Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/12/2017, a pag.1/12 con il titolo "Iran, rivolta contro i prezzi e gli ayatollah" l'analisi di Rolla Scolari
Rolla Scolari
«Lascia la Siria, pensa a noi», «No Gaza, no Libano, la mia vita soltanto per l’Iran» sono alcuni dei cori che la folla ha scandito ieri quando centinaia di persone sono scese in strada a Mashhad, la seconda città iraniana, e in altri centri del Paese. I manifestanti hanno protestato contro l’aumento dei prezzi - sarebbero cresciuti soprattutto quelli del cibo - e l’inflazione di nuovo in crescita. E lo hanno fatto rivolgendo la propria rabbia contro il presidente Hassan Rohani, al potere dal 2013, dopo aver vinto a giugno un secondo mandato. «Morte al dittatore Rohani», hanno gridato. La Siria, Gaza, il Libano sono aree in cui l’Iran, attraverso l’azione di milizie, gruppi paramilitari ma anche attraverso il sostegno logistico e finanziario a movimenti locali, è coinvolto in conflitti e tensioni che oggi la popolazione non sente suoi, pressata dall’urgenza di altri e più concreti problemi quotidiani, come il prezzo della spesa. E mentre l’Iraq che ha da poco sconfitto lo Stato Islamico anche con il sostegno militare di Teheran spera di ottenere finanziamenti per la ricostruzione di intere aree distrutte dai combattimenti – Mosul, Falluja, Ramadi - dagli ayatollah della vicina Repubblica islamica, gli iraniani sembrano stufi dello sguardo troppo regionale e poco locale del loro regime. Il presidente Rohani ha impostato la sua campagna nel 2013 sul rinnovamento e la ripresa economica del Paese. Ha poi investito il suo capitale politico sulla firma di un accordo internazionale: il ridimensionamento del controverso programma nucleare in cambio della cancellazione delle sanzioni. Anni di misure economiche hanno avuto un peso difficile sulla vita quotidiana della popolazione iraniana. E se il regime è riuscito ad abbassare l’inflazione dal 35 per cento del 2013 al 9 per cento di marzo - la fine dell’anno iraniano -, già in primavera gli istituti finanziari anticipavano un gonfiarsi della cifra. Gli iraniani sono tornati a manifestare nelle piazze – facendo riaffiorare la memoria delle proteste del 2009 – proprio pochi giorni dopo l’annuncio della Banca centrale: l’inflazione è salita quasi al 10 per cento. L’ufficio delle statistiche aveva presentato un dato diverso: 8,2 per cento, secondo quanto riportato da diversi media anglofoni iraniani. Rohani è accusato oggi di non aver mantenuto le promesse sul rafforzamento dell’economia mentre i benefici del ridimensionamento delle sanzioni internazionali non sono sentiti dalla popolazione che denuncia i vertici politici di corruzione e di cattiva gestione delle casse dello Stato. La disoccupazione è al 12,4 per cento: 3,2 milioni di iraniani su una popolazione di 80 milioni sono senza lavoro. A Mashhad, città santa dell’islam sciita nel Nord-Ovest del Paese, ci sono stati ieri anche arresti. La polizia ha cercato di disperdere la folla con idranti e gas lacrimogeni. Le proteste di piazza sono avvenute anche in altri luoghi del Paese: a Yazd, nel centro, Shahrud e Kashmar nel Nord, Nishapur, non lontano da Mashhad. Le manifestazioni di queste ore aprono a nuove tensioni politiche. La relazione tra la Guida suprema iraniana, l’ultra-conservatore ayatollah Ali Khamenei, e il presidente resta difficile. Due giorni fa, Khamenei ha detto che il Paese sta lottando con «inflazione e recessione». E ha criticato il governo, chiedendogli di risolvere in fretta la situazione.
Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante