Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 17/01/2018, a pag. 12, con il titolo "Patto strategico Netanyahu-Modi su alta tecnologia e lotta al terrorismo", la cronaca di Carlo Pizzati.
Benjamin Netanyahu con Narendra Modi, Primo Ministro indiano
Avviene in un momento delicato il viaggio di sei giorni del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in India per abbracciare il premier Narendra Modi, firmare nove accordi strategici, incontrare leader dell’imprenditoria, visitare Bollywood e riaccompagnare a Mumbai un giovanissimo sopravvissuto ebreo alla strage terroristica del 2008.
Assieme a 120 membri dell’Onu, l’India ha da poco respinto la richiesta di accettare Gerusalemme come capitale di Israele e ha mandato a monte un affare da 500 milioni di dollari per l’acquisto di 8 mila missili anti-carro israeliani.
Quindi la «Missione India» di Netanyahu è una bella sfida, che però il premier israeliano, nonostante una raccolta di firme pro-Palestina di circoli intellettuali indiani, sembra determinato a vincere. È la prima volta dal 2003 che un premier israeliano visita l’India, e questo viaggio viene percepito come la risposta al quello che fece Modi in Israele l’anno scorso per fare appello alla diaspora indiana nell’aiutare gli interessi di New Delhi nel mondo. Il legame strategico tra Israele e India si stringe sempre più grazie al rapporto di collaborazione tra Netanyahu e Modi, ma anche grazie alle comunità indiane ebraiche in Israele e a quelle degli ebrei in India, il cosiddetto «ponte umano» tra i due Paesi.
Nonostante l’affare dei missili anti-carro della Rafael andato in fumo (New Delhi ha detto che li produrrà in proprio, Israele spera con questo viaggio di convincerli a far retromarcia), l’India resta il mercato più importante per i produttori di armi d’Israele: gli indiani acquistano armamenti israeliani per un miliardo di dollari l’anno. E infatti il ministro della Difesa indiano ha appena annunciato un programma di acquisto di 131 missili Barak terra-aria della Rafael, per 72 milioni di dollari.
I due hanno firmato accordi sull’alta tecnologia e discusso nuove strategie di cyber-sicurezza oltre alla lotta al terrorismo del fondamentalismo islamico. «Misure forti», hanno chiesto nella dichiarazione congiunta. Oltre a sovrintendere gli accordi di 130 imprenditori israeliani che investiranno qui 68,6 milioni di dollari in turismo, tecnologia, agricoltura e innovazione nei prossimi quattro anni, Netanyahu visiterà il Gujarat di Modi per concludere con due appuntamenti a Mumbai.
Primo, il premier israeliano darà un grande Bollywood party per i produttori indiani della più grande industria cinematografiche al mondo e per promuovere Israele come location. Secondo, incontrerà la comunità ebraica di Mumbai, la più numerosa in tutta l’India. In confronto agli 80 mila ebrei indiani in Israele, i 4mila ebrei in India sono un numero esiguo, ma nell’ultimo anno è accresciuto il loro ruolo nell’avvicinare i due Paesi. Da quando è stato eletto tre anni fa, Modi ha cercato l’aiuto della diaspora indiana di 28 milioni ex cittadini sparsi nel mondo. Il piano, riuscito, del premier è di chiedere agli emigrati di successo di investire in India e sostenere la sua politica estera.
E così anche per Netanyahu la diaspora ebraica in India è diventata un «ponte umano» per mantenere forte il legame con un cliente così importante per molti settori dell’industria, primo fra tutti quello bellico. Una delle visite più importanti e toccanti di Netanyahu a Mumbai è quella a Casa Chabad, centro ebraico preso d’assalto dal commando terroristico che nel novembre del 2008 uccise 176 persone, tra le quali i genitori del piccolo Moshe Holtzberg che all’epoca aveva appena due anni. Ora, a 11 anni, tornerà a visitare la casa dove perse entrambi i genitori e dalla quale si salvò grazie alla baby-sitter che lo portò a crescere in Israele.
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