Riprendiamo da MILANO FINANZA di oggi, 28/11/2017, a pag. 4, con il titolo "Iran, un hub per la connettività. Ma manca l'accordo Roma-Teheran", il commento di Mariangela Pira.
Tutto l'articolo sostiene senza freni gli accordi delle aziende italiane con il regime degli ayatollah. Come i pezzi che IC ha spesso ripreso dal Sole 24 Ore, anche in questo caso non si fa cenno alla sistematica violazione dei diritti umani ad opera del clero sciita e del regime di Teheran. Un pezzo all'insegna della massima "Business is business".
Ecco l'articolo:
Rafforzare la partnership tra l' Italia e l'Iran e superare la fase di stallo che esiste da oltre un anno, dovuta alla mancanza di un accordo finanziario tra i due governi. Si è discusso di questo nel corso dell'Iran Italy Summit, organizzato da the The European House Ambrosetti, di fronte a 170 partecipanti (40 gli iraniani, compresa una delegazione parlamentare). Sul fronte energetico le immense potenzialità di gas naturale e in seconda battuta di petrolio dell'Iran sono essenzialmente dirette all'uso domestico. Solo recentemente il ritorno dell'Iran sul mercato dell'esportazione (4-5 milioni di barili al giorno) ha confermato la potenzialità del Paese, che punta a diventare un produttore di elettricità regionale. «Per esempio», ha spiegato Matteo Marini, presidente Abb Italy, «scegliendo un mix energetico sostenibile con uso di gas, idroelettrico e tecnologie rinnovabili, fotovoltaico prevalentemente, con contenuto tecnologico medio e sostenibile dall'industria locale». Si potrebbero poi ipotizzare collegamenti con i Paesi più vicini (il Turkmenistan o l'Azerbaijian, ad esempio, preferirebbero collegamenti con l'Iran che create generazione in proprio).
Missili iraniani di lunga gittata
L'Iran si trova inoltre in una posizione ideale anche nel disegno cinese della Nuova Via della Seta. Su questi fronti, coi come sulla manifattura o sul retail, l'Italia potrebbe aiutare il Paese a migliorarsi. L'Italia ha molto da dire in termini di tecnologie perla produzione, trasmissione e distribuzione di energia elettrica. Trovare un giusto bilanciamento tra il desiderio di chi esporta di accedere al mercato iraniano e di chi riceve (Iran) di dotarsi di tecnologie tout-court, in particolare per l'esportazione, è la vera sfida. Un percorso di joint venture pare quello più ovvio e gli accordi che a ora sono stati firmati (e che attendono di essere concretizzati), sotto la veste di memorandum of understanding, sono pari a circa 30 miliardi di euro. «Penso che l'accordo finanziario tra i due paesi sia a portata di mano», spiega Ignazio Moncada, presidente di Ida Capital, «e contribuire a superare l'attuale situazione di stallo che penalizza i contratti coperti con garanzie iraniane». «Escluderei che società come Eni vogliano correre il rischio di potenziali sanzioni o black-listing da parte degli Usa, se evidentemente impegnate con Teheran», precisa un ospite del Summit, che preferisce restare anonimo. «Forse solo atteggiamenti attendisti e flessibili, alla cinese, potrebbero pagare», prosegue. Il governo italiano, per far partire le intese già siglate, ha scelto Invitalia, garantendole un fondo da 120 milioni di euro, decisione ora al vaglio del Senato.
Nonostante le potenzialità nelle relazioni commerciali tra i due Paesi resta lo scoglio americano che potrebbe obbligare molte imprese europee esposte verso gli Usa a faticosi passi indietro. «Sono numerose le ragioni del dietrofront di Trump rispetto all'accordo firmato da Obama, ma una delle più importanti è che farebbe di tutto pur di contrastare i risultati di chi l'ha preceduto», spiega Paolo Magri, direttore di Ispi. Le polarizzazioni geopolitiche (Arabia Saudita e Israele in prima linea con gli Usa) contrarie a Teheran non facilitano la concretizzazione di accordi presi in precedenza, a partire dai memorandum of understanding firmati dall'Italia. «Una negoziazione tra Europa e Usa per evitare ogni possibile rappresaglia contro le banche europee è urgente e necessaria», aggiunge Moncada. «Per aiutare le nostre imprese è importante mantenere buone relazioni tra Ue e Iran», precisa il sottosegretario agli esteri Benedetto della Vedova, «stiamo lavorando per evitare che incorrano in rischi finanziari». A ora le aziende italiane per proteggersi dal rischio Paese hanno tre possibilità, che riguardano solo progetti di piccola entità: vengono pagate in anticipo e in contanti dagli iraniani; vengono pagate tramite Paesi partner dell'Iran come la Cina o la Turchia; trovano banche disponibili (e che non temono le sanzioni americane) a finanziamenti di breve termine. Un esempio di banca coraggiosa è la Popolare di Sondrio, cui si rivolgono anche i cugini francesi.
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