Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 02/12/2017, a pag.3, l'editoriale dal titolo "Gerusalemme capitale"
Che Donald Trump non fosse un professionista della politica era un fatto scontato, ma proprio per questo induceva a sperare nella sua capacità di cambiare la sciagurata politica estera di Obama. Purtroppo l'essere fuori dal giro di Washington gli ha impedito di scegliere i consiglieri giusti. Da qui l'alto numero di nominati/revocati che ha contraddistinto il suo primo anno di presidenza, per la gioia dei suoi detrattori. Impiegare un anno per trovare i collaboratori giusti è francamente troppo, purtroppo dobbiamo attendere altri errori nel campo diplomatico.
Sarà la volta buona?
L'America sarà in grado di gestire gli effetti del suo abbraccio a Israele? L'Amministrazione Trump annuncerà mercoledì che Gerusalemme è la capitale di Israele. Da qualche tempo si parla di questa volontà americana, ora la decisione sembra presa ed è un segnale molto potente nei confronti di Israele, che negli ultimi anni si è sentito trascurato (eufemismo) dagli Stati Uniti di Obama e che ora si trova a gestire l'altalena politica di Washington, mentre attorno tutto sta cambiando.
L'Iran è arrivato alla soglia di Israele approfittando della crisi siriana, il Libano è politicamente instabile e probabile terreno di scontro della grande guerra tra Teheran e Riad, i palestinesi di Hamas e Fatah hanno siglato un accordo di collaborazione che ancora deve prendere forma, il Sinai è appena stato colpito da una strage jihadista.
La decisione americana di dichiarare Gerusalemme capitale è destinata ad agitare ulteriormente la regione, pure se, in questo momento, i sauditi e gli egiziani potrebbero decidere di non reagire, aiutando di fatto gli americani.
Ma il problema è a Washington: manca un'azione diplomatica, e non si tratta soltanto di irrilevanza teorica. Il dipartimento di stato non esiste più, il suo capo, Rex Tillerson, è sfiduciato e da mesi non fa nulla che poi non venga smentito dal presidente. E' cosi che una mossa forte da parte di Trump può trasformarsi in un'instabilità ingestibile, e con quel che sta accadendo attorno al Russiagate rischia di apparire pure come un diversivo.
Per inviare la propria opinione al Foglio, telefonare: 06/589090, oppure cliccare sulla e-mail sottostante