Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 18/12/2017, a pag. 13, con il titolo "Erdogan fa Trump e annuncia un’ambasciata turca a Gerusalemme (Est)", la cronaca di Marco Ansaldo.
Le dichiarazioni del dittatore turco Erdogan su Gerusalemme e contro Israele non stupiscono. Il fatto però che a farle sia un dittatore islamista che ha trasformato un Paese una volta laico in uno Stato islamizzato vicino alla Fratellanza musulmana dovrebbe aprire gli occhi a tutti.
Ecco l'articolo:
Marco Ansaldo
La turchia di Ataturk e quella di Erdogan
Quando un turco minaccia una cosa, bisogna sempre dar credito al suo proposito, che di lì a poco è sicuro seguirà. Così per Recep Tayyip Erdogan, al termine del recente vertice islamico a Istanbul convocato dopo la decisione di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Ora la Turchia, annuncia il Capo dello Stato, aprirà la propria ambasciata nella parte Est della Città santa, dando seguito per prima alla rivolta dei Paesi musulmani contro la decisione americana. « Se Allah vuole — ha detto Erdogan a Karaman, nel sud ovest dell’Anatolia, in un incontro del suo partito conservatore di ispirazione religiosa — è vicino il giorno in cui ufficialmente, con il suo permesso, apriremo lì la nostra ambasciata » . Un pizzico di retorica, forse, del resto congeniale al Sultano che sa come compiacere il proprio elettorato, ma condito di intenzioni concrete. « Il summit dell’Organizzazione dei Paesi Islamici ha già riconosciuto Gerusalemme Est capitale della Palestina. Ma non abbiamo potuto aprire la nostra ambasciata perché Gerusalemme è occupata dalle forze israeliane. Con l’aiuto di Dio ora lo faremo». Una dichiarazione che farà scalpore, anche perché in Israele le ambasciate straniere, Turchia inclusa, hanno sede a Tel Aviv proprio a causa dello status non risolto di Gerusalemme. Ed è l’ultima reazione scatenata dalla decisione del Presidente americano. Erdogan era stato il più acceso oppositore della mossa americana. Capitalizzando, da animale politico con grande fiuto, lo sviluppo che ne sarebbe arrivato. In modo fulmineo, mentre la Turchia si trovava esposta a critiche di vario tipo sul piano internazionale, il Sultano si è incuneato fra le incertezze degli arabi, mettendosi a capo della coalizione anti- Usa e convocando a casa il vertice dei Paesi islamici.
Gerusalemme, capitale d'Israele
Sotto la sua egida è uscita la dichiarazione comune del summit, che vedeva Gerusalemme Est come capitale della Palestina. La dichiarazione di ieri in Anatolia ne è un semplice corollario. Con l’oratoria già sperimentata su molti leader europei nella recente crisi per i ministri di Ankara impediti a fare comizi preelettorali in Germania, Austria, Svizzera e Francia, Erdogan si è lanciato con identica veemenza contro Trump. La sua decisione, ha ammonito, è « una disgrazia » , « una violazione del diritto internazionale » , e il Capo della Casa Bianca il «responsabile della fine del processo di pace». Aspre poi le accuse a Israele, definito uno Stato «terrorista», «killer di bambini » , « invasore » e che agisce « in totale spregio dei diritti umani » . Nel 2010 la crisi fra Turchia e Israele eruppe con forza quando le teste di cuoio israeliane attaccarono la nave Mavi Marmara andata a portare aiuti a Gaza, con un blitz costato la vita a 10 cittadini turchi: Gerusalemme disse che era stato violato il proprio spazio marittimo, i due Paesi ruppero le relazioni diplomatiche e sulla Striscia il Sultano si guadagnò il titolo di “Re di Gaza”. L’altro giorno a Konya, la città dei dervisci rotanti, in Anatolia, Erdogan ha promesso ancora: « Faremo di tutto in sede di Consiglio di Sicurezza Onu e nell’Assemblea Generale per annullare questa decisione illegale, disgrazia per l’intera regione. La Turchia si opporrà a chi si sente superiore alla legge». E ha aggiunto: « Siamo musulmani, non siamo mossi né da razzismo né da voglia di vendetta, ma solo da desiderio di giustizia » . È certo che il Sultano, adesso, proseguirà la sua nuova battaglia studiando nuove mosse.
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