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Il Giornale Rassegna Stampa
29.12.2017 La linea di Putin con i terroristi: eliminarli appena presi
Commento di Fiamma Nirenstein, cronaca di Fausto Biloslavo

Testata: Il Giornale
Data: 29 dicembre 2017
Pagina: 12
Autore: Fiamma Nirenstein-Fausto Biloslavo
Titolo: «La linea Putin per fermare i terroristi-La ricetta: 'sono da uccidere sul posto'»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 29/12/2017, a pag.12, due servizi sulla nuova linea verso il terrorismo di Putin. Il commento di Fiamma Nirenstein e la cronaca di Fausto Biloslavo

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Fiamma Nirenstein: "La linea Putin per fermare i terroristi"

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Sì, sono stati i terroristi» ha detto Putin dell'esplosione di San Pietroburgo. E subito ha aggiunto un tocco putiniano: le forze dell'ordine devono «agire con decisione, non prendere prigionieri, eliminare i banditi sul posto nel caso la loro vita sia in pericolo». Un'indicazione molto drastica, anche se, alla lettera, confacente alle comuni regole di ingaggio di esercito e polizia in tutto il mondo. La sede del discorso è significativa: una cerimonia di premiazione al Cremlino per le truppe che hanno preso parte alla campagna russa in Siria contro l'Isis. La premessa è duplice: da una parte, il valore decisivo proprio contro il terrorismo (e questo a chi si a77arda a pensare a scelte di carattere egemonico in Medio Oriente) del suo impegno della campagna di Siria contro l'Isis. E quindi, la continuità con la decisione di combattere in patria il terrore fino in fondo. Il terrorismo è l'incubo di tutti: la sua dunque è una descrizione dell'intervento in Siria come di un'azione meritoria della Russia contro i foreign fighter. E poi, incitando a combattere senza pietà, ha rimarcato come questa guerra sia in pieno svolgimento, durissima e indispensabilmente aggressiva. La forza, ha voluto dire Putin PUGNO DURO La linea Putin per fermare i terroristi mentre una gran parte dell'opinione pubblica mondiale a sua volta si sposta dalla speranza della pacificazione alla battaglia fisica e giuridica, è l'unica strategia contro il rischio-sicurezza centrale nel nostro tempo e nei nostri centri di vita quotidiana. Il terrorismo, sembra sottolineare Putin, sia pure a modo suo, richiede una nuova filosofia. La collaborazione contro di esso è al centro, per la prima volta, della politica internazionale, basta ricordare come Putin abbia rivolto un ringraziamento pubblico il 17 dicembre a Trump, dopo il sanguinoso attacco di aprile che aveva fatto 14 morti, a prevenire altri attentati terroristici. La Russia è esposta al terrorismo dell'Isis sommato a quello dei ceceni musulmani esasperati: il risultato è molto pesante. Chi non ricorda l'attacco del teatro Dubrovka che fece 170 morti? E se si guarda le statistiche si nota che il fenomeno è stato affrontato di petto: dai 231 morti del 2010 oggi si contano 36 vittime. La linea dura di Putin si fa sempre più comune. Tuttavia, non si è perso lo sforzo di conservare moderazione e senso del diritto dove la guerra al terrore è più dura, come in Israele: qui da due giorni è cominciato il processo a Omar al Abed, un terrorista che ha ucciso a sangue freddo di notte in casa loro tre membri della famiglia Salomon, il padre di 70 anni e due figli, ferendo gravemente la madre. Sia la famiglia sopravvissuta sia il ministro della Difesa Avigdor Lieberman hanno chiesto la pena di morte, che in Israele è stata applicata da una corte militare, l'unica che può comminarla, una sola volta, contro Adolf Eichmann nel 1962. La richiesta appare lontana dal poter essere accolta. Intanto, un soldato, Elor Azaria, che nel marzo del 2016 ha sparato su un terrorista ridotto a terra finendolo, è adesso in carcere. Un terrorista può, anzi deve essere fermato a tutti i costi se è ancora armato, attivo, e pone un pericolo. Se Putin intendesse letteralmente questo, avrebbe molto più ragione del ministro degli Esteri Margot Wallstrom che ha chiamato «esecuzioni extragiudiziarie» chiedendo un'inchiesta internazionale la guerra ai terroristi colpiti a morte con le armi in pugno durante gli attacchi di quest'utima Intifada. Una forma di alleanza coi terroristi. La bravura consiste invece nel combattere difendendo la vita e anche la purezza delle armi. Vedremo se Putin intendeva questo, o solo di darci giù senza condizioni.

Fausto Biloslavo:"La ricetta: 'sono da uccidere sul posto'

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Fausto Biloslavo

"Uccidete i terroristi sul posto" parola di Vladimir Putin, che non ha mai avuto peli sulla lingua soprattutto nella guerra ai jihadisti. Le anime belle si scandali zzeranno, ma dopo l'attentato a San Pietroburgo di mercoledì sera, che ha provocato 13 feriti, il presidente russo parla chiaro. «Ho dato istruzioni al direttore dei Servizi federali di sicurezza (Fsb) per le operazioni di ricerca e arresto di questi terroristi di agire nell'ambito della legge» esordisce Putin davanti ai militari russi rientrati dal fronte siriano. Poi il capo del Cremlino aggiunge che «di fronte alla minaccia di vita dei nostri agenti bisogna agire in modo deciso, non catturare nessuno e uccidere i terroristi sul posto». Nel 1999 parlando della minaccia dei terroristi ceceni era stato più colorito, ma il concetto è simile: «Quando li troveremo, mi perdoni l'espressione, li butteremo dritti nella tazza del cesso». In vista dei Mondiali di calcio i resti dello Stato islamico hanno annunciato da mesi l'intenzione di colpire la Russia. Putin e la sua natia San Pietroburgo sono da sempre nel mirino jihadista. L'ultimo attacco, dell'altro ieri, ha colpito un supermercato della catena Perekrestok. Uno zainetto con una bomba è stato lasciato in uno degli armadietti. Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso un uomo arrivato con i mezzi pubblici, che lascia lo zainetto e per qualche minuto fa finta di interessarsi ai prodotti in vendita. Poi se ne va e la bomba esplode mezz'ora dopo il suo arrivo, alle 18.45 locali. Il sospetto è stato definito «non slavo», che significa proveniente dalle ex repubbliche sovietiche dell'Asia centrale o del Caucaso. San Pietroburgo è piena di migranti da oltre gli Urali. In aprile 14 persone sono morte nella metro per mano del terrorista suicida Akbarzhon Jalilov, cittadino russo di etnia uzbeka nato in Kirghizistan. Lo stesso Putin ha ricordato che sempre a San Pietroburgo «è stato sventato di recente un attentato». L'Fsb, i servizi segreti, grazie a una soffiata della Cia, hanno individuato una cellula di terroristi asiatici, che volevano colpire la cattedrale. Nonostante il Califfato non esista più sul terreno, la minaccia del terrore permane o è addirittura più alta di prima. La Turchia è in stato di massima allerta per il Capodanno, soprattutto ad Istanbul, per evitare che si ripeta la strage del 2016 della discoteca Reina, dove un solo terrorista, uzbeko, uccise 39 persone durante il Veglione. Ieri all'alba sono stati arrestati 38 presunti jihadisti, alcuni di origine siriana, a Bursa, non lontano da Istanbul. Altre retate sono scattate nei giorni scorsi. Nei quartieri della movida di Istanbul e sulla famosa piazza Taksim sono stati vietati i festeggiamenti all'aperto del Capodanno per timore di attacchi. Almeno 3mila combattenti dello Stato islamico sono ancora annidati in un paio di sacche lungo l'Eufrate fra la Siria e l'Irak. Caccia e droni americani e russi danno loro la caccia dal cielo, ma centinaia di jihadisti stranieri, compresi molti europei, sarebbero già fuggiti per evitare la morte o la cattura. Sul Califfo, Abu Bakr Al Baghdadi, gli Usa hanno aumentato la taglia a 25 milioni di dollari. Il primo passaggio per rientrare in patria è la Turchia dove possono ancora contare su una rete di contatti. Almeno 6mila sono già tornati a casa in 33 Paesi diversi: 400 solo in Russia, 800 in Tunisia, 271 in Francia e 13 in Italia. Altri 57 foreign fighter partiti dal nostro Paese sarebbero sopravvissuti e sono super ricercati.

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