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Italia Oggi Rassegna Stampa
13.12.2017 Berlino: l'ipocrisia di chi manifesta contro Israele
Commento di Roberto Giardina

Testata: Italia Oggi
Data: 13 dicembre 2017
Pagina: 14
Autore: Roberto Giardina
Titolo: «14 mln di tedeschi fuori dall'Est»

Da ITALIA OGGI del 13/12/2017, riprendiamo a pag.14, con il titolo "14 mln di tedeschi fuori dall'Est " il commento di Roberto Giardina.

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Roberto Giardina

Domenica a Berlino sono state bruciate le bandiere di Israele, per protesta contro la decisione di Trump di spostare l'ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. Lunedì si è inaugurata una mostra su Gerusalemme sulla sua storia millenaria fino ad oggi. Ed un'altra mostra è aperta da qualche giorno al Martin Gropius Bau (fino al 14 marzo) sul rapporto tra musulmani ebrei e cristiani. Berlino è sempre stata una città di contraddizioni. E sono più evidenti in questi giorni. La Germania, come gli altri paesi dell'Unione europea, ha criticato il presidente americano che con la sua mossa avrebbe sabotato il processo di pace. Frau Merkel e il suo ministro degli esteri, il socialdemocratico Sigmar Gabriel, hanno rilasciato dichiarazioni dure contro Trump. Ma due giornali nazionali, Die Welt e la Frankfurter Allgemeine hanno pubblicato commenti per lo più favorevoli. II terzo, la Süddeutsche Zeitung, invece è critico. II trasloco dell'ambasciata può innescare una pericolosa spirale di violenza. Ma i tre giornali, che hanno un forte peso sull'opinione pubblica, qualunque posizione sostengano, forniscono notizie, ricordano la storia con precisione. Nessuno è arrivato a scrivere, come ho letto su alcuni giornali italiani, che fino alla guerra dei sei giorni nel giugno 1967, «Gerusalemme era divisa tra Israele e Palestina». La maggioranza dei tedeschi, siano d'accordo con Trump o meno, è bene informata. Sa quale sia la situazione di fatto, senza dimenticare che alla fine della guerra, 14 milioni di tedeschi dovettero abbandonare le loro terre a est, da Königsberg, la città di Kant, a Stettino, a 140 chilometri da Berlino. Territori perduti per sempre, e che nessuno oltre 70 anni dopo si illude di poter riavere. Come è avvenuto per Fiume. «Perché in Israele dovrebbe essere diverso?» si chiede in molte lettere ai giornali. E non sono di ebrei. II diritto internazionale, ricordano alcuni, è il diritto del più forte. Dal 67 sono trascorsi 50 anni, come tornare indietro? E i berlinesi si accingono a commemorare l'attentato al mercatino di Natale del 19 dicembre (12 morti, tra cui un'italiana, e 56 feriti), compiuto dal tunisino Amri. Tutti i mercatini in Germania, circa 2.500, sono sotto sorveglianza, ma è impossibile garantire la sicurezza totale. Una festa rovinata dalla paura. «Per le strade di Berlino si risente parlare ebraico... gli ebrei tornano a vivere nella metropoli pacificamente...», scrive il settimanale Die Zeit. Gli ebrei erano poche migliaia quando cadde il muro, oggi sarebbero 20mila secondo i dati ufficiali, forse 50mila, perché molti non si registrano nella comunità. Ma l'articolo risale a oltre due anni fa. Dal settembre del 2015, dall'arrivo in pochi mesi di oltre un milione di profughi, in gran parte musulmani, e l'improvviso furore nazionalistico che ha preso parte dei quasi tre milioni di turchi residenti in Germania che hanno votato (al 67%) per Erdogan, ha cambiato la situazione. Oggi, si consiglia agli ebrei di non farsi riconoscere per strada ad evitare aggressioni. La dimostrazione del week end, con 2.500 musulmani che marciano attraverso il cuore di Berlino, contro Israele e Trump, imbarazza il governo. Tutti stigmatizzano, ma con le loro parole, la Merkel e Gabriel hanno indirettamente incoraggiato i residenti arabi e turchi a scendere in piazza. «Bisogna vergognarsi se per le strade delle città tedesche torna a mostrarsi l'odio per gli ebrei», dichiara il portavoce del governo Steffen Seibert. «Noi ci opponiamo a ogni forma dell'antisemitismo e del razzismo», ha ribadito Frau Merkel. Il ministro degli interni, Thomas de Maizière, ha aggiunto: «Noi non accettiamo che ebrei e lo Stato di Israele vengano offesi in modo vergognoso». Leggermente diversa la posizione di Sigmar Gabriel: «Nonostante ogni comprensione per le critiche alla decisione di Trump su Gerusalemme, non si può giustificare che vengano bruciate le bandiere di Israele». In realtà, una situazione più che imbarazzante per il governo tedesco. La popolare Bild Zeitung pubblica un rapporto su Der Alltag von Juden in Deurschland, la vita quotidiana degli ebrei, in estrema sintesi, si lanciano razzi contro i bambini ebrei che giocano nei kindergarten, si aggrediscono i passanti, gli studenti musulmani minacciano i compagni ebrei. David Lieberberg, un gastronomo di Francoforte, ha dichiarato: «Ho proibito a mia figlia Luna, di dieci anni, di portare al collo la stella di David...». II settimanale Der Spiegel, benché mai tenero con Trump, invita a visitare la mostra Welcome to Jerusalem (allo Judisches Museum fino al 30 aprile del 2019), per rispondere alla domanda «A chi appartiene la città?», ovviamente programmata da molti mesi. I visitatori potranno decidere con la loro testa al di là delle posizioni del governo dettate da convenienze politiche e economiche. A Berlino, almeno, è possibile.

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