Riprendiamo dal DUBBIO di oggi, 11/01/2018, a pag. 10, con il titolo 'Trump e Israele tifano Ahmadinejad per isolare l'Iran', l'intervista di Gennaro Grimolizzi a Franco Cardini.
Franco Cardini continua a diffondere l'ideologia islamista e ad attaccare le democrazie occidentali, a partire da Israele e dagli Usa. Oggi giunge addirittura ad affermare che a Israele convenga un Iran guidato dall'estremista Ahmadinejad perché in questo modo sarebbe più facilmente isolabile. Il regime iraniano non è cambiato con quello che il Dubbio si ostina a chiamare "il moderato Rohani", è soltanto più accorto nelle dichiarazioni verso il mondo esterno. La repressione, come dimostrano i fatti recenti, non è mai venuta meno: non c'è dunque alcuna differenza sostanziale tra i tempi di Ahmadinejad e quelli attuali, se non che l'Occidente è venuto a patti con il sanguinario regime degli ayatollah. Tutte cose che Cardini omette. Eppure, ciò malgrado, Cardini gode di fama immeritata non solo negli ambienti tradizionalmente ostili a Israele.
Ecco l'articolo:
Franco Cardini
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Le proteste del popolo iraniano, i cui segnali sono emersi già nei mesi passati, sono molto probabilmente influenzate dall'esterno. L'obiettivo è quello di destabilizzare un'area già attraversata da innumerevoli tensioni e sotto certi versi distrarre l'opinione pubblica da altre vicende. In questa intervista al Dubbio, Franco Cardini, storico e saggista di fama internazionale, analizza con la chiarezza che lo contraddistingue quanto sta accadendo in Iran, senza risparmiare critiche all'Occidente, spesso generosamente definito "progredito" e "saggio", ma che ha perso punti di riferimento e tende a costruire a tavolino nemici immaginari.
Professor Cardini, le proteste scoppiate in Iran hanno una regia straniera? «Diffido degli argomenti fondati su qualunque forma di pregiudizio, di complottismo e di "dietrologia". Ciò premesso, visti anche l'atteggiamento e gli argomenti della signora Nikki Haley, ambasciatrice degli USA all'ONU, la medesima che, poco diplomaticamente, ha minacciato i membri delle Nazioni Unite in coincidenza con il voto relativo alla questione di Gerusalemme, affermando che il suo Paese avrebbe tenuto conto del voto di quanti avrebbero espresso un parere diverso da quello da esso auspicato, ritengo altamente probabile che pressioni e strumenti di propaganda sia statunitensi sia israeliani siano intervenuti a condizionare manifestazioni che in origine erano in grandissima parte spontanee, autorizzate dal governo iraniano, del tutto legali e legittime. Proteste che riguardavano sia le condizioni abbastanza dure nelle quali il popolo dell'Iran è obbligato a vivere, soprattutto a causa di un irragionevole e iniquo embargo economico che su iniziativa del presidente Obama si stava alleggerendo, in attesa di eliminarlo del tutto, e che invece l'attuale presidente Trump e il governo israeliano del presidente Netanyahu pretendono di mantenere e aggravare, sia alcune misure governative di tipo restrittivo rispetto alla libera informazione».
L'ex presidente Ahmadinejad ha interesse a destabilizzare l'Iran? «Ahmedinejad ha interesse a guadagnare consensi per contrastare le forze che appoggiano il presidente Rohani e riceve l'appoggio di alcuni membri del "Consiglio dei Savi" che è il massimo organo di controllo teologico-giuridico del governo iraniano e della vita politica del Paese. Ahmedinejad gode della simpatia, ovviamente implicita e occulta, di personaggi quali Trump e Netanyahu i quali, auspicando un peggioramento della posizione internazionale dell'Iran nonostante l'equilibrio e l'apertura dimostrate da Rohani, gioirebbero per un ritorno al potere dei gruppi più estremisti dei quali Ahmedinejad è espressione. In tal modo, le loro calunnie acquisterebbero una più consistente parvenza di veridicità».
La pressione degli Stati Uniti sull'Iran deriva dall'esigenza di recuperare il terreno perso in Medio Oriente e controbilanciare la presenza russa in quell'area? «Anche. Ma soprattutto serve come argomento di consenso a livello di politica interna: si agita lo spauracchio iraniano per distogliere gli americani dal peggioramento del loro livello medio di vita ed evitare che essi prendano coscienza che ciò deriva non solo, ma anche dal malgoverno al quale sono oggi sottoposti. Va poi preso in considerazione un altro elemento».
A cosa si riferisce? «Ormai da quasi quarant'anni, vale a dire dal 1979, l'opinione pubblica statunitense, specie ai livelli socio-culturali più bassi, è letteralmente drogata da una propaganda anti-iraniana di pessima qualità e della massima violenza. Più le condizioni di vita della società statunitense si fanno dure, più il debito internazionale minaccia la stabilità della vita socio-economica del Paese, più l'impoverimento cresce, più si fa forte la necessità di parole d'ordine demagogiche, atte a distogliere sia le "maggioranze silenziose", sia gli schiamazzanti esponenti del White Trash, sia gli utenti dei predicatori televisivi del Bible Belt, dai loro veri e pesanti problemi in un Paese dove il Welfare è stato praticamente azzerato. La campagna anti-iraniana è uno strumento ideale di gestione di queste forze socialmente e culturalmente sottoproletarie. Le stesse che alla fine del 2002 e all'inizio del 2003 presero per oro colato le dichiarazioni di Powell alle Nazioni Unite sulla detenzione da parte del regime iracheno di Saddam Hussein delle famose "armi di distruzione di massa", inventate, come si è saputo per confessione dello stesso Tony Blair, dai governi statunitense e britannico del tempo».
L'immagine della giovane iraniana che si toglie l'hijab, come segno di sfida, ha fatto il giro del mondo. Si vuole far passare l'idea di uno Stato retrogrado ed oppressivo. E l'immagine corretta dell'Iran del moderato Rohani? «Nemmeno per sogno. Nessuno nega che la repubblica islamica dell'Iran sia un Paese nel quale sussistono gravi elementi di limitazione delle libertà individuali e di violazione dei "diritti dell'uomo". In questo senso i risultati e in molti casi le istituzioni residuali del "momento rivoluzionario" vissuto dopo il 1979 sono ancora pesanti e l'azione delle forze che si rifanno a Kathami e a Rohani non è ancora riuscita a giungere a un livello di sufficiente accettabilità. Ma i progressi fatti in materia sono molti, nonostante la persistenza di un uso pesante della detenzione e della condanna capitale e anche i molti casi di tortura. Da notare comunque che tale situazione è purtroppo comune a molti altri Paesi, a proposito dei quali invece i media internazionali tacciono. Per non parlare di autentiche "vergogne democratiche", ormai comunemente accettate a cuor leggero. Mi riferisco al carcere di Guantanamo e al muro tra Israele e i territori palestinesi, con tutto il relativo apparato repressivo».
Sorprende ancora una volta la posizione poco decisa, quasi assente, sull'Iran da parte dell'Europa... «L'Unione Europea non è un'organizzazione politica, bensì economico-finanziario-tecnologica di coordinamento dei governi che ad essa hanno aderito. Sul piano politico, pur essendo irrilevante e in pratica illegittimo il parere dei suoi organi su qualunque tipo di argomento, tali organi agiscono de facto secondo un sistematico asservimento agli Usa e alla Nato, organismo quest'ultimo politico-militare egemonizzato dagli Stati Uniti, la linea strategica del quale risulta incontrollabile da qualunque forza politica internazionale e l'affiliazione al quale è assurdamente obbligatoria per tutti i Paesi aderenti all'Onu».
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