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Il Giornale Rassegna Stampa
11.01.2018 Corea del Nord: 'Solo una guerra lampo contro il regime nucleare ci potrà salvare'
Gian Micalessin intervista Edward Luttwak

Testata: Il Giornale
Data: 11 gennaio 2018
Pagina: 10
Autore: Gian Micalessin
Titolo: «'Ci restano pochi mesi per bombardare Kim. O i morti saranno milioni'»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 10/01/2018, a pag. 10, con il titolo 'Ci restano pochi mesi per bombardare Kim. O i morti saranno milioni' l'intervista di Gian Micalessin a Edward Luttwak.

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Gian Micalessin

«Finiamola con l'illusione secondo cui uno stato in grado di dotarsi di armi nucleari avrà anche la saggezza di usarle solo in casi estremi. Questa non è un'analisi strategica, ma una credenza religiosa». Il professor Edward Luttwak - già consulente strategico del governo americano e membro del Center for Strategic and International Studies - è convinto che Pyongyang vada bombardata quanto prima per impedirle di dotarsi di armi nucleari. Anche a costo di mettere a rischio le vite di decine di migliaia di sud coreani esposti alla rappresaglia del Nord. «Nessuno stato al mondo spiega al Giornale - fa cose peggiori della Corea del Nord. Usava le ambasciate per spacciare droghe e valuta falsa e vendeva missili balistici a chiunque pagasse, primo fra tutti l'Iran. Ha mandato imbarcazioni davanti alle coste di Tokyo per spacciare anfetamine e rapire dei cittadini di quel paese usandoli per addestrare le proprie spie a parlare il giapponese. Rimangono pochi mesi. Usiamo l'opzione militare e colpiamo Pyongyang prima che raggiunga l'effettiva capacità nucleare».

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Edward Luttwak

Ma l'opzione comporta grossi rischi «Certo non è come mangiare un gelato, ma ogni anno l'America spende 556 miliardi di dollari in armamenti, quanto il resto del pianeta. Con queste spese non possiamo limitarci a combattere quattro arabi armati di coltelli, dobbiamo seguire una strategia».

Una rappresaglia di Pyongyang causerebbe decine di migliaia di vittime civili a Seul e dintorni. «Decine di migliaia contro dieci, venti, quaranta milioni di morti. La politica americana non può farsi paralizzare dalla vulnerabilità di Seul. Dal '78 all'81 ero in Corea del Sud su incarico di Washington per migliorare i loro sistemi di difesa. Abbiamo avanzato 72 raccomandazioni, loro ne hanno accolte solo tre. In quaranta anni non hanno dotato di rifugi le abitazioni civili come in Israele e in Svizzera e non hanno decentrato i ministeri. Quindi la loro vulnerabilità è intenzionale. Non possono condizionare le scelte dell'America impedendoci di proteggere noi stessi e il resto del mondo».

Non sarà facile convincere Seul a sacrificare diecimila o quindicimila cittadini... «Sono stati irresponsabili per quarant'anni. Ora sono responsabili delle conseguenze delle proprie scelte. Mentre Cina e America sono d'accordo nel boicottare Pyongyang loro cercano intese per mandare soldi al Nord. Sono vittime intenzionali di un'estorsione a cui non cercano di resistere».

Secondo lei che cosa dovevano fare? «Potevano acquistare il sistema Iron Dome da Israele, invece hanno preferito dotarsi di un cacciabombardiere pesante che rientra chiaramente in una strategia di contrapposizione con il Giappone. Vivono in uno scenario di pura fantasia. Invece di difendersi dalla Corea del Nord minacciano un Giappone che non si sogna neppure di sfidarli. Per questo non vanno presi in considerazione. Chi si comporta da irresponsabile non può venir coinvolto in decisioni strategiche».

Anche i vostri presidenti sono scesi a patti con Pyongyang. A cominciare da Obama. «Obama ha accettato tutto dalla Corea, dalla Siria e dall'Iran. Ci ha lasciato un'eredità terribile. Trump è stato votato soltanto per reazione a Obama. Senza Obama nessuno avrebbe eletto Trump».

Si parla di negoziato e distensione in vista delle Olimpiadi invernali. «Non scherziamo, non c'è nessun negoziato, sono solo chiacchiere. Mentre quelli preparano i loro missili Seul si prepara a regalar loro ancora qualche soldo. Non esiste alcuna trattativa».

A molti americani andare in guerra sotto la guida di Trump potrebbe sembrare molto rischioso. «Chi parla di guerra? Parlo di una singola operazione aerea di 28-30 minuti affidata alla struttura militare. Come le due messe a segno da Israele che nel 1981 a Osirak colpì il reattore nucleare di Saddam Hussein e in Siria nel 2007 bombardò un'installazione nucleare comprata, guarda caso, dalla Corea del Nord».

Quindi non crede ad una distensione in vista delle Olimpiadi? «Se gli Usa riducessero le spese militari dai 640 miliardi a cui vuole portarle Trump a soli 32 allora direi benissimo spendiamo 32 miliardi, o anche solo 3 miliardi, e accontentiamoci di combattere quattro arabi armati di coltelli. A quel punto però non puoi più fingerti una grande potenza. Se invece lo sei non puoi rinunciare a usare la tua potenza contro uno stato macchiatosi di innumerevoli misfatti e pronto a vendere a chiunque le sue armi nucleari».

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