Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/12/2017, a pag. 67, con il titolo "Ogni cosa è illuminata" il commento di Miriam Massone alla ricorrenza festiva di Chanukkah.
Miriam Massone Claudia De Benedetti
Quando si spegne il sole, si accendono le grandi lampade di Chanukkah, che fanno dialogare le fedi. Cominceranno a brillare al tramonto di quello che per il calendario ebraico è il 24 kislev 5778, alias martedì 12 dicembre. Luce alla vigilia della festa cristiana di Santa Lucia, protettrice della vista Una coincidenza che rafforza il legame interreligioso (l'anno scorso cadeva a Natale). Parafrasando il romanziere ebreo-americano Foer, «Ogni cosa è illuminata». E ogni cosa ha senso e significato, specie per l'ebraismo, dove anche il cibo èun rito, con i piatti kosher che educano raccontando, attraverso 613 precetti, storie di sacrifici o gratitudini per la sopravvivenza della comunità ebraica. Storia e ricorrenza «Chanukkah ricorda gli avvenimenti che si svolsero in terra d'Israele tra il 165 e il 168 dell'era volgare - spiega Claudia De Benedetti, presidente dell'Agenzia Ebraica per Israele (Sochnut Italia) -: Antioco IV Epifane aveva trasformato il Tempio di Gerusalemme in un luogo di culto pagano». Prova, tra l'altro, che la città- oggi al centro di un incendio politico innescato dall'«investitura» del presidente Trump a «capitale d'Israle» - in realtà «da sempre è stata centro del pensiero e dell'identità ebraica: all'epoca i Maccabi insorsero contro il sovrano greco Antioco e, pochi contro molti, riuscirono a vincere e riconsacrare il Tempo». E Davide che batte Golia. Riscatto e rinascita di un popolo. Ma perché le luci? Dopo la riconquista di Gerusalemme, il Tempio andava ripulito, e le luci del candelabro riaccese. Le candele avrebbero dovuto ardere per otto giorni di fila, alimentate da olio di oliva purissimo (quello ottenuto dalla prima spremitura), ma si trovò solo un'ampolla con l'olio sufficiente per un giorno appena. Eppure, incredibilmente (anzi, miracolosamente) quel poco resistette per una settimana, al termine della quale fu possibile riaprire il Tempio: «Chanukkah vuol dire proprio questo, inaugurazione». Ecco perché il candelabro a nove bracci e le candele (la nona serve ad accendere le altre). Ed ecco perché la festa contempla anche leccornie rigorosamente fritte nell'olio come i bomboloni, «sufganiot». E poi «latkes» e «blintzes», simili a pancakes e crepes. E i giochi: «I bambini fanno ruotare una speciale trottola di legno (dreidel o sevivon) con quattro facce sulle quali ci sono le lettere dell'alfabeto ebraico, che assieme formano le iniziali della frase "Un grande miracolo è accaduto qui"» dice De Benedetti Vuol dire che comunque (e ovunque) la si guardi c'è sempre un messaggio positivo «antico e attuale, universale e di luce: Chanukkah ricorda persone che seppero preservare e tramandare la propria fede». Martedì, al crepuscolo dunque, le tre comunità piemontesi di Torino, Vercelli e Casale Monferrato (un migliaio di iscritti, in tutto) daranno vita alla prima accensione davanti alle Sinagoghe. Il rito si compie. A Torino, in piazzetta Levi. Ogni giorno si accenderà una luce in più, a partire dal lato destro della lampada, che illuminerà per almeno mezzora. Cosi per otto sere, fino a martedì.
II museo dei lumi
Casale, come da tradizione, ha scelto il cortile delle Api, attiguo alla Sinagoga per accogliere, con i fedeli, gli appassionati e i curiosi, anche i rappresentanti delle religioni monoteiste sul territorio, domenica 17, a partire dalle 16. Agli ebrei la capitale del Monferrato è particolarmente cara, perché sede della Sinagoga più antica del Piemonte e di una collezione di lumi unica al mondo, 180 che diventeranno 208 quest'anno grazie all'arrivo di 28 nuovi pezzi da Mantova. Alla guida della comunità casalese, lo stesso carismatico presidente da più di mezzo secolo, Giorgio Ottolenghi, classe 1923, che ha visto nascere il museo (inserito nella carta Abbonamenti Musei) 23 anni fa. Casale aveva già alcune lampade realizzate da Elio Carmi, mentre l'artista Emanuele Luzzati stava creando un'opera simile in ceramica da regalare alla comunità. Da qui, l'idea di una raccolta di Chanukkiot d'arte contemporanea: ce ne sono, tra gli altri, di Nespolo, Colombotto Rosso e Pomodoro. Diciottomila visitatori l'anno «i due terzi sono ragazzi, arrivano anche dagli Usa, da Israele, e nell'ultimo periodo dalla Russia».
II messaggio di apertura
Apertura e coinvolgimento fanno parte del dna del popolo ebraico, ma non è sedurre nè convertire, l'obiettivo: «Non conosciamo il proselitismo, non ci appartiene, a noi interessa far comprendere chi siamo, la nostra spiritualità, la nostra identità» spiega De Benedetti. È anche il senso della festa condivisa di Chanukkah. «Haneròt hallàlu», si recita tutti assieme davanti alla luce: «Questi lumi sono sacri e non ci è permesso di servircene ma solo di guardarli..».
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