sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






 
Ugo Volli
Cartoline
<< torna all'indice della rubrica
La triste sorte della rana 17/01/2018

La triste sorte della rana
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A deastra: la rana e il bue

Cari amici,
da tempo abbiamo preso l’abitudine di non prendere sul serio i palestinisti. Quando parlano, naturalmente, non quando sparano, accoltellano, tirano sassi e bombe molotov o usano le automobili per cercare di travolgere e uccidere i pedoni. Ci siamo abituati al fatto che usano il linguaggio politico non per prendere impegni, enunciare programmi che poi si sforzeranno di realizzare, fare trattative, compiere analisi, ma solo per incitamento e propaganda. Quella, spesso impudentemente bellicosa e filoterrorista, che rivolgono a se stessi e alla loro base e quella, assai più pacifica e vittimista, che rivolgono all’esterno. Spesso si ha l’impressione che parlino solo per darsi sfogo e soddisfazione da soli, per esempio quando minacciano sfracelli dopo le sconfitte che subiscono. E’ uno stile infantile, che talvolta diventa francamente ridicolo, come una pulce che minacci di prendere a calci un elefante.

Questo atteggiamento diciamo più scettico che critico non va certo abbandonato a proposito del recente comitato centrale (o quel che è il “Palestinian Central Council” nella barocca architettura della nomenklatura palestinista) e del discorso che vi ha fatto Abbas. Per richiamare i fatti Abbas ha detto che “il crimine di Trump” impedisce all’America di avere ancora un ruolo in Medio Oriente (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Abbas-says-Trumps-crime-over-Jerusalem-prevents-US-peace-role-517904), che dunque gli sforzi di pace possono solo ripartire con una mediazione internazionale, lo accetti Israele o meno (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Abbas-Peace-efforts-can-only-resume-under-international-mediation-536756), che il piano condiviso da americani e a quanto pare anche dai sauditi, cioè l’offerta del sobborgo di Abu Dis come capitale (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Abbas-confirms-Palestinians-being-offered-Abu-Dis-as-capital-of-future-state-534738) non è l’occasione del secolo per trovare un accordo ma “lo schiaffo del secolo” (http://www.lastampa.it/2018/01/14/esteri/abu-mazen-da-trump-lo-schiaffo-del-secolo-nrziCTvRIbe2f8VthePe5N/pagina.html) e capisci che sotto c’è un “ahi mamma mi ha fatto la bua”.

Immagine correlata
Abu Mazen

Ha aggiunto naturalmente che gli ebrei non c’entrano affatto con Israele, il quale è il frutto di un progetto coloniale britannico per mantenere il potere nella regione (https://www.timesofisrael.com/rewriting-history-abbas-calls-israel-a-colonial-project-unrelated-to-judaism/) e chi conosce un po’ di storia non può che sorridere, pensando a come siano andati d’accordo la dirigenza sionista con la Gran Bretagna, unica potenza occidentale a non votare per l’istituzione dello stato di Israele nel ‘47 e poi consulente e fornitrice d’armai delle forze di aggressione araba nel ‘48… Ma si sa, Abbas è un vecchio antisemita, ha fatto perfino la sua tesi di laurea (a Mosca, guarda un po’, all’università Lumumba) sostenendo tesi negazioniste della Shoah… Nessuna meraviglia che oggi ricominci (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Rivlin-accuses-Abbas-of-reverting-to-Holocaust-denial-past-536778).

Abbas, mai più di ora meritevole del soprannome di “coniglio furioso” che gli avevamo dato qualche anno fa, ha anche maledetto Trump con un’espressione araba tutt’altro che innocua (https://unitedwithisrael.org/abbas-curses-trump-may-your-house-be-destroyed/), ha minacciato i paesi arabi che non se lo filano affatto, l’America, Israele. E il comitato centrale o quel che è lo ha seguito a ruota, dichiarando che sospendere il riconoscimento di Israele è obbligo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (badate, non l’Autorità Palestinese che è il governo, che la terrà ferma né Fatah che è il partito e che non l’ha mai fatta). (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Palestinian-Central-Council-calls-upon-PLO-to-end-recognition-of-Israel-536845) Capite il giochino delle tre carte? Il capo di Fatah, che non riconosce Israele è Abbas; il capo dell’AP che lo riconosce è Abbas, il capo dell’OLP, che ha firmato gli accordi di Oslo e lo riconosceva ma (forse) non lo riconoscerà più è Abbas.

Dico forse, perché già una decisione uguale era stata presa nel 2015 dallo stesso comitato e Abbas, lo stesso Abbas uno e trino, anzi quattordicesimo, quanti sono i suoi anni di presidenza dopo essere stato eletto per soli quattro anni, aveva deciso di ignorare questa decisione che lui stesso aveva ratificata. Aggiungete che il comitato ha anche deciso di sospendere la collaborazione di sicurezza con Israele - questa l’aveva già sospesa a parole l’Autorità Palestinese quest’estate dopo la faccenda dei metal detector - ma in realtà è sempre continuata. Il comitato ha anche deciso che tutti gli obblighi assunti con gli accordi di Oslo sulla parte palestinese non valgono più, come se finora li avessero rispettati…

E allora che accadrà? Avendo rotto i rapporti con gli Usa, l’Autorità Palestinese rifiuterà gli aiuti del suo primo contributore? Sai che paura per Trump. Indignato con l’Arabia Saudita, la potente e ricchissima Palestina isolerà la monarchia petrolifera? Dato che Oslo non vale più, Abbas non vorrà più i dazi sui prodotti importati che riscuote per lui Israele? Non userà più lo shekel, che è la moneta corrente in “Palestina”? Si farà di colpo una sua rete elettrica, telefonica, i suoi rifornimenti d’acqua, la sua logistica? Affiderà la sopravvivenza del suo regime e la sua stessa vita contro le insidie di Hamas ai suoi miliziani?

Credetemi, non succederà un bel niente di tutto ciò. Sono altre sparate retoriche, probabilmente non fatte neanche con l’illusione di impressionare qualcuno, ma solo per tirarsi su di morale. Ma la favola di Fedro insegna che la rana che vuol far paura al bue e cerca di gonfiarsi per fargli impressione esplode senza che lui neanche se ne accorga (http://www.lefiabe.com/fedro/larana-ilbue.htm). E rispetto all’America e al mondo, la “palestina” è molto ma molto più piccola e insignificante di una rana.

Immagine correlata
Ugo Volli


Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT