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Informazione Corretta Rassegna Stampa
03.01.2018 'Gli occhiali del sentimento ', di Sabina Fedeli
Recensione di Giorgia Greco

Testata: Informazione Corretta
Data: 03 gennaio 2018
Pagina: 1
Autore: Giorgia Greco
Titolo: «'Gli occhiali del sentimento ', di Sabina Fedeli»

Gli occhiali del sentimento
Sabina Fedeli
Giuntina euro 15

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Adesso che sono vecchia mi dispiace di non avere scritto, non le mie memorie, ma almeno degli appunti, perché finisce che quando si racconta a voce tante cose scappano. Invece avrei voluto, così, che rimanesse un ricordo per i nipoti, per i pronipoti”.

E’ arrivata alla veneranda età di 104 anni Ida Ascoli Magrini in Bonfiglioli, ebrea antifascista e grande protagonista della vita culturale ferrarese, la cui esistenza rivive attraverso un secolo di Storia nelle pagine del bel libro di Sabina Fedeli, giornalista e filmaker, pubblicato da Giuntina con il titolo “Gli occhiali del sentimento”. La lunga e intensa vita di Ida Bonfiglioli si dipana in un racconto-intervista in cui la protagonista rievoca momenti drammatici come le persecuzioni razziali accanto a quelli più sereni delle partite di tennis nella dimora dello zio Silvio Finzi Magrini, deportato e morto ad Auschwitz, che saranno di ispirazione a Bassani per il suo “Giardino dei Finzi-Contini”. Se dalla madre Isa ha appreso la beneficienza è il marito Renzo, “un uomo tutto d’un pezzo, di grande onestà intellettuale” a trasmetterle la passione per la musica classica e per i libri che considerava sacri, “la sua trincea contro la volgarità del mondo”. Il coraggio invece è tutto suo e ne dà una prima dimostrazione nel settembre 1941 quando appresa dell’irruzione in sinagoga di un gruppo di fascisti, incurante del pericolo che comporta un gesto simile per lei, ebrea e sposata con un ebreo antifascista al confino, si precipita con la sua Zeiss per testimoniare la profanazione degli arredi e degli oggetti sacri “perché poi non si dica che nessuno ha colpe”.

Nella lunga intervista con Sabina Fedeli, compagna dell’amato nipote Gadi, nonna Ida, così chiamata da amici e parenti, rievoca con orgoglio e sensibilità la figura del padre Giulio, ardente patriota e batteriologo di fama, che dopo essere diventato direttore dell’ospedale civico di Trieste nell’ottobre del 1913 preferisce lasciarsi morire pur di “non fare la guerra contro gli italiani, contro il suo stesso sangue”. Dai ricordi di Ida emerge anche la figura dolcissima della madre Isa, una donna di antiche tradizioni che però offre alla figlia un’educazione moderna mandandola a Londra e in altre città europee per approfondire gli studi. Durante la rocambolesca fuga in Svizzera dell’intera famiglia Ida si rassegna a malincuore a lasciare indietro la madre e la cognata Wanda appena operata e incapace di affrontare un tragitto tanto impervio: qualche giorno dopo nel tentativo di riprendere il cammino per passare la frontiera con la Svizzera vengono scoperte dai nazisti e Isa, dando prova di coraggio e generosità, prima nasconde Wanda dietro un cespuglio, poi si palesa ai nazisti facendosi arrestare. “Il 5 aprile 1944 Isa sale su un vagone piombato diretto ad Auschwitz. Viene eliminata il giorno stesso del suo arrivo”. Una sofferenza che si anniderà nel cuore di Ida e che neppure con il trascorrere degli anni riuscirà a elaborare superando il senso di colpa per aver lasciato indietro la madre, quella donna forte e coraggiosa che tanto l’aveva desiderata e che nel giorno del suo matrimonio le rivelerà un segreto inaspettato. Una zona d’ombra nella vita di Ida che verrà alla luce solo dopo la sua morte e che Sabina Fedeli ci consegna con rispetto e devozione. Nel libro Sabina ricostruisce il lento ritorno alla normalità dopo la guerra, la determinazione di Ida di ricominciare a vivere nonostante i lutti, la sua presenza nel tessuto culturale di Ferrara, l’impegno nella comunità ebraica, gli incontri con grandi musicisti come Dallapiccola e Benedetti Michelangeli, la passione per i libri antichi che ha ereditato dal marito e i viaggi in Israele nel corso dei quali lei che crede in un ebraismo laico con radici nel sionismo socialista e comunista vede realizzato questo ideale nella comunità agricola di Ruhama nel deserto del Negev, il kibbutz dove vive un altro ferrarese, Israel Corrado De Benedetti.

Nonostante abbia saputo affrontare la vita con quel pizzico di ironia e umorismo che sono peculiarità del popolo ebraico a Ida non sono mancati momenti di grande sconforto per la perdita del marito Renzo, del figlio Geri e dell’adorata Alisa, la “sua nipote dottoressa che ne aveva salvati tanti ma non era riuscita a salvare se stessa”. Fino all’ultimo Ida è stata una donna dal temperamento coriaceo e combattivo. Poiché si era rifugiata in Svizzera e non aveva patito il dramma dei campi di sterminio le viene sospesa la pensione di guerra che spetta ai reduci ebrei; Ida però, che ha un enorme senso della giustizia, non si dà per vinta e con l’aiuto del figlio Geri fa ricorso ottenendo il risarcimento e il diritto alla pensione. “Gli occhiali del sentimento” - come li chiama Ida giocando sul doppio senso fra cuore e udito - è un libro importante che parla di gesti di coraggio, di atti di altruismo, di passione politica, di amore per la musica e per la letteratura e ci restituisce “come un timido omaggio alla sua memoria” la figura di una donna eccezionale che ha attraversato un secolo di Storia lasciando un’impronta indelebile nel cuore di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di incrociare il suo cammino.

“Se me l’avessero detto non ci avrei mai creduto di arrivare a questa età. E allora brindiamo. Lehaim, alla vita! Viva la vita!”

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Giorgia Greco


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