Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 15/12/2017, a pag. 25 la breve "L'ingresso dell'arcivescovo Girelli, delegato del Papa per la Città Santa e la Palestina" a firma G. Ber; dall' OSSERVATORE ROMANO, il commento "La risposta dei paesi islamici a Trump".
Perché gli alti prelati cattolici, invece che avere dimora a Gerusalemme, non si trasferiscono a Ramallah oppure a Gaza? Eppure per loro è "Terra Santa" anche quella. Non sarà forse perché solo Israele, in tutto il Medio Oriente, difende i cristiani e non li perseguita, come invece accade regolarmente in tutto il mondo arabo-islamico? La Santa Sede e i suoi giornali, però, di norma evita perfino di nominare Israele, definita "Terra Santa" e Gerusalemme, "Città Santa". E' quello che avviene oggi su Avvenire. L' Osservatore Romano, invece, pubblica con un giorno di ritardo un commento sulla riunione dell'Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OCI), di cui IC ha già scritto ieri: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=29&sez=120&id=68692. E' una velina che ripete la dichiarazione di OCI, un organo composto da dittature che si presenta da sé.
Ecco gli articoli:
AVVENIRE - G. Ber.: "L'ingresso dell'arcivescovo Girelli, delegato del Papa per la Città Santa e la Palestina"
Leopoldo Girelli
Ha fatto ieri il suo ingresso solenne a Gerusalemme l'arcivescovo Leopoldo Girelli, nuovo delegato apostolico per la Città Santa e la Palestina nonché nunzio apostolico per Israele e Cipro. Il presule è giunto come da tradizione alla Porta di Jaffa da dove ha raggiunto in corteo il Santo Sepolcro; ad accoglierlo ha trovato il Custode di Terra Santa fra Francesco Patton, l'amministratore apostolico del Patriarcato latino Pierbattista Pizzaballa e i rappresentanti delle altre Chiese cristiane. Il nunzio Girelli - che fino alla sua nomina giunta in settembre era nunzio apostolico a Singapore e rappresentante pontificio non residente in Vietnam - in occasione del suo ingresso ha parlato del compito che l'attende: «Vengo a Gerusalemme con gratitudine verso il Papa - ha spiegato intervistato da TerraSantaNews - e con il desiderio di contribuire alla pacifica convivenza. Nella mia esperienza in Asia ho potuto constatare come il dialogo interreligioso sia necessario per raggiungere la pace. Credo che anche la Terra Santa possa essere un laboratorio in questo senso».
L'OSSERVATORE ROMANO: "La risposta dei paesi islamici a Trump"
La bandiera di OCI, "Organizzazione per la Cooperazione Islamica"
I leader dell'Organizzazione per la cooperazione islamica (Oci) «dichiarano Gerusalemme Est capitale della Palestina». E quanto si legge nella dichiarazione conclusiva del summit conclusosi ieri a Istanbul. Intanto, nella notte l'aviazione israeliana ha bombardato tre posizioni di Hamas nella Striscia di Gaza, in risposta ai missili lanciati ieri pomeriggio verso Israele. E restano chiusi oggi, per questioni di sicurezza, i valichi di Erez e Kerem Shalom tra Israele e Gaza. Il vertice dell'Oci è stato convocato d'urgenza dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan in seguito all'annuncio di Trump di trasferire l'ambasciata degli Stati Uniti da Tel Aviv a Gerusalemme, riconosciuta come capitale di Israele. Una decisione che l'Oci ha giudicato non solo «nulla e illegale» ma anche «un deliberato indebolimento di tutti gli sforzi di pace», in grado di dare slancio a «estremismo e terrorismo». E all'ottavo punto della dichiarazione conclusiva si legge: «Proclamiamo Gerusalemme Est capitale dello Stato di Palestina e lanciamo un appello agli altri paesi a riconoscerne la legittimità», ribadendo che l'Oci invita tutti i paesi a «riconoscere Gerusalemme Est come capitale occupata». Al vertice hanno preso parte, oltre a varie delegazioni di alto livello, molti capi di stato e di governo, come il presidente iraniano Hassan Rouhani, il re giordano Abdullah II, il presidente libanese Michel Aoun, gli emiri del Qatar e del Kuwait e i presidenti di Afghanistan e Indonesia. Erdogan, presidente della Turchia che detiene la presidenza di turno dell'Oci, ha aperto il summit descrivendo Israele come uno stato «occupante». Da parte sua, Mahmud Abbas, presidente palestinese, ha detto che non potranno esserci «nessuna pace o stabilità» in Medio oriente finché Gerusalemme non sarà riconosciuta capitale di uno stato palestinese. In merito ai raid israeliani su Gaza, questa mattina l'esercito israeliano ha spiegato che «lo stato di Israele non permetterà danni o tentativi di danneggiare i suoi cittadini e continuerà a salvaguardare la sua sovranità, ribadendo che Hamas è ritenuto responsabile «per questa situazione e per la povertà, la distruzione e la disperazione tra i cittadini della Striscia». Gli attacchi aerei sono avvenuti dopo che le milizie palestinesi hanno sparato proiettili da Gaza verso il territorio israeliano, uno dei quali è caduto in Israele senza causare danni e gli altri due sono stati intercettati. Da quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele, le milizie palestinesi hanno lanciato diversi proiettili da Gaza e l'esercito ha risposto con attacchi di rappresaglia contro obiettivi del movimento, strutture che sono state definite «per l'addestramento e il deposito di armi». Intanto, è stata rinviata la visita, inizialmente prevista dal 17 al 19 dicembre, del vicepresidente statunitense Mike Pence in Israele e nella regione. Secondo il ministero degli esteri israeliano, il viaggio è stato posticipato di qualche giorno, forse a mercoledì della prossima settimana, per «ragioni correlate alla politica interna statunitense». Ma la stampa internazionale lega il rinvio alle vicende in corso. Mahmud Abbas, che aveva un colloquio fissato con Pence, aveva infatti già annullato l'incontro.
Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare
Avvenire 02/6780510
Osservatore Romano 06/69883461
Oppure cliccare sulle e-mail sottostanti