IC7 - Il commento di Dario Peirone
Dal 17 al 23 dicembre 2017
Un’Europa debole e un Israele proiettato nel futuro
“Giorni della collera”, decisione americana “scellerata”, “il mondo all’ONU contro USA e Israele”…leggendo i giornali in questi giorni sembra che due paesi cattivi ed arroganti siano stati “messi al loro posto” e isolati sulla scena internazionale. Niente di più falso. Una delle nazioni che hanno votato la famigerata (ed irrilevante sul piano pratico) risoluzione dell’ONU contro la decisione di spostare a Gerusalemme l’Ambasciata americana è la Gran Bretagna. Quella stessa Gran Bretagna che sottolinea, in un rapporto condiviso dal governo (http://www.bicom.org.uk/analysis/britain-israel-trade-brexit/), che in seguito alla Brexit sarà possibile stipulare un accordo di libero scambio con Israele più vantaggioso di quelli del passato, vincolati alla Unione Europea. Quella stessa Gran Bretagna che, nei 12 mesi successivi al referendum, ha visto aumentare del 28% il numero di aziende israeliane che aprivano una sede UK, con un incremento del 12,8% del numero di posti di lavoro nel Regno Unito creati da società israeliane. Infatti, il governo inglese si rammarica che siano le aziende britanniche a non sfruttare appieno le opportunità di investimento in Israele, restando indietro rispetto a paesi come Stati Uniti, Cina e Canada.
Si può capire questo rammarico, perché di opportunità in Israele ce ne sono sempre moltissime. L’ha capito anche il pallone d’oro Leo Messi, appena diventato testimonial della start-up Sirin Labs, che sta sviluppando il primo telefono cellulare ultra-sicuro con tecnologia blockchain (https://www.financemagnates.com/cryptocurrency/news/blockchain-start-sirin-labs-signs-leo-messi-brand-ambassador-%E2%80%8E/). Ed è proprio in Israele che stanno testando applicazioni pratiche di queste tecnologie complesse, dall’intelligenza artificiale alla realtà aumentata. Se qualcuno vi racconterà di nuovo la storia che Israele è un paese avanzato solo perché sfrutta la tecnologia sviluppata da un enorme apparato militare, spiegategli che, ultimamente, l'esercito israeliano si sta preparando per il futuro adattando per la difesa tecnologie che arrivano dall’ambito civile. Proprio l'alta velocità dei cambiamenti tecnologici a livello globale impedisce di sviluppare internamente tutto l’hi-tech militare. Ecco quindi che, all'inizio di quest'anno, l'IDF ha lanciato il suo smartphone (https://www.youtube.com/watch?v=hhs_w94gMGw), sviluppato in collaborazione con Motorola. Il nuovo telefono, già utilizzato dai soldati sul campo, non solo facilita enormemente le comunicazioni, ma consente anche un appiattimento della struttura gerarchica della catena di comando: anziché fare un rapporto al comandante di ogni livello, i messaggi possono essere ricevuti da tutti contemporaneamente. Il telefono non può essere utilizzato al di fuori della rete militare e ha protezioni in atto nel caso in cui cada in mani nemiche. Inoltre, l'IDF ha recentemente iniziato la trascrizione automatica dei video in testo (https://www.timesofisrael.com/idf-creates-video-transcribing-tech-eyeing-future-surveillance-support/), che può essere utilizzata per interpretare i filmati di sorveglianza. La tecnologia basata sull'intelligenza artificiale è in grado di leggere e comprendere le immagini video e tradurre ciò che vede in testo. Può incrociare le immagini che vede con altre informazioni rilevanti e può inviare un avviso di emergenza se rileva qualcosa che richiede particolare attenzione, lavorando con grandi quantità di dati e classificando gli eventi in termini di tempo e importanza. Inoltre, realtà virtuale e occhiali a realtà aumentata diventeranno parte dell’equipaggiamento dei soldati di Tsahal. Permetteranno ai comandanti di addestrare i soldati da remoto, ad esempio consentendo ai meccanici di esercitarsi nella riparazione di un carro armato virtuale, e ai paramedici di eseguire operazioni sul campo di battaglia, assistiti a distanza dai medici del comando centrale.
Vogliamo scommettere su quanti di quei paesi che oggi hanno votato la risoluzione dell’ONU, correranno domani a collaborare con centri di ricerca israeliani o ad acquistare le innovazioni di cui sopra? Ecco perché forse sarebbe il caso di chiedersi se il voto dell’Assemblea delle Nazioni Unite non sia il sintomo di un problema grave dell’Europa, anziché di un presunto “isolamento” di Israele. La questione di Gerusalemme ha fatto emergere reazioni su giornali, tv e social network che mostrano bigottismo, ignoranza e vero e proprio antisemitismo. Su questi elementi speculano le associazioni islamiche, che stanno organizzando manifestazioni in vari paesi europei. Non è Israele che corre dei pericoli dovuti all’annuncio di Trump. È l’Europa che corre seri pericoli dovuti alla sua mancanza di coraggio. Due paesi dell’UE (Austria ed Ungheria) avevano dichiarato di voler spostare le loro ambasciate a Gerusalemme, ma essendo governi già giudicati “controversi”, hanno detto di non voler “rompere l’unità europea” su questo. Proprio quello che aveva dichiarato di voler fare un anno fa Matteo Renzi sulla decisione dell’Unesco, che guarda caso riguardava proprio Gerusalemme.
I risultati si sono visti anche quest’anno con la linea del governo Gentiloni. Con una leadership europea così coraggiosa, è ovvio che si può provare a sparare bugie sempre più grosse, come ha fatto padre Vitores, guardiano della Basilica della Natività a Betlemme, che in un’intervista a Il Giornale(http://www.occhidellaguerra.it/betlemme-sara-un-natale-violenza/) dichiara candidamente che, se Gerusalemme “diverrà la capitale di Israele o della Palestina, non vi sarà più spazio per le altre religioni”. Forse il padre dimentica che Gerusalemme è già la capitale di Israele, e che proprio questo garantisce piena libertà a tutte le religioni, cosa che nel passato (sia sotto la dominazione cristiana che mussulmana) non era mai accaduta. L’Europa ha problemi nel costruire un vero ecosistema dell’innovazione, nella gestione dei flussi migratori, nel promuovere la crescita. L’Europa ha perduto la fiducia dei suoi abitanti, che premiano formazioni estreme (sia a sinistra che a destra) oppure non vanno più a votare. L’Europa, quell’idea di Europa nata dopo la seconda guerra mondiale per portare pace e prosperità, sta rischiando grosso. Perché quando si ha paura di guardare in faccia la realtà, come nel caso di Gerusalemme, non si può che finir vittime della propaganda peggiore.
Dario Peirone, Ricercatore di Economia e Gestione delle Imprese - Dipartimento di Economia e Statistica, Università di Torino