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Stato islamico nel Sinai: malconcio e indebolito ma ancora pericoloso 14/01/2018

Stato islamico nel Sinai: malconcio e indebolito ma ancora pericoloso
Analisi di Zvi Mazel

(Traduzione di Angelo Pezzana)

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L’organizzazione jijadista Ansar Al-Maqdis, trasformatasi in “Provincia del Sinai dello Stato Islamico” quando si è alleata con Abu Bakr el Baghdadi, auto-proclamato califfo dell’Isis, sta lentamente perdendo potere, dilaniata da conflitti interni e da nuovi nemici è sempre meno attiva. 
Secondo un recente rapporto di Al Ahram Weekly, gli attacchi terroristi sono diminuiti da 594 nel 2015 a meno della metà nel 2016/2017.
A causa di diversi fattori, innanzi tutto le forze armate egiziane, molto più efficienti da quando hanno eliminato il leader dell’organizzazione Abu Anas el Ansari nel maggio 2016. L’Isis ha nominato al suo posto Abu Hajer Al Hashemi, che non è egiziano, si dice fosse un ufficiale dell’esercito iracheno.
Altri non-egiziani vennero nominati a dirigere il gruppo, per far cresce la base. Fra loro disertori delle Brigate Izzedin el Kassem, l'ala militare di Hamas, fuggiti dalla Striscia di Gaza perché non avevano più fiducia in ciò che giudicavano una mancanza di capacità di Hamas nell’affrontare Israele e l’Autorità palestinese. 
La crescente influenza di questi “stranieri” ha portato a significativi cambiamenti. Ansar Beit Al-Maqdis ha smesso di tenere in considerazione le lotte tribali del Nord Sinai, prendendo invece di mira i civili locali e i beduini, anche quelli che nel passato si erano dimostrati simpatizzanti verso i jihadisti. 
La nuova politica seguiva i principi base dello Stato Islamico: comportarsi con la massima ferocia al fine di terrorizzare per raggiungere l’obiettivo: creare un regime islamico fondato sulla Sharia, governato da un califfo. 
Il massacro del 24 novembre nella moschea Al Rodeh, collegata alla scuola sufi dell’islam, è stata una forte dimostrazione di questa nuova politica. Più di 300 civili sono stati uccisi nell’attacco durante le preghiere del venerdì mattina. La numerosa tribù Tarrabin, che ne passato aveva aiutato i jihadisti, fornendo loro informazioni e rifugio, divenne poi ostile, ostacolando i loro movimenti. Secondo alcuni rapporti, la scorsa estate alcuni guerriglieri armati della tribù hanno iniziato a combattere contro i jihadisti in diverse operazioni. Intanto avvenivano duri scontri tra gli “egiziani” e i nuovi arrivati. L’ ostilità della tribù insieme alla crescente pressione dell’esercito, spinsero molti miliziani a disertare. Alcuni ritornarono a Gaza, altri andarono in Libia. Quelli che non hanno voluto lasciare la Penisola dsel Sinai si sono uniti al gruppo terrorista “ l’armata dell’islam”, che li proteggesse dalla vendetta dell’Isis. Era una piccola organizzazione affiliata con Al Qaeda comparsa nel 2011, compiendo due attacchi contro l’esercito e contro l’Isis. In più gli incidenti tra le due correnti all’interno dell’Isis. Alcune settimane fa, venti cadaveri vennero trovati in un’area deserta a sud di El Arish, quasi sicuramente il risultato di uno scontro armato tra i diversi seguaci.
Dettagli sul precario stato della provincia del Sinai dell’Isis vennero rivelati da una serie di lettere inviate alla fine dello scorso anno dal leader Isis Abu Bakr el Baghdadi, si presume dalla Siria, ai leader del movimento in Libia. Vennero sequestrate da un altro gruppo terrorista legato a Al Qaeda per finire pubblicate sul quotidiano saudita londinese Al Shark al Wasat. 
Il 30 novembre il giornale ha stampato le lettere spedite in ottobre e novembre quando l’Isis stava subendo una serie di sconfitte in Iraq e Siria e perdendo Sirte, l’ultimo suo avamposto in Libia. Il tono delle lettere rivela il senso di frustrazione e sconfitta del leader. Ordina ai suoi seguaci in Libia di andare verso sud e riunirsi, approfittando delle difficoltà rappresentate dalle aree desertiche, scavate in profondità dentro ai wadi, una protezione contro i droni e gli aerei, intimava di continuare a combattere, accogliendo i miliziani in fuga dall’Iraq e dalla Siria.
Dava poi istruzioni dettagliate su come riorganizzarsi per condurre attacchi in Egitto, Tunisia, Algeria e Mali. 
Dovevano poi reclutare ragazzi per mandarli nei luoghi dove si combatteva per assorbire lo spirito del movimento, e diventare la prossima generazione di militanti. Fu così che quelle regioni desertiche della Libia del sud diventarono uno dei nuovi centri operativi dello Stato islamico.
Baghdadi è furente con Ansar Beit Al-Maqdis, perché molti dei suoi sono fuggiti in Libia. “ E’ stato portato alla mia attenzione il vostro indecoroso comportamento – ha scritto- causato dai militanti venuti dalle brigate Beit el Makdesh, che hanno falsato lo spirito del jihad”. 
Spiega poi che il fronte del Sinai fa parte del grande progetto e non deve essere abbandonato. Non è dato sapere come i disertori di Ansar Beit Al-Maqdis sono stati accolti in Libia e se veramente hanno deciso di ritornare nella Penisola del Sinai. 
In ogni caso, la “ provincia del Sinai dello Stato Islamico” è tuttora attiva, malgrado le molte minacce, come la “riconciliazione” tra Hamas e l’Autorità palestinese e la pressione esercitata dall’Egitto su Hamas affinchè interrompa ogni collaborazione con l’Isis. 
Hamas ha attrezzato una zona cuscinetto a Rafah al confine egiziano per evitare ogni contatto con i terroristi di Ansar Beit Al-Maqdis in Sinai e i suoi sostenitori a Gaza e le organizzazioni salafite, arrestandone diverse dozzine. 
Isis ha sempre considerato Hamas infedele, avendo abbandonato il jihad, le relazioni tra loro sono ambivalenti, nate dal comune interesse contro Egitto e Israele, ridotto ora al minimo. 
Gaza era un luogo di rifugio per i jihadisti feriti ma anche per i terroristi in fuga dall’esercito egiziano. Era anche un posto utile per le esercitazioni armate militari. In cambio, Isis ha lasciato ad Hamas via libera verso Gaza per i rifornimenti dal Sinai di merci di contrabbando, armi e munizioni da Egitto e Libia. Di fatto, ne aiutava anche il transito. 
Non più. Ora i jihadisti attaccano quelle vie e Gaza, privata dei rifornimenti civili e militari si sente assediata. E’ stato messo online un video che mostra la barbara uccisione di un membro dell’Isis mentre cercava di contrabbandare armi dal Sinai a Gaza. Era stato un membro delle brigate Izzedin Kassem, poi disertò per unirsi a Ansar Beit el Makdesh; ma così era anche per il boia.
A tutti gli effetti, la provincia del Sinai dell’Isis sta bloccando Hamas a Gaza, dando origine a combattimenti sanguinari fra le due forza. 
Non è l’unica calamità a tormentare la provincia del Sinai dello Stato islamico. Come abbiamo visto, c’è una intensa lotta interna all’organizzazione, Isis e Siria e in Iraq, a cui aveva giurato fedeltà sta crollando e gradualmente perde ogni possibilità di rifornire armi e denaro indispensabili non solo per combattere ma anche per continuare a funzionare: 
Allo stesso tempo, affronta una totale offensiva da parte delle forze armate egiziane dovendo affrontare sul proprio territorio i guerriglieri ostili della tribù Tarrabin, con Hamas che non abbandona l’uso delle vie per i rifornimenti. 
Non c'è quindi da aspettarsi che sparirà presto. I suoi membri si alimentano con un interminabile e divino senso delle missione, fieri e profondamente radicati nel Corano, alla indiscussa supremazia di Allah e al comandamento di combattere i suoi nemici fino alla amara fine.

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Zvi Mazel è stato ambasciatore in Svezia dal 2002 al 2004. Dal 1989 al1992 è stato ambasciatore d’Israele in Romania e dal 1996 al 2001 in Egitto. È stato anche al Ministero degli Esteri israeliano vice Direttore Generale per gli Affari Africani e Direttore della Divisione Est Europea e Capo del Dipartimento Nord Africano e Egiziano. Collabora a Informazione Corretta


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