Riprendiamo da NAZIONE/RESTO del CARLINO/IL GIORNO di oggi, 28/01/2018, a pag.19 con il titolo "Il lungo odio contro gli ebrei" l'analisi di Francesco Perfetti
Francesco Perfetti
Alcune osservazioni:
1. molto discutibile definire Shakespeare antisemita. Dipende dalla valutazione del "Mercante di Venezia", dove l'autodifesa del mercante ebreo la si può leggere come un grido possente proprio contro gli antisemiti, una scelta che Shakespeare scelse di fare per poter esprimere la sua solidarietà a un ebreo in un tempo certamente difficile
2. Citare Hannah Arendt, senza ricordare i periodi bui della sua vita, ci pare riduttivo, si corre il rischio di presentarla per quello che non è. Si consiglia Perfetti e ai lettori il libro di Bettina Stangneth "La verità del male" ed.Luiss, per conoscere il pnsiero della Arendt, così come il film a lei dedicato della regista Margarethe von Trotta del 2012.
3. Le responsabiltà del fascismo con le leggi razziste del '38 non furono inferiori a quelle del nazismo del '36, per "compiacere l'alleato tedesco."come scrive Perfetti.
Per il resto, la documentazione è di sicuro interesse.
Fu un giornalista tedesco, Wilhelm Marr, a coniare nell'ultimo scorcio del XIX secolo, nel 1879, il termine «antisemitismo». Era uno strano personaggio, figlio di un'attrice e di un direttore di teatro, imbevuto di una confusa miscela di idee che mettevamo insieme pangermanesimo, anarchismo e comunismo. Scrisse libri e fondò società segrete, ossessionato dalla convinzione che gli ebrei stessero controllando la finanza, l'industria e la politica tedesche. L'ostilità e l'odio per gli ebrei, peraltro, erano sentimenti antichissimi. Lo ha dimostrato in una grande "Storia dell'antisemitismo" uno storico francese di origine russa, Leon Poliakov, il più autorevole studioso non solo del genocidio degli ebrei ma anche delle diverse motivazioni e manifestazioni di antisemitismo.
Per secoli il cristianesimo accusò gli ebrei di "deicidio" e sostenne che su di essi gravava il peso di una maledizione da espiare. Molti stereotipi, peraltro senza fondamento, sulle caratteristiche morali, e finanche fisiche, degli ebrei dilagarono anche nella letteratura: "Il mercante di Venezia" di William Shakesperare è un esempio emblematico. Con l'evoluzione degli Stati nazionali dopo la rivoluzione francese, si operò un processo di emancipazione degli ebrei che si integrarono nella società borghese. Tuttavia, proprio da questo momento — lo ha scritto Hannah Arendt nel bellissimo libro su "Le origini del totalitarismo" — si ebbe la trasformazione dell" antiebraismo" in "antisemitismo": gli ebrei da "casta da discriminare" divennero "razza inferiore" e la tesi della "maledizione" lasciò il posto a quella della "inferiorità biologica". Alle basi di tale processo vi furono le elaborazioni teoriche del razzismo:quelle del francese Joseph-Arthur de Gobineau, autore del "Saggio sulla ineguaglianza delle razze umane", e dell'inglese Houston Stewart Chamberlain con l'opera "Fondamenti del secolo XIX".
Da allora l'antisemitismo si diffuse a macchia d'olio. In Francia, per esempio, si incontrò col nazionalismo nel clima xenofobo seguito alla disfatta del 1870. Eduard Drumont scrisse "La Francia giudea", fondò un quotidiano antisemita, si impegnò nella creazione della Ligue antisémite.
In Austria, dove gli ebrei avevano conquistato posizioni considerevoli in campo economico e nell'attività intellettuale e dove godevano della protezione imperiale, fu antisemita il più importante partito del Parlamento austriaco, quello cristiano-sociale.
In Russia l'antisemitismo venne utilizzato per scaricare sugli ebrei il malcontento popolare culminato in pogrom tollerati e talora incoraggiati dal governo. Per iniziativa della polizia zarista vennero fabbricati e diffusi "I protocolli dei savi Anziani di Sion", che parlavano di un preteso programma di conquista del mondo da parte dell'ebraismo internazionale.
In Germania l'antisemitismo ebbe diverse declinazioni, dal filone pangermanistico a quello di Marx e dell'hegelismo di sinistra, da quello intellettuale alla Wagner che denunciava l'«ebraizzazione» dell'arte moderna fino a quello razziale.
E proprio in Germania, nella Germania nazionalsocialista sulla scia del "Mein Kampf' di Hitler, l'antisemitismo si concretizzò nella Shoah. Un orrore criminale impensabile e inimmaginabile. Ma, soprattutto, ingiustificabile. Come ingiustificabile fu, in Italia, dove l'antisemitismo razziale non aveva radici, l'adozione nel 1938 della legislazione razziale per compiacere l'alleato tedesco. La storia dell'antiebraismo, prima, e dell'antisemitismo, poi, è lunga e articolata. Ed è bene conoscerla, approfondirla e ripensarla. Come un monito per il futuro.
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