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Ugo Volli
Cartoline
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Terrorismo e propaganda 31/12/2017

Terrorismo e propaganda
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

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 Cari amici,

un articolo recente della grande analista israeliana Caroline Glick  che vi raccomando molto (http://www.jpost.com/Opinion/COLUMN-ONE-Facing-a-Tamimi-government-520303 ) parte da una costatazione importante e spesso non considerata, anche se risulta evidente una volta che ci si fa caso: ci sono due componenti della guerra palestinista per annichilire Israele, il terrorismo e la propaganda. Essi sono intimamente legati. La propaganda giustifica il terrorismo, il terrorismo è concepito e progettato per diventare propaganda. In primo luogo è propaganda interna, che effettivamente serve a galvanizzare la base del terrorismo: pensate per esempio a quel rito che è ormai diventato regolare ed è esso stesso oggetto di propaganda, in cui in occasione di un attacco terrorista che è riuscito a provocare delle vittime, qualche aderente dei movimenti terrorista offre dolcetti e caramelle ai passanti in segno di gioia. In secondo luogo è propaganda nei confronti dei nemici, cioè degli ebrei e degli israeliani, che il terrorismo ovviamente mira a terrorizzare. Hamas per esempio ha dedicato molte energie e molti soldi a produrre dei video violentissimi, in cui si minacciano gli israeliani di sterminio e distruzione totale. Questa propaganda nei confronti di Israele ha avuto pochissimo successo. Gli israeliani, a parte i soliti odiatori di sé, non si sono mai lasciati impressionare né dalla “propaganda armata” (questo, per chi si ricorda, è il modo in cui le Brigate Rosse, finanziate armate e addestrate in buona parte dai palestinisti, chiamavano il terrorismo) né a maggior ragione da quella audiovisiva.

Ma poi c’è la propaganda diretta ai media internazionali, che se la bevono per lo più in maniera acritica, e attraverso questi all’opinione pubblica internazionale, innanzitutto quella europea e americana. Qui il terrorismo che conta è quello “a bassa intensità”, realizzato non con missili da Gaza o con attentati suicidi di grandi dimensioni, ma con gli attacchi al coltello, gli investimenti stradali, le sassaiole, le bombe Molotov, le molestie e le violenze fatte a mani nude, possibilmente da parte di persone cui per definizione non si può rispondere, come donne, bambini, anziani, portatori di handicap.

Prendete per esempio il caso di quell’arabo di Gaza in carrozzella che sarebbe stato ucciso dalle forze israeliane mentre con molti altri dava l’assalto alla barriera di sicurezza che circonda la Striscia: le forze israeliane che quando è il caso si assumono le loro responsabilità, negano di avergli sparato; e in genere il suo caso è assai diverso da come ne abbiamo letto sulla stampa (https://www.algemeiner.com/2017/12/27/coverage-of-gaza-amputees-death-showed-uk-media-at-its-worst/ ). In questi casi comunque i palestinisti cercano di ottenere una posizione doppia sicuramente vittoriosa sul piano tattico: o l’esercito israeliano cerca di fermare questi attacchi microterroristi e allora è accusato di fare del male agli “innocenti” (propaganda); oppure non interviene e i microterroristi possono sviluppare la loro violenza e apparire vincitori (terrorismo).

E’ il caso molto chiacchierato da una decina di giorni di Ahed Tamimi, la giovane palestinista che si è fatta una carriera fin da bambina assalendo fisicamente i soldati israeliani, tanto da indurre la famiglia a costruire un’”impresa di comunicazione” (https://fr.timesofisrael.com/ahed-tamini-une-jeune-entreprise-de-manipulation/ ). La ragazza è diventata abbastanza celebre da essere ricevuta due anni fa con tutti gli onori dal presidente turco Erdogan. Il carattere manipolatorio della sua attività è così chiaro che non è possibile neppure conoscere la sua vera età, che i palestinisti tendono ad abbassare per renderla più “fragile” (http://www.israellycool.com/2017/12/19/shirley-temper-ahed-tamimis-real-age-revisited/ ).

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Le videocamera donate da B'Tselem da usare contro Tzahal

Quel che è chiaro è che lei, con i parenti che la accompagnano in tutte le sue provocazioni, agisce per la propaganda, sempre ripresa da telecamere portatili fornite dal “camera project” di B’tselem, una delle Ong di sinistra antisraeliane più aggressive (quella, tanto per intenderci, in cui militava un signore che andava alla ricerca di arabi disposti a vendere terre e case agli israeliani, facendo l’agente provocatore, per poi venderli alla polizia segreta dell’Autorità Palestinese che li torturava e uccideva; ve ne ho già parlato qui:http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=61044 ) I genitori di Ahed sono “volontari” di questo progetto e sono stati formati da B’tselem con corsi sulla ripresa di video, ma anche su come rendere più efficaci le provocazioni. Una tecnica di propaganda che Ahed domina perfettamente, come si vede nell’ultimo video ( potete vederlo qui:http://www.lefigaro.fr/international/2017/12/26/01003-20171226ARTFIG00094-cisjordanie-la-video-de-l-arrestation-d-une-activiste-palestinienne-devient-virale.php ) in cui aggredisce un soldato armato di guardia prima a parolacce e poi schiaffeggiandolo, senza che lui reagisca: se avesse sparato, anche solo in aria, o l’avessa respinta con la forza, sarebbe stata la prova del carattere oppressivo dell’”occupazione che ammazza i bambini”; dato che correttamente non ha reagito, nella propaganda palestinista rivolta all’interno, questo dimostra la “vigliaccheria” e la debolezza dei soldati israeliani.

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Caroline Glick

Tutto questo è noto, ma val la pena di ripeterlo, perché non è mai chiarito dai media. Quel che invece la stampa non dice mai è che nel clan Tamimi la propaganda si unisce fisicamente al terrorismo. Come spiega Caroline Glick nell’articolo che ho citato sopra (http://www.jpost.com/Opinion/COLUMN-ONE-Facing-a-Tamimi-government-520303 ): “Sei settimane dopo che Israele aveva firmato gli accordi di Oslo con l'OLP [… nel] 1993, Chaim Mizrahi di Beit El è andato a comprare uova da un contadino a Ramallah, come aveva fatto ogni settimana per anni. Erano presenti due cugini di Ahed, Said e Nizar Tamimi. Hanno pugnalato Mizrahi, lo hanno infilato nel bagagliaio della sua auto e lo hanno bruciato vivo.
Nell'agosto del 2001, la zia di Ahed, Ahlam Tamimi, ha ideato il massacro alla pizzeria Sbarro a Gerusalemme. Ha scelto Sbarro perché era popolare tra le famiglie con bambini piccoli. Portò al ristorante il kamikaze che si fece saltare in aria, uccidendo 15 persone, tra cui sette bambini, e ferendone 130. 
Oggi tutti e tre gli assassini di Tamimi sono fuori di prigione.

 L'amministrazione Obama ha costretto Israele a liberare Said insieme a diverse centinaia di terroristi per dimostrare che era impegnato a favore della pace nel 2013. Ahlam e Nizar sono stati rilasciati nel 2011 come parte dello scambio di 1.000 terroristi per l’ostaggio Gilad Schalit. Questi due terroristi si sono sposati vivono tranquillamente in Giordania, che ha rifiutato l’estradizione chiesta dagli Stati Uniti (perché parecchie vittime della strage allo Sbarro erano cittadini americani. Si trovano in rete fotografie di Ahed, coccolata da tutti al matrimonio. Il padre di Ahed, Bassam Taminmi (il titolare dell’”impresa di comunicazione”) è stato condannato nel 2012 per aver guidato una manifestazione violenta contro i soldati israeliani.

Non solo il suo processo è stato sorvegliato da Amnesty International, ma Catherine Ashton, la predecessora della Mogherini come ministro degli esteri europei, l’ha pubblicamente difeso come “difensore dei diritti umani". Le solite Ong (Amnesty International, Code Pink, Jewish Voices for Peace) l’hanno portato in tournée negli Stati Uniti nel 2015 per diffamare Israele e sostenere il boicottaggio. Ci sono dei video in cui lo si sente chiedere l’appoggio al terrorismo ai ragazzini di scuola (http://www.israellycool.com/2016/12/12/watch-disturbing-attempt-to-indoctrinate-ithaca-3rd-graders-into-hating-israel/ )

Da questa storia si possono trarre alcune conclusioni: 
1. Non c’è nessuna barriera fra “resistenza non violenta” (o propaganda) e terrorismo. Sono due tattiche in una guerra per la distruzione di Israele che è unica e ben coordinata
2. Le Ong fanno parte organica di questa guerra, la appoggiano e per certi versi la organizzano. 
3. La stampa internazionale è usata (e si fa usare) come uno strumento di questa guerra: riporta tranquillamente le “notizie” cioè la propaganda costruita dalle “agenzie di comunicazione” palestiniste e, anche quando se ne accorge, si guarda bene dallo smontare il meccanismo propagandistico, vuoi perché è a favore della “giusta causa” del palestinismo, vuoi perché avere delle belle notizie preconfezionate fa comodo ai corrispondenti. 
4. Esiste una complicità internazionale intorno a questa guerra di propaganda e terrorismo e alle piccole e grandi menzogne ed orrori che essa costruisce. 
Non si tratta solo dei “cattivi” di Hamas e Hezbollah, ma anche dei “moderati” come il re di Giordania, Mohammed Abbas ed Erdogan, oltre naturalmente alle solite Ong “umanitarie”.
5. Combattere la parte propagandistica di questa guerra è necessario come vincere quella militare. E’ un compito che tocca anche a noi, qui in Europa.

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