sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
25.01.2018 Angela Merkel contro Donald Trump, ma è lei che non conosce la storia del suo paese
Cronaca di Alessandro Barbera

Testata: La Stampa
Data: 25 gennaio 2018
Pagina: 4
Autore: Alessandro Barbera
Titolo: «Merkel contro Trump: 'Dimentica la Storia sbagliato l’isolamento'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 25/01/2018, a pag. 4, con il titolo "Merkel contro Trump: 'Dimentica la Storia sbagliato l’isolamento' ", la cronaca di Alessandro Barbera.

Angela Merkel attacca Donald Trump perché, a suo dire, avrebbe destinato gli Usa all' "isolamento". Se le scelte dell'Amministrazione Trump hanno portato a questo isolamento è solo perché molti Stati europei preferiscono ipocritamente mantenere buone relazione con i peggiori regimi del Pianeta anziché - come ha fatto Trump - affermare verità conclamate come quella su Gerusalemme, capitale d'Israele.
Le ricordiamo il patto von Ribbentrop-Molotov, è lei ha dimenticare la storia del suo paese.

Ecco l'articolo:

Immagine correlata
Alessandro Barbera


Immagine correlata
Molotov con von Ribbentrop

Bisogna sfogliare i libri di storia per trovare un punto così basso nelle relazioni transatlantiche. Paolo Gentiloni, Angela Merkel ed Emmanuel Macron salgono sul palco del World Economic Forum per dire no alla linea protezionista di Washington. Mentre in una sala la Cancelliera accusa Trump di aver dimenticato «le lezioni del passato», in un’altra il segretario al Commercio Wilbur Ross alza le spalle e puntava il dito contro la Cina: «i protezionisti sono loro». Ora «e truppe statunitensi sono in campo. Avete visto le misure prese, arriverà dell’altro». Dopo lavatrici e pannelli solari, sono imminenti dazi su proprietà intellettuale, acciaio, alluminio. Chiusa ogni speranza di firmare il trattato di libero scambio Asia-Pacifico e quello fra Europa e Stati Uniti, ora Ross dà per probabile la rinegoziazione del Nafta, l’unico accordo rimasto in piedi con Messico e Canada. Ieri l’euro ha superato la soglia degli 1,24 dollari, il livello più alto dalla fine del 2014. Il segretario al Tesoro Steven Mnuchin, atterrato in elicottero di prima mattina fra le montagne di Davos per preparare l’arrivo di Donald Trump, se ne compiace: «Un dollaro debole fa bene al nostro export». Per l’Europa sono pessime notizie.

Immagine correlata
Angela Merkel, Donald Trump

Giovedì, durante la consueta conferenza stampa, Mario Draghi dovrà usare la sua migliore retorica per cercare di attenuare quella che sembra a tutti gli effetti una svalutazione competitiva del dollaro. C’è poi il rischio concreto di dover rincorrere Washington sul terreno dei dazi. L’affondo di Angela Merkel è la più dura di tutti. «Oggi, cento anni dopo la catastrofe della Grande Guerra, dobbiamo chiederci se abbiamo davvero imparato la lezione della storia, e a me pare di no». La Cancelliera ha ottime ragioni di politica interna per alzare il tiro: le trattative per il governo con la Spd sono in alto mare. Ciò detto, Merkel prende molto sul serio le mosse di Trump. «Ci vogliono risposte multilaterali, l’isolamento non aiuta. Nel mondo c’è troppo egoismo nazionale. Fin dai tempi dell’Impero Romano e della Grande Muraglia sappiamo che chiuderci non aiuta». Cita persino «I sonnambuli» di Christopher Clark, il libro che raccontò come l’Europa scivolò quasi senza accorgersene nella prima guerra mondiale. Non lo faceva dai mesi bui del 2011, quando la moneta unica rischiò il collasso. Sulle agenzie scorrono le fotografie di un abbraccio fra la Merkel e Gentiloni nel retro del palco del centro congressi. Nei toni il premier italiano è più cauto, la sostanza è la stessa: «Ho rispetto per la linea del presidente, che sia stato eletto con l’idea di mettere il suo Paese al primo posto, ma in nome di quegli interessi non si possono mettere in discussione anni di relazioni commerciali». La strategia di Macron Nemmeno Macron è tenero con Washington, ma si limita ad una battuta all’inizio del suo lunghissimo (e molto applaudito) discorso: «Con tutta questa neve è difficile credere nel riscaldamento globale. Naturalmente, e per fortuna, quest’anno non avete invitato nessun esperto scettico». Da un lato il presidente francese evita di mostrarsi ostile, allo stesso tempo dei tre leader è quello che con più enfasi spiega perché il Vecchio Continente debba scegliere la strada opposta a quella di Trump. Invoca un coordinamento fiscale per evitare la guerra al ribasso sulle tasse, un’imposta mondiale sui giganti del web, un impegno sin d’ora per evitare che la nuova conferenza sul clima sia un flop. Come era chiaro sin dall’incontro di qualche settimana fa a Parigi, Macron avrà il ruolo del gran mediatore transatlantico. Proprio ieri la portavoce di Trump ha confermato che sarà lui – dopo ben un anno di governo – il primo protagonista di una visita di Stato a Washington. Del resto è l’unico dei tre leader nel pieno dei poteri. La Merkel non lo sarà fino a Pasqua, per allora Gentiloni potrebbe non esserlo più.

Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


direttore@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT