La notizia è gravissima, ma per ora non ha destato l'attenzione che meritava. Si distinguono oggi 09/12/2017, Il FOGLIO a pag.3 e CORRIERE della SERA a pag.5. L'Italia, membro del Consiglio di Sicurezza non solo ha votato contro Trump, ma pare sia stata fra i più decisi, influenzando gli altri rappresentanti.
Ci risiamo, Gentiloni/Alfano/Renzi hanno qualcosa da dirci? anticipiamo che sarà difficile credergli, ripetere che 'è stata una svista' sarebbe una presa in giro.
Corriere della Sera- Giuseppe Sarcina:" Non siamo d'accordo con Trump. L'Italia con gli europei, strappo all'Onu"
Lo strappo, ora, è un atto politico ufficiale e vistoso. Gli ambasciatori all'Onu di Francia, Italia, Gran Bretagna, Svezia e Germania hanno letto una dichiarazione comune davanti ai giornalisti dopo la riunione del Consiglio di Sicurezza: «Non siamo d'accordo con la decisione Usa di riconoscere Gerusalemme come la capitale di Israele e di cominciare la preparazione per spostare l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme». L'iniziativa è partita dalla rappresentanza francese che ha contattato Sebastiano Cardi e gli altri capi delle missioni europee presenti in questo momento nell'organo esecutivo delle Nazioni Unite. Al gruppo dei quattro (britannici e francesi sono membri permanenti) si è unita la Germania. Pur se ammantata nel linguaggio diplomatico, il documento è pesante. La mossa di Donald Trump «non è in linea con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza e non aiuta le prospettive di pace nella regione». In sostanza il blocco europeo accusa gli americani di violare le direttive concordate a livello mondiale. «Lo status di Gerusalemme — è scritto — deve essere determinato attraverso i negoziati tra israeliani e palestinesi. È una posizione costante dei Paesi dell'Unione Europea che, in questo quadro, Gerusalemme dovrebbe essere la capitale sia dello Stato di Israele che di quello palestinese. Fino a quel momento, noi non riconosceremo alcuna sovranità su Gerusalemme». In apertura della riunione l'ambasciatrice americana, Nikki Haley, è stata durissima, accusando «l'Onu di essere ostile da molti anni a Israele». La decisione di riconoscere la Città Santa come capitale è «ovvia», mentre «le Nazioni Unite hanno fatto più danno alle possibilità di una pace in Medio Oriente, anziché farla progredire». Il quadro internazionale della crisi, ora, si è complicato. Il Dipartimento di Stato, al di là delle ruvide parole di Haley sta cercando di spezzare l'isolamento. Ma il presidente palestinese Abu Mazen, non ritiene più «qualificati» gli Usa per «occuparsi del processo di pace». La Russia cerca spazio, offrendosi come mediatrice. L'Unione Europea si sta compattando. Con qualche difficoltà a Bruxelles. Federica Mogherini, Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri, sta lavorando a un documento simile a quello firmato dai 5 europei al Palazzo di Vetro. Ma ci risulta che nell'incontro preparatorio del Cops, il Comitato politico e di sicurezza, la discussione sia stata bloccata dall'Ungheria. Il premier Vicktor Orban si conferma grande estimatore di Trump e, almeno per ora, impedisce all'Ue di prendere una posizione unitaria sul tema. Negli Usa, invece, la strategia di Trump non ha diviso politici e opinione pubblica come ormai accade su tutti gli altri dossier. Osserva David Makovsky, analista del Washington Institute e, nel 2009 coautore con Dennis Ross (ex consigliere di John Kerry) di un best seller sul Medio Oriente («Miti, Illusioni e Pace...», Viking/Penguin): «Parte del problema è nato perché Trump non ha preavvertito per tempo gli attori più coinvolti. Inoltre la comunicazione poteva essere molto migliore. Se si analizza bene il messaggio si vede che gli Usa mantengono aperta la questione dei confini tra Israele e Palestina. Penso che la Casa Bianca abbia spazio per spiegarsi meglio. Dovrebbe farlo subito con un grande sforzo rivolto soprattutto alla popolazione del Medio Oriente che segue con la tv satellitare gli "speech" del presidente»
Il Foglio- Editoriale: "L'intifada dell'Onu contro Israele"
Nikki Haley
Níkkí Haley, la combattiva ambasciatrice americana all'Onu, ha detto quello che ai frequentatori del Palazzo di Vetro non piace sentire, e cioè che le Nazioni Unite hanno "fatto molto di più per danneggiare le prospettive di pace in medio oriente anziché farle avanzare". Ha anche aggiunto che gli Stati Uniti non staranno più zitti mentre l'Intifada in guanti bianchi attaccherà in quella sede Israele né si siederanno più allo stesso tavolo con quei paesi che non hanno alcuna credibilità nel trattare le questioni che riguardano israeliani e palestinesi. Un discorso serio e di buon senso. La reazione, annunciata e temuta, non s'è fatta attendere e la vecchia Europa, anziché intestarsi una battaglia di civiltà per fare di Gerusalemme, capitale d'Israele, una città aperta a tutti e internazionale, ha scelto la strada dell'Intifada politica, fatta di documenti di condanna aperti alla firma di chi ci vuole stare. Proponente è la Francia, che ha scritto la bolla anti israeliana ("we disagree", si legge nella prima riga) e subito a essa si è allineata l'Italia che ancora per poco siederà nel Consiglio di sicurezza. Contro Israele si sono schierati, nella migliore tradizione europea, anche la Svezia e il Regno Unito. Tutti uniti nella condanna di Israele e della decisione del Congresso americano di due decenni fa poi messa in pratica da Donald Trump. Dopo il boicottaggio, le bizzose delibere dell'Unesco e le roboanti dichiarazioni antistoriche, ecco concretizzarsi un atto diplomatico di rara e grave irresponsabilità. Una scelta della quale non si sentiva proprio la mancanza.
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