Karl Lagerfeld e l’antisemitismo musulmano in Germania
Commento di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Karl Lagerfeld
In quale misura il famoso creatore di moda Karl Lagerfeld ha detto la verità quando ha attaccato la Cancelliera tedesca Angela Merkel durante la trasmissione “Ciao terrestri”, in onda sul canale C8 l’11 novembre, per la sua politica dei confini aperti ai rifugiati?
Ha dichiarato – anche se da quegli avvenimenti sono trascorsi decenni - che non si possono uccidere milioni di ebrei per poi sostituirli con i loro peggiori nemici.
Ha poi aggiunto “ un mio conoscente tedesco ha ospitato nella propria casa un giovane rifugiato siriano, il quale dopo alcuni giorni gli ha detto ‘l’invenzione più grande della Germania è stata la Shoah’. Il giovane è stato invitato ad andarsene.
Lagerfeld ha ricordato come Merkel aveva già accolto milioni di rifugiati, che si sono bene integrati, che bisogno aveva di accoglierne un altro milione “ per migliorare la sua immagine di matrigna cattiva, a causa della crisi in Grecia”.
La dichiarazione di Lagerfeld si può riassumere come veritiera nel suo insieme, anche se parzialmente distorta.
L’aspetto più significativo – in aggiunta al comportamento criminale della Germania durante la Shoah – è aver accolto in Germania un numero enorme di musulmani soprattutto da paesi arabi, in maggioranza antisemiti. L’affermazione distorta è quella che vede già bene integrati in Germania milioni di immigranti. Fra loro un numero rilevante rifiuta l’integrazione, come è probabilmente alta fra loro la percentuale di antisemiti.
La situazione in Germania, sotto questo aspetto, non è drammaticamente diversa da altri paesi europei, la Francia per esempio.
A metà novembre è stata pubblicata una indagine sull’antisemitismo su internet nella regione di Hessen. È risultato che gli antisemiti dell’estrema destra e i musulmani erano in cima alla lista con la stessa percentuale. Questo malgrado siano minoranze tra la popolazione tedesca. La dichiarazione di Lagerfeld ne esce rafforzata. Molti media si sono limitati a citare soltanto le parole di Lagerfeld. Avrebbero avuto difficoltà a commentare l’indagine senza ammettere quanto l’antisemitismo musulmano è diffuso in Europa, con posizioni estremiste, violente e qualche volta mortali.
In questo secolo sono musulmani gli assassini di ebrei uccisi in Europa per motivi ideologici . Ammetterlo viene considerato ‘ politicamente scorretto’ da chi si dichiara ‘progressista’. Negarlo, discutendo le affermazioni di Lagerfeld, avrebbe rivelato in pieno il tentativo di nascondere l’odio dei media.
Ciò malgrado, alcuni giornali hanno attaccato Lagerfeld mentre hanno ignorato o minimizzato l’antisemitismo musulmano. Tra questi il New York Times, che ha usato lo stile della stampa scandalistica, inserendolo nella sezione dedicata alla moda. La giornalista Valeriya Safronova, ha scritto “ Karl Lagerfled, il direttore creativo di Chanel e Fendi, è noto per i suoi commenti indiscreti e offensivi”, citando però dichiarazioni che non avevano nessuna attinenza con l’antisemitismo musulmano e l’immigrazione di musulmani in Germania.
Il sito di contro-informazione Camera ha negli anno pubblicato centinaia se non migliaia di esempi del New York Times contenenti pregiudizi e manipolazioni. A questa collezione va inserito il pezzo della Safranova. Un media americano meno noto, Salon, un sito web di sinistra con notizie e dibattiti, ha attaccato Lagerfeld, sottovalutando l’antisemitismo musulmano in Germania. Il responsabile della sezione culturale ha usato più di mille parole per chiedere che Lagerfeld venisse condannato per le sue dichiarazioni in quanto islamofobo.
Ma il manipolatore più grande di questa storia è probabilmente Marc Sterzenbach, giornalista della TV privata RTL sul suo giornale Exclusiv, dove ha scritto “ Chanel è nelle mani di una famiglia di ebrei, i Wertheimers”. Il quotidiano tedesco Die Welt ha scritto che RTL ha usato un classico cliché antisemita, la “cospirazione mondiale ebraica” Per chi non ne avesse capito il significato, lo scrittore ebreo Henryk Broder l’ha spiegato sempre sullo stesso giornale: “ Questo servizio della RTL, che si occupa di problemi e di pettegolezzi delle celebrità, mai prima d’ora aveva citato a quali religioni appartenessero, né citato quali famiglie fossero proprietarie delle aziende per le quali lavorano le celebrità citate. Inoltre ci sono ben poche ditte di moda e cosmetici “in mano agli ebrei” che siano state segnalate da RTL, non interessando la cosa a nessuno.
Dopo le critiche ricevute, RTL si è scusata, ammettendo la mancanza di “sensibilità semantica”, e la scelta delle parole “ in nessun modo rifletteva il pensiero dell’autore e naturalmente dell’azienda”.
Il miglior commento è forse uscito sul quotidiano austriaco Wiener Zeitung, scritto da Christian Ortner, con il titolo ‘ Può la verità essere un incitamento?’ “ SI può ancora vivere, anche se a mala pena, con il fatto che ha portato con sè costi elevati, più problemi sociali e profonda ostilità verso le donne. Ammettere che ha anche causato antisemitismo è insopportabile in Austria e Germania. Tanto più se è vero”.
Centinaia di persone si sono lamentate alla francese Supervisory Authority of Media (CSA)per le dichiarazioni di Lagerfeld; adesso ha nelle proprie mani questa patata bollente, per cui se non cita il rilevante antisemitismo musulmano, conferma la giustezza delle critiche. La CSA ha tuttavia tutto il tempo per pensare cosa dirà, in quanto ha un enorme arretrato di lamentele su altre trasmissioni.
Manfred Gerstenfeld è stato insignito del “Lifetime Achievement Award” dal Journal for the Study of Antisemitism, e dall’ International Leadership Award dal Simon Wiesenthal Center. Ha diretto per 12 anni il Jerusalem Center for Public Affairs.
Collabora con Informazione Corretta