Riprendiamo da LIBERO di oggi, 24/11/2017, a pag. 27, con il titolo "Gerusalemme, senza storia ma centro del mondo", la recensione di Alvise Losi.
Quella di Alvise Losi è una pessima recensione di un pessimo libro. Entrambi - libro e recensione - cercano di dimostrare l'assenza di una identità della città di Gerusalemme. Un'ipotesi che non sta in piedi, e che si scontra con millenni di vestigia che testimoniano le molte identità della capitale di Israele, oltre a quella fondamentale ebraica.
Ecco l'articolo:
Gerusalemme
Una città-mondo. Così sin dal sottotitolo Vincent Lemke definisce Gerusalemme nel libro da lui curato sulla città simbolo delle tre grandi religioni monoteiste che si affacciano sul Mediterraneo. Un volume particolarmente indicato per provare a rileggere gli avvenimenti di oggi alla luce di una storia troppo spesso travisata, in buona o cattiva coscienza, per dare supporto a teorie dell'una o dell'altra fazione. Gerusalemme. Storia di una città-mondo (Elnaudi, 30 euro, 2017, 326 pp) ha un merito più di altri: evitare di partire da quello che Gerusalemme simboleggia, che può essere piuttosto un punto di arrivo, una riflessione ed eventualmente una conseguenza di una storia ricca e ostica come per poche altri luoghi abitati del pianeta. L'interesse degli autori sta proprio nel restituire alla città un'identità propria che prescinda dal simbolo che la città è diventata, e del quale rischia anche di essere prigioniera, ancor più nell'ultimo secolo. Anzi, «si oppongono apertamente alla fumosa dottrina dello scontro di civiltà», scrive l'introduzione. Per poi aggiungere che per narrare la città si debba «partire da un paradosso sorprendente: Gerusalemme è una città senza storia». Il perché? Non bisogna, avvisano gli autori, confondere le vestigia e le identità e le memorie che esse si portano dietro con la storia stessa come scienza umana, «tentativo di confronto di fonti e di coniugazione di punti di vista». Fino ad arrivare alla definizione di «città dei morti» che «ha sempre avuto il sopravvento sulla città dei vivi, come se la necropoli ostacolasse sempre lo sviluppo della metropoli». Ancora, non un punto di arrivo. Ma di partenza, oltre che una speranza, per rileggere la storia della città in una nuova prospettiva.
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