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Informazione Corretta Rassegna Stampa
08.01.2018 IC7 - Il commento di Daniele Scalise: Donald Trump e i media italiani
Dal 31 dicembre 2017 al 6 gennaio 2018

Testata: Informazione Corretta
Data: 08 gennaio 2018
Pagina: 1
Autore: Daniele Scalise
Titolo: «IC7 - Il commento di Daniele Scalise: Donald Trump e i media italiani»

IC7 - Il commento di Daniele Scalise
Dal 31 dicembre 2017 al 6 gennaio 2018

Donald Trump e i media italiani

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Donald Trump

In questi primi giorni del 2018 a rileggere le cronache e i commenti dei media italiani (e non solo) sulla decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di trasferire la rappresentanza diplomatica americana a Gerusalemme provoca una risata amara ma anche incollerita. Per l’ennesima volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, le comari autopromosse esperti di politica internazionale, gli analisti titolati e i cronisti miopi e presbiti, sono stati finora smentiti per non dire beffati. Dovrebbero chiedere scusa per la valanga di sciocchezze con cui hanno inondato le pagine dei giornali e i teleschermi. Dubito però che uno solo di loro abbia il coraggio e la dignità per farlo. Tutti noi ricordiamo i coristi del disappunto e l’accigliata quanto condivisa censura per la determinazione, per altro era stata annunciata già in campagna elettorale da Trump. Detto per inciso: da quando in qua si rimprovera a un politico eletto di mantenere fede alle proprie promesse elettorali?

Da papa Francesco in giù, siamo stati travolti da un diluvio di giudizi perentori e previsioni catastrofiche che ritenevano dinamitardo il gesto del deprecato inquilino della Casa Bianca. Leggendo nei fondi del caffè e nelle costellazioni dei loro cieli, quei signori annunciavano una ormai ineluttabile terza intifada e descrivevano, con pathos compiaciuto, i fuochi che avrebbero bruciato la Terra d’Israele. Nelle ultime due settimane ho girato in lungo e in largo il sud e il centro del Paese, da Beer Sheva al Negev, da Eilat a Ein Gedi, da Gerusalemme a Tel Aviv. La vita scorre come sempre, e cioè con i suoi ritmi altalenanti, le sue preoccupazioni, la baldoria organizzata, tutti buoni requisiti di ogni solida democrazia come del resto lo è quella israeliana. Nella Città Vecchia mi sono gustato lunghe passeggiate attraversando i quattro quartieri dopo la benefica sosta al Kotel senza scorgere nessun bagliore di quelle fiamme che avrebbero dovuto annerire le mura di Gerusalemme. E’ palese che Donald Trump non goda di una buona stampa. Non piace il suo aspetto pacchiano, infastidiscono i suoi tweet da gradasso, scandalizzano le sue dichiarazioni perentorie (anche se i mercati sembrano gradire e il dittatore nordcoreano giunto a più miti consigli). In molti (in molti?) continuano a prediligere l’eleganza east-side della signora Hillary o lo stile affilato del signor Obama. Credo che, ahiloro, dovranno farsene una ragione. Fino a questo momento l’iniziativa di Trump e della sua amministrazione – penso alla straordinaria capacità di sintesi ed energia di Nikki Halley nel rivolgersi a quel consesso di viltà che è diventata l’Onu - non solo non ha prodotto la catastrofe profetizzata, non solo non ha paralizzato trattative per altro inesistenti, ma ha semmai spezzato un fasullo equilibrio ispirato al debole principio del ‘quieta non movere et mota quietare’, che nel contesto specifico contiene una contraddizione esiziale: la convinzione che sia necessario non agitare ciò che si finge essere calmo ma non calma affatto ciò che è di fatto è agitato.


Daniele Scalise

P.S. Mi telefona dall’Italia un amico medico (specifico la professione solo per dire che non si tratta di un analfabeta né di un adolescente sprovveduto). Dalla sua voce traspare un tono inquieto: “Certo che dopo che gli Stati Uniti hanno deciso che la capitale di Israele non è più Tel Aviv ma Gerusalemme, posso immaginare che guai vi saranno laggiù”. Con santa pazienza (dote che fatico a praticare) gli spiego che non sono stati gli Usa a decidere che la capitale di Israele sia Gerusalemme, riconosciuta come tale dalla Knesset trentasette anni fa, che qui non c’è nessun guaio e che il paese è sì assediato ma da un turismo internazionale allegro, incuriosito e soddisfatto. Viaggiatori che, immaginando di planare in una terra circondata dai carri armati e dal filo spinato, trovano ristoranti di pregio, città ospitali, qualche commerciante imbroglione (se mancassero che paese sarebbe?), una gioventù gagliarda. Dopo qualche attimo di silenzio stupito l’amico chiede sincero: “Ma allora che scrivono i giornali?”. Gli ho suggerito di rivolgersi direttamente agli autori ma di non aspettarsi alcuna risposta. Quando si tratta di Israele, il modo migliore di conoscere questo paese e questo popolo è farlo di persona. 


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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