Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 301/2017, a pag.13 con il titolo "Kim festeggia il super missile: 'Possiamo colpire Washington' ", la cronaca di Francesco Radicioni.
La Corea del Nord ha realizzato la sua «grande impresa storica», diventando una potenza nucleare in grado di colpire «l’intero territorio degli Stati Uniti». In mattinata la televisione di Stato di Pyongyang conferma quello che le intelligence delle capitali dell’Asia nordorientale e degli Usa sospettano da ore. Fin da quando, nella notte tra martedì e mercoledì, la Corea del Nord ha interrotto due mesi di relativa calma, lanciando nel Mar del Giappone l’ennesimo missile balistico. Ri Chun-hee, storica presentatrice della televisione di Pyongyang, usa la consueta enfasi per descrivere lo sviluppo del Hwasong-15, l’ultimo e «il più potente» fra i missili balistici intercontinentali (Icbm) nordcoreani. Poi snocciola i dati tecnici. Il vettore è rimasto in volo per 53 minuti, ha percorso quasi mille chilometri e raggiunto l’apogeo della propria parabola a un’altezza di 4.475 chilometri. Stando alle proiezioni, significa che - con la giusta inclinazione - il missile avrebbe potuto raggiungere un obiettivo posto a 13 mila chilometri di distanza dalla Corea del Nord. Nel mirino ci sarebbero tutte le città degli Stati Uniti, compresa Washington. Una gittata più ampia rispetto ai due precedenti Icbm - tipologia Hwasong-14 - che la Corea del Nord aveva testato a luglio. La minaccia è tale che alle Hawaii hanno rimesso in funzione il sistema di allarme anti-atomico usato all’epoca della Guerra Fredda.
Tra gli analisti rimangono però dubbi se Pyongyang abbia le capacità di miniaturizzare un ordigno nucleare per poterlo installare sulla testata di un missile, così come non esistono prove che una volta rientrati nell’atmosfera gli Icbm di Pyongyang non si disintegrino. Quel che è certo è che il programma nucleare e missilistico della Corea del Nord va avanti. L’agenzia del regime ha ribadito che l’obiettivo è solo quello di difendere «la sovranità e l’integrità» della Corea del Nord «dai ricatti imperialisti degli Stati Uniti». Kim Jong-un è persino sembrato porgere un ramoscello d’ulivo. «Come potenza nucleare responsabile e Paese che ama la pace - si leggeva nel dispaccio della Kcna - faremo ogni sforzo possibile per difendere la stabilità e la pace del mondo». Parole che secondo alcuni analisti potrebbero essere la dimostrazione che a questo punto Kim Jong-un sia disposto ad aprire alla diplomazia. Ora Pyongyang vanta di aver completato il programma nucleare e missilistico, il che consente al regime di tornare al tavolo dei negoziati da una posizione di forza.
Le reazioni dell’amministrazione Usa sono arrivate subito. Donald Trump - che a caldo aveva commentato con un laconico «ce ne occuperemo» - ha annunciato nuove sanzioni al telefono con il leader cinese Xi Jinping ed è tornato a chiedere a Pechino di usare «tutte le leve possibili» per fermare le provocazioni di Pyongyang. Ma non è tutto. L’idea che sta prendendo piede alla Casa Bianca è quella di un blocco navale, come avvenne con Cuba nel 1962. Questa volta Pentagono e Dipartimento di Stato sarebbero d’accordo. In ogni caso il segretario di Stato Rex Tillerson dice che «per ora» le opzioni diplomatiche rimangono «aperte». Unanime è stata la condanna delle capitali dell’Asia orientale. Nel corso di una telefonata, anche i leader di Corea del Sud e Giappone hanno concordato di «rafforzare la pressione e le sanzioni» su Pyongyang. Sanzioni che però non sono arrivate sul tavolo dei Grandi all’Onu dove nella notte italiana si è riunito il Consiglio di Sicurezza su richiesta nipponica. «Forte condanna» del test è stata espressa dalla Cina, Pechino ha però ribadito che la denuclearizzazione della penisola deve essere raggiunta «attraverso dialogo e negoziati».
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