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Avvenire Rassegna Stampa
04.01.2018 L'antisemitismo di Giuseppe Dossetti in evidenza su Avvenire
Il quotidiano dei vescovi ripubblica un ignobile testo di 50 anni fa

Testata: Avvenire
Data: 04 gennaio 2018
Pagina: 21
Autore: Giuseppe Dossetti
Titolo: «Antisionista non significa antisemita»
Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 04/01/2018, a pag. 21, con il titolo "Antisionista non significa antisemita", il commento di Giuseppe Dossetti.

Avvenire è come sempre fazioso contro Israele. Oggi però fa di peggio, riproponendo un testo di cinquanta anni fa di Giuseppe Dossetti intriso di antisemitismo. Secondo Dossetti la realizzazione del sionismo, ovvero lo Stato di Israele, significa "smisurate violenze e ingiustizie, e adesso sacrilegi sanguinosi". Dossetti rappresenta il tradizionale antisemitismo cattolico, che rifiuta per gli ebrei la possibilità di rifondare il proprio Stato su una antica terra con cui il legame non è mai venuto meno. E' emblematico però che Avvenire riproponga questo testo, che spiega molto della linea del quotidiano dei vescovi.

Ecco l'articolo:

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Giuseppe Dossetti

Alcuni dei dogmi più indiscussi su cui sinora si è fondata l'opinione occidentale relativa al conflitto mediorientale, debbono proprio essere rifiutati. Si deve rifiutare, per esempio, che lo Stato sionista, così come è nato e sinora si è configurato, possa tollerare nel proprio interno l'esistenza di una popolazione araba. E’ ora che proclamiamo chiaramente che questo non è possibile. Sinora noi stessi, per venti e più anni, su questo punto siamo stati reticenti. Ci siamo anche noi lasciati intimidire nella memoria dell'Olocausto e dal ricatto che qualunque manifestazione di antisionismo equivale all'antisemitismo, del quale i cristiani si sono resi più volte colpevoli. Anche noi, alla fine, non siamo arrivati a separare il puro dall'impuro. Cioè ben altro è il piano dell'ebraismo in quanto religione dei Padri; e invece il piano di una concrezione politica, il «sionismo realizzato», intrisa di grossolani errori, di smisurate violenze e ingiustizie, e adesso di sacrilegi sanguinosi. E anche noi siamo stati timidi nell'affermare che gli arabi palestinesi, pur con i loro molti errori e le loro violenze deprecabili, hanno però conservato il diritto di vivere nella terra che è stata pur loro, in piena sovrana autonomia, e che perciò hanno il diritto di essere reintegrati per lo meno in tutti i territori occupati nel 1967, in uno Stato libero e sovrano, con tutte le garanzie che la comunità internazionale deve ad essi offrire non solo per il loro bene, ma per il bene e la pace di tutti i popoli della terra.

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lettere@avvenire.it

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