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La Repubblica Rassegna Stampa
29.12.2017 Repubblica, un quotidiano sempre meno attendibile
Le bufale di Francesca Scaferri

Testata: La Repubblica
Data: 29 dicembre 2017
Pagina: 18
Autore: Francesca Caferri
Titolo: «Lo scudo di Bibi per fermare le accuse di corruzione»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 29/12/2017, a pag.18 on il titolo " Lo scudo di Bibi per fermare le accuse di corruzione " il testo di Francesca Caferri.

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Abbiamo scritto 'testo' anche se la parola adatta all'insieme di bufale che compongono il pezzo ne richiederebbe un'altra.
Scaferri non riesce a trattenersi dal riprendere le solite tre accuse che da sempre formano le prime pagine di Haaretz, considerate perlomeno ridicole dagli israeliani che continuano a dare la loro fiducia a Bibi e a non comprare Haaretz.
IC le ha smentite commentandole, citando anche il parere di Alan Dershowitz, il famoso avvocato democratico americano, che non ha timore di andare controccorrente il suo partito quando c'è da ristabilire la verità, che si tratti di Netanyhau o di Trump.
Scaferri insiste, scambiando anche una delle tante manifestazioni del dissenso che si solgono regolarmente a Tel Aviv con una rivolta oceanica.
Sono le analisi come quella di Scaferri che rendono inattendibile Repubblica, avrà pure una impaginazione seriosa, ma ci vuole ben altro per diventare credibile. 

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Francesca Scaferri

L'ostruzionismo più duro della legislatura non è passato: e alla fine di due giorni e tre notti di discussioni sugli argomenti più vari (dalle uova migliori da comprare, ai diritti dei palestinesi di Gaza) l'opposizione israeliana ha dovuto piegare la testa e assistere all'approvazione da parte della Knesset di una legge che limita i poteri della polizia nei casi di presunta corruzione. Il progetto, fortemente voluto dal premier Benjamin Netanyahu, prevede che la polizia non abbia più il potere di raccomandare la messa in stato di accusa dei sospetti presso la procura generale e di passare informazioni alla stampa. Con un'eccezione importante: è stata eliminata la clausola che prevedeva che norma si applicasse anche ai casi già in discussione. Una clausola che aveva sollevato polemiche in Israele: da mesi infatti Netanyahu è nel mirino per diversi casi di presunta corruzione. È stato interrogato sette volte dagli inquirenti e nell'ultima occasione è stato costretto a ricorrere a foto di famiglia per dimostrare che i regali da migliaia di dollari che un imprenditore aveva elargito a lui e alla moglie altro non erano se non doni di un vecchio amico. Il capo del governo al momento non è indagato: ma sua moglie Sara e alcuni degli uomini della sua cerchia ristretta di consulenti lo sono. Per chiedere le dimissioni di Netanyahu da settimane ogni sabato scendono in strada migliaia di persone: la manifestazione principale è a Tel Aviv, la più aperta e laica delle città israeliane. Ma, in tono minore, le proteste si sono allargate anche ad altre località. Nonostante ciò il primo ministro resta in sella: per i sondaggi resta l'uomo politico più popolare del Paese, anche se alle ultime elezioni la sua maggioranza si è assottigliata, tanto da costringerlo a un governo di coalizione in cui gli ultra ortodossi hanno un peso di primo piano.

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