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Questioni di soldi. E di salute A destra: Mahane Yehuda, il grande mercato di Gerusalemme Cari amici, Questo è il riassunto di un rapporto emesso qualche giorno fa dalla Banca di Israele (che in Israele è un organismo apolitico e indipendente dal governo): “Gli ultimi tre anni hanno visto il PIL pro capite di Israele aumentare del 4,4% totale, insieme all'inflazione negativa dello 0,8% - che insieme significano un drammatico aumento della qualità della vita in Israele, dati pubblicati dalla mostra della Banca di Israele. Secondo i dati bancari, negli ultimi tre anni sono stati registrati un numero record di quasi 1 milione di nuovi acquisti di auto e l'acquisto di un numero record di proprietà di investimento immobiliare e nuove case, oltre a un numero record di vacanze all'estero, con alcuni 4 milioni di israeliani partono ogni anno verso destinazioni straniere. Gli economisti della Banca di Israele hanno notato che il consumo crescente, associato all'inflazione negativa, ha permesso sviluppi economici come la riduzione dei prezzi della benzina e del diesel, sebbene tale tendenza si sia invertita nel 2017. Hanno notato inoltre che lo shekel sta guadagnando forza contro il dollaro USA in patria mentre altrove nel mondo il dollaro caduto contro l'euro ha contribuito al potere d'acquisto degli israeliani.” (http://www.israelhayom.com/2017/10/08/bank-of-israel-reports-dramatic-rise-in-quality-of-life-in-israel/) In sostanza la condizione socioeconomica degli israeliani è notevolmente e costantemente migliorata negli ultimi anni per la crescita economica, l’aumento degli stipendi e il rafforzamento della moneta. Può sembrare ovvio, ma se si ricordano i cataclismi profetizzati da politici ed economisti di sinistra qualche anno fa (https://www.theguardian.com/world/2015/mar/07/israel-netanyahu-election-campaign-cost-living-housing-iran-bombs), il movimento che rivendicava abitazioni a buon prezzo (vi ricordate gli accampamenti in Rotschild Boulevard a Tel Aviv? http://www.telavivbroker.com/2011/07/24/will-the-rothschild-boulevard-protests-create-a-change-in-the-tel-aviv-real-estate-market/), le proteste per il prezzo del formaggio fresco (http://www.dailymail.co.uk/news/article-2023688/Complaints-cottage-cheese-prices-spark-protests-Israel.html), la propaganda su una prossima immigrazione di massa dei giovani a Berlino (https://www.nytimes.com/2014/10/17/world/middleeast/in-exodus-from-israel-to-berlin-young-nations-fissures-show.html), sempre ad opera di queste fonti interessate a fare propaganda contro Netanyahu, vale la pena di prendere nota di questi dati. Un’altra notizia viene da un ponderoso report del Taub Center for Social Policy Studies in Israel sulla “Salute della popolazione araba israeliana” (50 pagine pieni di dati e di tabelle lo trovate tutto qui: http://taubcenter.org.il/wp-content/files_mf/healthofthearabisraelipopulation.pdf, un riassunto ben fatto è qui: http://www.jewishpress.com/blogs/elder-of-ziyon/arabs-in-israel-have-higher-life-expectancy-than-in-any-arab-or-muslim-country/2017/12/29/). Il dato riassuntivo più impressionante è che la speranza di vita degli arabi che vivono in Israele è la più alta di tutto il mondo arabo: 79 anni contro i 78,2 del Qatar, il 76,9 del Bahrein, per non parlare dei 75,3 della Tunisia, dei 74,1 della Giordania, dei 70,9 dell'Egitto. Se si guarda fuori dal mondo arabo alla Turchia (75,8), all'Iran (75,5) all'Indonesia 69,1, al Pakistan, (62,8), il risultato non cambia. Certo ci sono ancora differenze rispetto alla popolazione ebraica di Israele, che vive un paio d'anni di più, ma questa sono in parte dovute a questioni socioeconomiche e di stili di vita (per esempio gli arabi fumano molto di più). E' interessante guardare questo rapporto, perché fra l'altro mostra come fra il 2000 e il 2015 la speranza di vita alla nascita, che riassume tutti gli indicatori medici, sia passata da 76,3 anni a 79, migliorando di quasi tre anni, meglio di quasi tutti i paesi in vetta alla classifica. Il che mostra che gli arabi israeliani stanno non solo mediamente meglio di tutte le altre popolazioni islamiche, ma aumentano il loro distacco. Alla faccia di chi parla di apartheid, colonizzazione e repressione. O magari, in perfetta malafede, addirittura di genocidio. |
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