Leonardo Martinelli
Stava andando al doposcuola: un ragazzino di otto anni, come tanti altri, aveva solo una kippah sulla testa. Ma all’improvviso due adolescenti si sono scaraventati su di lui: lo hanno buttato a terra e colpito a calci, violentemente, mentre alcuni adulti assistevano alla scena, senza dire niente. Nessun insulto, né accenni alla sua religione o furti. Solo botte.
È successo lunedì sera a Sarcelles, periferia Nord di Parigi. È una città di 57 mila abitanti, chiamata anche la «piccola Gerusalemme», perché, dopo l’indipendenza dell’Algeria, vi sfollarono tante famiglie di ebrei sefarditi, francesi in arrivo da quelle terre lontane. Vennero a vivere in case popolari, sfilze di palazzoni senza fine. Tanti sono ancora lì, assieme a immigrati musulmani o giunti da altri orizzonti, Italia compresa, nel frattempo diventati in gran parte francesi pure loro. A lungo l’integrazione ha funzionato, un mix popolare e molto mediterraneo. Ma poi le violenze antisemite sono iniziate, in particolare dopo la seconda intifada dei primi Anni Duemila.
Di recente le cose sono peggiorate. Secondo François Pupponi, sindaco di Sarcelles, «in un mese siamo già alla seconda aggressione di questo tipo, antisemita e completamente gratuita». Ieri è intervenuto anche il presidente Emmanuel Macron, che su twitter ha dichiarato: «Ogni volta che un cittadino viene aggredito a causa della sua età, del suo aspetto o della sua religione, è l’intera Repubblica a essere attaccata». Per il premier Edouard Philippe si tratta di «una nuova forma di antisemitismo, violenta e brutale». Il Governo sta preparando un piano contro questa piaga. Philippe in dicembre aveva sottolineato che «in Francia, comunque, l’antisemitismo non è nuovo, ma antico. Non è superficiale, ma ha radici profonde».
Negli ultimi dieci anni 40 mila ebrei francesi (il 10% dell’intera comunità, la più grande d’Europa) hanno fatto aliya: sono emigrati in Israele. Proprio Sarcelles è stata toccata fortemente dal fenomeno, anche perché qui la crisi economica si è fatta sentire più che altrove e pure tra gli ebrei. Poi, un certo antisemitismo quotidiano non ha aiutato. Secondo gli ultimi dati forniti dall’Esecutivo, le aggressioni e le minacce antisemite in Francia erano calate sensibilmente nel 2016 (-58,5%), ma dopo un 2015, che aveva segnato cifre record. Sembra che nel 2017 le cose non siano andate così bene. La situazione sta peggiorando soprattutto nei quartieri più popolari. Nel settembre scorso una famiglia di ebrei è stata sequestrata e picchiata per diverse ore nella sua abitazione, ancora nella periferia Nord di Parigi. E, nella notte fra il 3 e il 4 aprile dell’anno scorso, in un complesso di case popolari all’interno della capitale, un’ebrea ortodossa, Sarah Halimi, era stata aggredita nel sonno e uccisa: un vicino, Kobili Traoré, di origini africane, l’aveva buttata giù dalla finestra, gridando «Allah Akbar». Da allora l’uomo, che aveva fumato grosse quantità di cannabis quella sera, è ricoverato in un ospedale psichiatrico. I figli di Sarah hanno chiesto di riconoscere il «movente antisemita» nell’eccidio. Ma il giudice istruttore si è rifiutato. E proprio ieri la procura ha fatto ricorso contro di lui alla corte d’appello. Che dovrà stabilire se la donna è morta anche e soprattutto perché era un’ebrea.
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