Riprendiamo da SHALOM novembre 2017, a pag.14, con il titolo "Le non scelte di Donald Trump" il commento di Angelo Pezzana
Angelo Pezzana Parole, ma i fatti...
Tra un paio di mesi Donald Trump è probabile che farà un bilancio del suo primo anno da presidente degli Stati Uniti. Non facendo, per fortuna, parte dei suoi consiglieri- ben pochi assomigliano alla ambasciatrice all’Onu Nikki Haley - mi piacerebbe ugualmente uno scambio di opinioni a distanza, pur sapendo che le mie rimarranno domande senza risposta. Premetto, onestamente, che la sua vittoria sui democratici non mi è affatto dispiaciuta, la politica estera americana durante gli otto anni di Obama è stata la peggiore di qualsiasi altro presidente. Pur rimanendo entro i confini mediorientali, avrei messo la tradizionale mano sul fuoco che Trump avrebbe dato seguito a quanto aveva promesso durante la campagna elettorale. Gli errori di Obama non sono soltanto tali, avere agito contro tutti gli alleati che gli Usa avevano in Medio Oriente, sarà la storia a giudicarli in base ai documenti che verranno desecretati nei prossimi decenni; esprimersi oggi, si darebbe la stura a molte interpretazioni, non ultima quella di un complotto studiato a tavolino per sostituire regimi moderati – anche se non democratici- con altri di natura squisitamente dittatoriale, valga per tutti l’esempio dell’Egitto, dove grazie a Obama era salito al potere Morsi, espressione dei Fratelli Musulmani. Non va dimenticato l’accordo con l’Iran, preparato e voluto fortemente da Obama, un appoggio che ha sicuramente influenzato i paesi europei. Dimentico quindi la tesi complottista, per dire che ho valutato positivamente le iniziative di Trump, fra le molte la visita a Riad che ha favorito la nascita della Coalizione sunnita in funzione anti-Iran. Ho condiviso anche la scelta di attendere il momento storico giusto per il trasferimento dell’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, con la convinzione che un ritardo di qualche mese avrebbe consentito un migliore rapporto fra Israele e i vicini arabo-musulmani considerata la comune battaglia contro le mire espansioniste dell’Iran. Anche il recente attacco all’Unesco, in tandem con Israele, è stata una forte mossa per screditare la candidatura del Qatar alla sua direzione. Questo elenco parziale di condivisioni per riaffermare la mia valutazione positiva del primo anno di Trump alla Casa Bianca, aldilà di altre posizioni di minore impatto sulle quali si potrebbe non essere d’accordo. Detto questo, però, avverto l’ambiguità di alcune non scelte, in primo luogo la decisione di non appoggiare il Kurdistan nella sua sacrosanta battaglia per l’indipendenza. Non solo astensione da qualsiasi intervento a favore di un popolo da sempre amico dell’Occidente, degli Usa e di Israele, ma, grazie a questa non scelta, essersi trovato alleato con quelle forze militari siriane e irachene di fatto alleate e dipendenti , politicamente e militarmente, con L’Iran. Si può dire che il paese degli ayatollah è il centro promotore del terrorismo internazionale, che il pericolo dell’arma nucleare è sempre attuale, che l’accordo di Vienna del 2015 è stato un disastroso errore e che le sanzioni invece di cancellarle vanno aumentate, e poi trovarsi dalla stessa parte per combattere insieme l’Isis? Trump ha forse dimenticato che è stato anche il Kurdistan a combattere finora- con successo- lo stato islamico? Le parole sono importanti, ma sono i fatti a testimoniarlo. Ecco, sono in attesa che arrivino e che riflettano quel parlar chiaro e comprensibile che ha caratterizzato la politica estera americana del dopo Obama.
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