Riprendiamo dal FOGLIO del 29/11/2017, a pag. III, la recensione a "Il personalismo musulmano", di Alessandro Litta Modignani.
Alessandro Litta Modignani
Esiste un personalismo musulmano? Esiste cioè, nella teologia islamica, un elemento costitutivo e fondante, non secondario, che tuteli in modo forte e decisivo non solo la libertà dell’individuo, ma anche l’autonomia della persona – di ogni persona, uomo o donna, ricco o schiavo – la sua complessità, in rapporto agli altri esseri umani, alla società, alle istituzioni pubbliche, alla religione stessa…? Il teologo marocchino Mohammed Aziz Lahbabi (1923-1993) sostiene di sì. Lahbabi esperisce il tentativo di accreditare una visione umanistica dell’islam, proponendo il Corano in chiave filosofica e sottolineando positivamente la “rinasci - ta islamica” dell’800-900. Questa operazione, che è insieme filosofico-teologica e storico-politica, non deve essere sottovalutata, e sicuramente a Jaca Book va il merito di avere inaugurato, con questo volume, la nuova collana “Nell’Islam”, volta a una conoscenza più argomentata e meno parodistica della dottrina musulmana.
Ciò premesso, occorre affermare che le argomentazioni di Lahbabi non appaiono convincenti. La citazione coranica “Non c’è costrizione in religione” viene riproposta del tutto avulsa da qualsiasi riscontro storico e fattuale. Nell’islam, scrive Lahbabi, “l’ambito metafisico, il sociale e il morale si ordinano in una visione teocentrica (…) Vi è qui un reale che non si afferra con l’intelligenza, un reale non costruito (…) La parola, il ragionamento possono solo suggerire, non conoscere le realtà metafisiche, quali l’esistenza di Dio e l’essenza della fede”. Molte enunciazioni apodittiche e citazioni dei testi sacri, nel volume, sembrano chiudere o vanificare ogni tentativo di argomentazione filosofica. Infatti Lahbabi sostiene che quello musulmano è “un Cogito in qualche modo rovesciato”. Egli paventa il rischio di una società umana “gravemente tentata da un personalismo puramente prometeico”, mentre “nell’islam Dio è persona: vuole dire che Egli è vivente, indipendente, creante; che parla agli uomini. Che niente Gli somiglia. Egli è perfezione assoluta; Egli sussiste di per sé”. L’autore stesso riconosce che “caratteriz - za fortemente l’islam una certa tendenza al totalitarismo, all’unicità (…) Nell’islam non c’è nessun clero, né la distinzione tra religioso e laico: l’islam è totalitario, è cioè una religione sacrale nel senso che è indivisibilmente fede, pratica religiosa e comunità temporale”.
Di conseguenza, rispetto allo stato moderno, Lahbabi dichiara di prediligere il Califfato. Lo stato infatti spersonalizza i popoli e distrugge l’autonomia degli individui, “al contrario, il Califfo non è investito da alcuna forza particolare: egli è il luogotenente di Dio, tanto che si sottomette alla Legge del Corano e della Sunna”. Nella prefazione, Massimo Campanini denuncia l’egemonia culturale di filosofi contemporanei che, anche se nati in famiglie musulmane, sono “pressoché esclusivamente secolaristi, per di più, anzi, diventati, spesso accanitamente, anti islamici o islamofobi”, mentre questo libro di Lahbabi sarebbe “un passo coraggioso sulla via della islamizzazione della modernità”. Chi invece sogna una modernizzazione dell’islam, deve attendere.
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