riferisca ai lager nazisti come campi «polacchi». Ma il punto che più fa scatenare le reazioni è un altro: diventerà illegale accusare la nazione polacca di collaborazionismo con il regime hitleriano. Ora gli occhi sono tutti puntati sul presidente Duda che dovrà decidere se approvare la legge, bloccarla o imporre modifiche. Il governo polacco non accenna a passi indietro e i legami tra il presidente e il leader del partito al potere, il PiS di Kaczynski, sono molto stretti. Così che Duda potrebbe assecondare i desideri del partito ultraconservatore. «Noi polacchi, siamo stati vittime, come lo erano gli ebrei», ha detto l’ex premier Beata Szydlo. «È un dovere difendere il buon nome della Polonia». Ma il «buon nome della Polonia» e la sua reputazione internazionale è precipitata dopo le condanne incrociate degli Stati Uniti, che vedono la legge come una «minaccia alla libertà di parola» e ne chiedono il veto, di Israele che accusa Varsavia di negazionismo e anche del ex premier Donald Tusk e attuale presidente del Consiglio europeo: l’espressione campi polacchi riferita ai lager nazisti «è una spregevole diffamazione» ma la legge approvata dal Senato ha avuto l’effetto boomerang di «promuovere questa vile calunnia in tutto il mondo, efficacemente come nessuno ha mai fatto prima». Il primo vicepresidente della Commissione Europea Timmermas riporta il dibattito al punto cruciale: «Tutti i Paesi europei occupati da Hitler hanno avuto, oltre ai molti eroi, anche collaborazionisti». I colloqui diplomatici delle ultime 72 ore hanno portato a un nulla di fatto, e l’ira di Israele contro la legge non si placa: «Non lasceremo che la decisione del Senato polacco passi senza reazioni. L’antisemitismo polacco ha alimentato l’Olocausto» ha detto il ministro Yoav Gallant. Mentre il premier Benjamin Netanyahu, potrebbe richiamare l’ambasciatore israeliano in Polonia per consultazioni, come chiesto da più parti. In Israele il dibattito era scoppiato già nel fine settimana, dopo il primo via libera alla Camera polacca: «La nostra posizione è che il testo deve essere cambiato», aveva affermato Netanyahu, chiarendo che «non abbiamo tolleranza per la distorsione della verità e la riscrittura della storia o la negazione dell’Olocausto». Fonti diplomatiche di Varsavia sono al lavoro per tentare di contenere i danni, ma non nascondono la sorpresa: «La legge è stata studiata ed emendata con l’aiuto di autorità ed esperti israeliani. E nella maniera più assoluta non protegge i criminali, e non limita le discussioni pubbliche su i casi di pogrom contro gli ebrei, verificati in tutta l’Europa occupata, inclusa la Polonia. A questi crimini hanno partecipato anche i polacchi».

La Repubblica-Anna Lombardi: " Jan Gross, la destra estirpa il passato così la retorica xenofoba funzione"

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Anna Lombardi                   Jan Gross

«Imporre un bavaglio ai fatti storici è una questione molto seria. Un tentativo di falsificare la verità. Che a mio giudizio implicitamente ammette che parte della popolazione polacca fu complice del processo di eliminazione dei loro compatrioti ebrei durante la seconda guerra mondiale».
Jan Gross, 70 anni, è lo storico di Varsavia professore emerito a Princeton che meglio di ogni altro ha indagato la questione della complicità dei polacchi nello sterminio degli ebrei. Nel 2000 col suo I carnefici della porta accanto fece luce sul pogrom di Jedwabne dove nel 1941 furono massacrati tutti i 1.600 ebrei del paese svelando che i macellai furono i cittadini: non le SS. I suoi studi hanno più volte sollevato le ire della politica e del mondo accademico polacco, che lo hanno accusato, fra l'altro, di essere "anti patriotico".
Varsavia riscrive il passato e cancella le colpe della Polonia sull'Olocausto. Ma può la legge riscrivere la Storia?
«È un tentativo oltraggioso e deliberato di mettere un freno alla libertà di parola e di ricerca. Ma anche di estirpare, assieme alle conoscenze storiche, la stessa coscienza del coinvolgimento di quell'ampio segmento di popolazione che durante la guerra negò ogni sorta di solidarietà agli ebrei polacchi».
Da quei fatti terribili sono passati più di 70 anni: perché una scelta del genere ora?
«La retorica dell'estrema destra polacca fa leva sul senso di colpa per quello che accadde e il timore mai sopito che i discendenti di quegli ebrei chiedano riparazioni perle proprietà razziate. Dopo la caduta del muro la Polonia visse momenti straordinari: l'integrazione nella comunità europea fece fare un salto in aventi alla società. Si fecero molti studi sulle responsabilità dei polacchi. Ora la destra si è fatta forte di uno slogan che è un'ossessione nazionale: "ridare dignità alla Polonia". Che da una parte prende di mira l'Europa, accusata di limitare la sovranità nazionale all'interno dei confini. Dall'altro attacca gli sforzi per svelare la Storia».
Un passo indietro?
«Indubbiamente. Che spiega anche il successo della retorica xenofoba: che sostiene si stia tentando di sminuire l'orgoglio polacco con imposizioni esterne. E che la Polonia è vittima di un complotto, basando l'assunto su teorie cospiratorie come quelle sulla morte del presidente Kaczyriski nel disastro aereo del 2010, smentite dalle indagini ma che il partito Diritto e Giustizia fondato dal fratello gemello cavalca. Con l'aiuto di quel segmento di chiesa cattolica guidato da Tadeusz Rydzyk che avalla sentimenti antisemiti».
Quanto conta in questo contesto il ruolo degli storici?
«Moltissimo: una nazione non può crescere e progredire senza fare i conti col passato. Lo dimostrano tutte le esperienze ideologiche che provarono a riscriverlo: fascismo, nazismo, comunismo sovietico. Confrontarsi onestamente è il solo modo per diventare una società adulta e produttiva. Pensiamo alla Germania: che ha fatto uno sforzo enorme, ha sviscerato il passato, lo riconosce anche attraverso monumenti e luoghi della memoria. Questo ha portato a capire che la socialdemocrazia si basa sull'accettazione degli altri. Non a caso quando c'è stato bisogno di dare una mano, con la crisi dei rifugiati, ha aperto subito le porte».
E chi non riesce ad affrontare questo percorso?
«Paesi come Polonia, Lituania, Ucraina che hanno negato un ruolo attivo nello sterminio degli ebrei sono i più aperti all'emergere di nazionalismi xenofobi che distorcono il passato, pescando nella melma di risentimento sociale, vittimismo, paranoie cospirative. La società rimane zoppa».
Ma la Storia è oggettiva o aperta a reinterpretazioni?
«Ogni generazione riscrive la Storia in base alle proprie esperienze e alle domande che la società pone: ma non vuol dire che possa cambiare i fatti certi. La conoscenza empirica del passato è inevitabile a prescindere dalle interpretazioni». Lei che è abituato a studiare il passato, come vede il futuro della Polonia?
«Bugie, distorsioni, incompetenza non potranno durare. La società polacca si sta arricchendo, certo: ma allo stesso tempo sta andando a rotoli. Come andrà lo vedremo alle prossime elezioni».

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