lunedi` 25 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
22.12.2017 Davide contro Golia: il movimento 5 Stelle 2013-2018
Analisi di Salvatore Merlo

Testata: Il Foglio
Data: 22 dicembre 2017
Pagina: 1
Autore: Salvatore Merlo
Titolo: «Movimento 5 Stelle (2013-2018) I ragazzi di Grillo dovevano cambiare il mondo, ma è stato il mondo a cambiare loro»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 22/12/2017, a pag.1, con il titolo "Movimento 5 Stelle (2013-2018) I ragazzi di Grillo dovevano cambiare il mondo, ma è stato il mondo a cambiare loro" il commento di Francesco Merlo.

Ecco un' altra analisi accurata per capire quanto il voto al movimento 5 stelle sia più di pancia che di testa (copyright Bebbe Grillo). In questo articolo la smentita alla bufala più grande: la loro diversità. Non va dimenticata,ovviamente, l'avversità a Israele, dal sapore iraniano.


Immagine correlataImmagine correlata
Salvatore Merlo

Non esiste delizia più sottilmente equivoca di assistere alla fine di un mito. Si assordavano tra insulti e richiami, scontrini e rendicontazioni, espulsioni e dissidenze, lacrime e delazioni, divieti ad andare in tivù e proclami di purezza. “Mai più di due mandati”, dicevano. “La politica non è mica una professione”, aggiungevano. E tracciando linee perfettamente dritte in un mondo tendente al tortuoso e all’obli - quo, spiegavano che la politica per loro era “mai alleanze con nessuno”. E allora aveva voglia Pier Luigi Bersani, il povero Bersani, a insistere in quel famoso streaming, con Roberta Lombardi e Vito Crimi, che incarnavano i profili veri e risoluti degli incorruttibili: “No, lei forse non ha capito…”, gli dicevano. E a quei tempi c’era Luigi Di Maio a spiegare che “la regola è molto semplice, da noi gli indagati non si candidano”, anzi si espellono, si cacciano, come Federico Pizzarotti. E guai a farsi intervistare dai giornalisti che sono “mantenuti, pennivendoli, infestatori e ovviamente coglioni”. Pene severissime per chi va “a cercare il punto G, quello che dà l’orgasmo nei salotti del talk-show”, disse Grillo, mentre mandava i suoi impiegati a cacciare Federica Salsi, la consigliera comunale di Bologna che era andata a “Ballarò”. E insomma cinque anni fa, quando nel 2013 iniziò questa legislatura che tra pochi giorni sarà sciolta dal presidente della Repubblica, i ragazzi del Cinque stelle dovevano cambiare il mondo. Si presentavano con un’aria sempliciotta di gioventù e di inesperienza, con i capelli improbabili e i vestiti comprati a peso all’Oviesse, un’esteti - ca che sembrava fatta apposta per essere perdonata. Ma l’hanno persa, quell’aria. Come tutto il resto. E alla fine è stato il mondo a cambiare loro, ad aprirli come una scatoletta di tonno. Denunziavano la presunzione d’innocenza come un gargarismo del colpevole, e adesso, cinque anni dopo, gargarizzano come l’avvocato Ghedini con Berlusconi: “La procura non può utilizzare uno strumento così, come un manganello. Luigi, ci ammazzano tutti”, ha scritto Virginia Raggi in una famosa chat con Di Maio, lei, la sindaca di Roma indagata con richiesta di rinvio a giudizio. Ed è certo significativo che mentre nel 2013 spernacchiavano Bersani, adesso, in poco meno di un paio di mesi, e con indifferente pendolarità, siano stati a corteggiamento con Matteo Salvini e con Pietro Grasso, i due capi partito che Grillo chiamava “morti viventi”. Ora invece c’è Di Maio che dice: “La sera delle elezioni faremo un appello a tutte le forze politiche per metterci insieme sui temi”. Ed è ovvio che l’apertura politica e il corteggiamento elettorale non sono il sintomo di un’intelligenza tattica e neppure di una spregiudicatezza lungimirante. Più semplicemente sono un’ammissione di debolezza, perché “quando si sentono forti, quelli menano e quando invece si sentono in pericolo…”. Sempre cauti nella vita e poeticamente sguaiati sulle scene. Sono lontani ben cinque anni i tempi in cui il povero senatore Marino Mastrangeli, che adorava Barbara D’Urso e non riusciva a farne a meno, veniva mandato via a pedate perché era stato a Canale 5. Oggi esiste persino una pagina Facebook con qualche migliaio d’iscritti che si chiama “M5s in tv”. Non c’è salotto della mattina, del pomeriggio e della sera che non ospiti un grillino, più o meno famoso. “La regola è semplice: Mai un terzo mandato”, ha detto Di Maio. Intanto il movimento è come una pentola che ribolle, tra gli eletti non si parla d’altro che di rielezione, di secondi e terzi mandati. A Roma i consiglieri comunali si riuniscono e rumoreggiano, minacciano un documento, una rivolta. Il sindaco di Pomezia si ricandida per la terza volta, e dice: “La regola cadrà appena riguarderà Di Maio. Vedrete. L’esperienza conta. Serve”. E ancora una volta si capisce che tutto è ritrattabile e smentibile. La ferocia della purezza si è stinta, è stata battuta, contaminata dalla realtà. E cinque anni dopo i ragazzi del 2013 sono irriconoscibili.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT