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Trump e Gerusalemme 08/12/2017

Gentilissima Signora Fait, ho appena letto, su Times of Israel, il testo integrale del discorso con cui Trump ha annunciato il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele ed il trasferimento dell’ambasciata (in tempi apparentemente non brevissimi). Ho notato che il discorso espressamente dichiara di non prender posizione sugli “esatti confini/limiti territoriali della sovranità israeliana su Gerusalemme” e sui “confini contestati/oggetto di disputa”, lasciando “tali questioni” “alle parti interessate”. Il che, da un lato, forse è meno di quanto una parte degli israeliani desiderasse, ma, dall’altro, toglie ogni alibi ai palestinesi. Perché, se la rivendicazione concerne uno Stato palestinese con capitale a ‘Gerusalemme Est’, potrà trovare l’opposizione di Israele (più oggi che nel 2000: vent’anni di terrorismo in pendenza di trattative non possono restare senza conseguenze), ma non trova ostacolo in una dichiarazione americana che, in sostanza, invita le parti a tracciare un confine di comune accordo. Se, invece, insistono nel dichiararsi ingiustamente danneggiati dalla decisione di Trump, sarà lecito chiedersi se non ambiscano a qualcosa (o molto) di più di ‘Gerusalemme Est’. Visto il tenore della dichiarazione, mi auguro che l’Occidente sostenga la posizione americana e cominci a far intendere, con gentile fermezza, ai palestinesi che è loro interesse trattare in buona fede con Israele e dar prova di poter diventare dei buoni vicini. E che il Cielo ce la mandi buona! Con i più cordiali saluti,

Annalisa Ferramosca

Gentile Annalisa,
Lei ha perfettamente ragione. Trump ha lasciato una grande apertura quindi, se i palestinesi fossero intelligenti, prenderebbero le parole del presidente in seria considerazione. Temo che non lo faranno e perderanno anche questa occasione. Che ambiscano a qualcosa di più e di diverso lo hanno dimostrato negli anni in cui hanno sempre rifiutato ogni tipo di accordo. Nel 2000 Ehud Barak, a Washington e alla presenza di Clinton, aveva offerto loro Gerusalemme est come capitale di una futura Palestina. Arafat non solo aveva rifiutato sprezzantemente ma aveva lasciato il tavolo delle trattative tornando a Gaza per dare inizio alla seconda intifada che fece migliaia di vittime da entrambe le parti. Adesso aspettiamo che si calmino le acque e poi vedremo come andranno le cose. Un cordiale Shalom


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