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Italia Israele Today Rassegna Stampa
31.01.2018 10 domande a Ugo Volli
Intervistato da Gerardo Verolino

Testata:Italia Israele Today
Autore: Gerardo Verolino
Titolo: «La Mogherini Miss Pesc il grande errore di Renzi»

Riprendiamo da ITALIA ISRAELE TODAY, l'intervista di Gerardo Verolino a Ugo Volli dal titolo "La Mogherini Miss Pesc il grande errore di Renzi".

Gerardo Verolino
Gerardo Verolino

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Ugo Volli

L’Onu e l’Unione europea negli ultimi tempi hanno espresso decisioni, o votato risoluzioni, ostili alle democrazie americana e israeliana a vantaggio di Paesi apertamente antidemocratici. E’ lecito chiedersi che senso abbia, oggi, la loro funzione? Possiamo ancora fidarci di questi organismi rappresentativi? Bisogna premettere che né l’Onu né l’Unione Europea sono organismi democratici. All’Onu il voto di San Marino vale come quella dell’India. Dagli anni Sessanta del secolo scorso l’Assemblea Generale dell’Onu è dominata da un blocco di paesi islamici, comunisti o ex comunisti, “non allineati”, e di recente anche dell’Europa, che alimenta un flusso infinito di risoluzioni antisraeliane. Lo stesso accade in agenzie Onu come l’Unesco. Al Consiglio di sicurezza questa maggioranza automatica è bloccata dal veto americano (ma Obama alla fine della sua presidenza ha mostrato il suo rancore antisraeliano facendo passare anche in quella sede, che potere effettivo e non solo retorico, una pericolosa risoluzione antisraeliana). L’Unione Europea ha un Parlamento che non conta nulla, non ha neppure il potere di proporre progetti di legge. E’ dominata da una commissione nominata anni fa dai governi di allora, che non corrisponde all’elettorato attuale, e da una burocrazia molto presuntuosa e autoriferita, che si riproduce per cooptazione. Di recente l’Europa ha preso una svolta anti-americana, oltre che anti-israeliana e oggi appoggia sistematicamente tutte le dittature più ripugnanti. L’Europa si atteggia a custode della democrazia, ma sia nel suo funzionamento interno, sia nella politica estera ricorda la vecchia Unione Sovietica. Senza la Siberia, almeno per il momento.

Qual è il suo giudizio sull’operato del ministro degli esteri europeo Federica Mogherini? Mogherini fin dalla sua formazione universitaria si è rivelata un’estremista di sinistra fanatica, nemica della democrazia e in particolare di Israele. La sua foto adorante con Arafat da ragazza fa coppia con quella recente in cui bacia Abbas con trasporto, a occhi chiusi. Anche al di là di Israele il suo rapporto con le dittature, da Cuba all’Iran, è il segno della deriva antidemocratica della politica europea. Averla scelta prima come ministro degli esteri e poi come commissario europeo è stato uno dei più gravi di Renzi.

La politica estera italiana in genere molto equilibrata sulle vicende del Medio-Oriente, nell’ultimo scorcio, ha assunto una posizione decisamente anti-israeliana. Mi interessa sapere la sua opinione sulla politica della Farnesina alla fine di questa travagliata legislatura. La politica esteri italiana non è quasi mai stata equilibrata sul Medio Oriente, è sempre stata filoaraba, sia per una malintesa analisi geopolitica che vedeva l’Italia come ponte sul Mediterraneo, sia per l’influenza dell’antigiudaismo cattolico, sia per gli interessi petroliferi. L’Italia in particolare ha stretto ripetutamente patti di non aggressione con il terrorismo arabo. Il famoso “Lodo Moro”, che portò all’impunità dell’attività terrorista in Italia ne è un esempio, un altro la protezione accordata da Craxi ai terroristi assassini dell’Achille Lauro. L’Italia è stata più equilibrata solo con i governi Berlusconi. Il governo Renzi sembrava voler prolungare questa politica, ma poi intervenne l’”incidente” del voto vergognoso dell’Italia all’Unesco per una risoluzione che negava, contro l’ovvia evidenza storica, ogni legame del popolo ebraico con Gerusalemme. Allora vennero le scuse di Renzi, ma è passato meno di un anno e lo stesso voto si è ripetuto diverse volte all’Assemblea Generale dell’Onu e perfino al Consiglio di Sicurezza. Questa volta, nonostante le proteste, non si sono avute neppure le scuse. E’ difficile non trarne la conseguenza di una politica consapevolmente antisraeliana. Il Pd, da questo punto di vista, non è diverso dalla vecchia Dc e dal Psi di Craxi.

Dopo la manifestazione di Milano dove sono stati gridati slogan inneggianti alla morte per gli ebrei e i fenomeni crescenti di boicottaggio verso Israele (il famigerato BDS), ha notato una crescita del fenomeno dell’antisemitismo in Italia? L’antisemitismo in Italia è più un problema politico che un atteggiamento popolare. Sta crescendo nello schieramento politico, soprattutto di sinistra e fra gli immigrati musulmani. Il problema dell’immigrazione incontrollata che è stata favorita in questi anni è anche questo: rischia di introdurre anche in Italia come in Francia, in Belgio, in Olanda e nei paesi nordici, un antisemitismo strutturale.

Esiste un antisemitismo più marcato negli ambienti di sinistra? E da cosa possiamo farlo derivare? Sì, esiste un antisemitismo di sinistra, che risale ai tempi di Marx, Prouhon, Fourier e che non è mai cessato. Anche se Stalin favorì la formazione dello stato di Israele in funzione anti-inglese, l’antisemitimitismo dell’Unione Sovietica è sempre stato pericoloso, a partire dagli anno Trenta. Negli anni Sessanta i regimi comunisti operarono con molta energia per costituire e organizzare il terrorismo antisemita arabo. La sinistra non si è quasi mai distaccata da questi atteggiamenti e li ha prolungati dopo la fine del socialismo reale, sia per una sorta di riflesso automatico di continuità politica, sia per l’erronea identificazione degli arabi come vittime e nazioni proletarie (per dirla con quell’altro antisemita di origini socialiste che si chiamava Mussolini). L’affermazione dell’islamismo politico ha indotto molti estremisti di sinistra a pensare che, dopo il fallimento dell’Unione Sovietica, la rivolta musulmana potesse essere la forza per distruggere l’Occidente. In prima fila naturalmente fra i nemici dell’islamismo c’è Israele, odiato anche per questo dagli estremisti di sinistra.

Un recente articolo del “Jerusalem Post” ha messo in risalto il fatto che la causa palestinese stia affondando nell’irrilevanza. “Il problema dell’Olp/Autorità palestinese-scrive il “Jerusalem Post”- è che il mondo è radicalmente cambiato mentre loro hanno continuato ad abbracciare i terroristi sperando di farla franca”. Cosa ne pensa? Penso che le cose stanno proprio così. A forza di perdere occasioni” il palestinismo si è reso irrilevante anche rispetto al mondo arabo. Come hanno spesso ammesso anche loro, si è trattato di un’invenzione artificiale: non vi è una specificità culturale, linguistica o storica di un popolo palestinese. E’ stata una tattica nella guerra dei cent’anni del mondo arabo contro gli ebrei che ricostruivano la loro patria su un territorio che i musulmani avevano conquistato con le armi e che consideravano per questo loro per sempre. Ora molti nel mondo arabo si rendono conto che non si può più spiantare e che invece si possono avere rapporti utili sul piano economico, tecnologico e anche militare. I vertici arabi insomma si stanno preparando a una progressiva normalizzazione. Gli ostacoli sono la propaganda genocida che è stata somministrata alla popolazione per un secolo e quell’invenzione del “popolo palestinese” che dovrebbe avere uno stato suo. Ma anche qui bisogna distinguere fra un vertice che si è formato con il terrorismo e una base che almeno in parte capisce i possibili vantaggi di una pacificazione con Israele. E’ un paesaggio in rapido mutamento, che potrebbe riservare sorprese interessanti anche a breve termine.

A proposito di terrorismo. C’è anche la questione del miliardo di dollari che i palestinesi pagano per gli stipendi dei terroristi in tre anni. Come tre anni di bollette di elettricità a Gaza. La comunità internazionale dovrebbe farsi sentire per consigliare un uso più consono di quell’ingente cifra di denaro? Quel consiglio è stato dato molte volte, senza esito. Consigliare non basta, anche perché Abbas ha dichiarato più volte che “finché avrà vita” non eliminerà quegli aiuti e al massimo cercherà di mimetizzarli e farli sembrare altro da quel che sono, cioè premi al terrorismo. Gli stati amanti della democrazia, che sono purtroppo cosa assai più limitata della mitica comunità internazionale, dovrebbero semplicemente togliere dai loro finanziamenti la somma che l’Autorità Palestinese dà ai terroristi. Purtroppo c’è da essere sicuri che in questo caso ci sarà qualcuno che si sostituirà, come è accaduta con Belgio e Olanda quando Trump ha tagliato i fondi a quella fucina di terrorismo che è l’Unrwa.

La cancellerie occidentali sembrano disinteressarsi della rivolta in Iran. Anche i giornali ne parlano poco. Sembra assodato che la sollevazione di popolo sia stata repressa. Pensa sia una scelta giornalistica dettata da convenienze politiche minimizzare la portata della vicenda iraniana? L’Europa è dalla parte dell’Iran contro l’America di Trump. Come Obama e ancora l’Europa erano stati dalla parte degli ayatollah contro il popolo iraniano nel 2009. Che sia meschino e miope interesse economico o appoggio ideologico per i nemici dell’America contro coloro che si battono per la democrazia, è difficile dire.

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Abu Mazen e Yasser Arafat

Riguardo alla manipolazione delle informazioni nel suo libro “Israele, diario di un assedio” ci racconta di come ciò avvenga, scientificamente, solo nei confronti di Israele. E’ così? La manipolazione delle informazioni da parte dei principali media occidentali avviene contro coloro che vengono percepiti come un pericolo o una sfida dall’élite globalista e terzomondista. Non solo Israele, dunque, ma anche Trump e l’America che ritrova la nozione dei suoi interessi. O i paesi dell’Europa orientale, che non vogliono ricadere in una dittatura internazionale. O ai suoi tempi in Italia Berlusconi.

Concludiamo con la domanda sull’anno che si appresta ad affrontare Israele, economia fra le più floride al mondo. Come sarà, a suo giudizio, il 2018 per Israele? Le premesse sono ottime. L’economia israeliana è da anni in espansione, sulla base dello sviluppo dell’industria tecnologica e dell’agricoltura di qualità. Lo sfruttamento dei depositi sottomarini di gas ha sottratto Israele al ricatto delle importazioni energetiche. Il budget approvato per il 2019 contempla tagli alle spese, ma anche investimenti forti nell’istruzione e nel welfare. Anche le grandi spese per la difesa che Israele deve sostenere sono rese più facilmente sopportabili dall’espansione di un’economia che ha portato il reddito pro capite ormai a livelli superiori di Italia, Francia, Giappone.




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