Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/11/2017, a pag.14, con il titolo "Dopo la strage alla moschea dei sufi Al-Sisi cerca nuovi alleati nel Sinai", l'analisi di Giordano Stabile
Giordano Stabile
I morti sono saliti a 305, trenta bambini, nella più grave strage islamista da decenni, in Egitto. Un terzo della popolazione maschile della frazione di Al-Rawda è stato massacrato. La responsabilità dell'Isis, anche se tarda la rivendicazione ufficiale, è sicura. Testimoni sentiti dagli investigatori hanno detto di aver visto i terroristi sventolare le bandiere nere e gridare «Non c'è altro dio all'infuori di Allah». Una dichiarazione di fede che era anche una condanna a morte per i sufi, accusati di politeismo a causa del loro culto dei santi. Altri gruppi terroristici, a cominciare da Al-Qaeda, hanno preso le distanze dall'eccidio. II giorno dopo ha portato nuovi elementi. I terroristi hanno ingannato le forze di sicurezza perché indossavano uniformi militari. La moschea di Al-Rawda era stata minacciata più volte, l'ultima la scorsa settimana. In un edificio di fronte i sufi si riunivano per i loro riti, ma di recente avevano deciso di rinunciare. La preghiera di venerdl aveva però assunto, agli occhi dei jihadisti, una sfumatura blasfema perché apriva dal settimana del Mauled al-Nabi, il «compleanno di Maometto», una ricorrenza sempre più sentita nella masse musulmane, e in particolare fra i sufi. Per la corrente salafita si avvicina invece al «politeismo», poiché celebra il Profeta come «fosse un dio». I terroristi, fra i trenta e i quaranta, hanno cercato di bloccare tutte le via d'accesso al villaggio, poco più di duemila abitanti, una delle sei frazioni del comune di Bir el-Abed. Il massacro prevedeva l'eliminazione di tutti i maschi, bambini compresi. Un salto di qualità negli attacchi dell'Isis che ha portato le autorità del Cairo a elevare al massimo lo stato di allerta. Misure rafforzate sono state prese attorno a «luoghi di culto, commissariati, luoghi di raduno, cinema, teatri, ministeri». Il timore è che i terroristi possano tentare di raddoppiare, magari colpendo questa volta una chiesa, come nel passato. La vendetta di Al-Sisi Il ministero dell'Interno ha però cercato anche di rassicurare. In un comunicato ha sottolineato come l'Isis controlli in realtà solo «30 chilometri quadrati del Sinai, appena lo 0,003 per cento del territorio egiziano». I jihadisti hanno colpito la moschea «perché subiscono la pressione delle forze di sicurezza» e hanno dovuto scegliere un bersaglio «più facile». Il presidente Abdel Fatah 305 morti L'ultimo bilancio dell'attacco alla moschea dei sufi ha portato il numero dei morti a oltre trecento. Tra loro anche 30 bambini Al-Sisi, nel discorso tv nella tarda serata di venerdì, ha sottolineato che l'eccidio puntava «a fermare i nostri sforzi per battere il terrorismo» ma che «le forze armate vendicheranno i nostri martiri e ristabiliranno la sicurezza con forza implacabile». Nei raid seguiti subito dopo «almeno 15 terroristi» sono stati uccisi e numerosi «depositi di armi» e mezzi sono stati distrutti. Ma il raiss egiziano punta a un'operazione molto più ampia e in profondità. Ci sono stati contatti con il governo e le forze armate israeliane per ottenere nuove deroghe agli accordi di Camp David, che regolano la presenza militare egiziana nel Sinai, per poter inviare migliaia di uomini in più. In realtà l'area grigia dove opera l'Isis nella penisola si estende per circa 6 mila chilometri quadrati. Il Cairo sta anche cercando di portare dalla sua parte le tribù Tarabin e Sawarka. Con i primi l'Isis ha avuto screzi per il contrabbando di sigarette, che vorrebbe proibire. Alcuni clan sono passati con il governo e hanno allestito check-point nella zona di Rafah. I Sawarka erano fmora in gran parte dalla parte degli islamisti. Ma molte delle vittime di venerdl appartengono alla loro tribù. E ora potrebbero cambiare campo. Questo almeno spera Al-Sisi per ribaltare le sorti nella sua battaglia più difficile.
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