Il mondo arabo sunnita è nel caos più totale
Analisi di Mordechai Kedar
(traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)
http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/21274
L'unica conclusione che Israele deve trarre dal triste stato di cose nel mondo arabo sunnita è chiara come il sole in un arido deserto. La scienza comportamentale riconosce due tipi di risposte di fronte a situazioni tese o minacciose che gruppi vagamente affini devono affrontare. La prima è caratterizzata dal raccogliersi sotto un leader carismatico che irradi potere, saggezza, acume organizzativo e capacità di proteggere i suoi seguaci, dopo di che il gruppo forma un fronte unito e si prepara alla lotta contro la minaccia incombente. La seconda si verifica al contrario quando manca la leadership. Nel caos che ne deriva, i membri si tradiscono l'un l'altro, tentano di scappare e per salvarsi passano dall'altra parte. In tal caso, non gliene potrebbe importare di meno se il resto del gruppo dovesse andare all'inferno.
Il secondo dei due possibili scenari è una precisa descrizione dell’attuale situazione nel mondo arabo, in cui l'Iran è diventato una delle principali minacce. Dopo anni di tentativi di estendere la portata del suo controllo sulle nazioni arabe, ora sta puntando all'egemonia su tutto il mondo islamico. Questo implica di ristabilire il dominio sciita sui luoghi sacri dell'Islam, da Mecca e Medina; eliminare l'opposizione a partire dalla famiglia reale saudita; distruggere Israele e diventare una minaccia permanente per l'Occidente cristiano, quest'ultimo visto dagli Ayatollah come mero servitore degli “Almoamim”, i credenti sciiti.
Da quando le due maggiori potenze mondiali unirono le forze per potenziare il regime degli Ayatollah, la minaccia iraniana è cresciuta a passi da gigante. Gli Stati Uniti sotto Obama, in otto anni hanno rafforzato l'Iran consentendogli di sviluppare armi nucleari (che è il vero significato dell'accordo firmato nel 2015), hanno volutamente ignorato il loro programma di sviluppo di razzi balistici, li hanno finanziati permettendo di firmare contratti lucrativi, ignorando del tutto il coinvolgimento dell'Iran nelle guerre locali e il sostegno al terrorismo mondiale. La Russia è stata per anni un partner degli iraniani, attraverso una serie complessa di accordi e iniziative congiunte: ha fornito centrali nucleari per la produzione di elettricità, garantendo così agli iraniani la possibilità di acquisire conoscenze ed esperienze nel progetto nucleare, ha consegnato la sua tecnologia missilistica, ha collaborato con l'Iran per regolamentare il mercato mondiale del gas naturale (Russia, Iran e Qatar sono i tre più grandi fornitori di gas al mondo) e ha unito le proprie forze con l'Iran nella terribile guerra che sta avvenendo sul suolo siriano nel tentativo congiunto di salvare il regime di Assad, il “macellaio di Damasco ".
L'Unione europea si è unita agli Stati Uniti e alla Russia, incoraggiando i suoi membri a mettersi in fila per firmare redditizi contratti con l’Iran. E’ importante notare che parecchie aziende europee avevano già una lunga storia di collaborazione con l’Iran, anche durante gli anni di sanzioni economiche imposte dall'Occidente, così che il cambiamento non era percepibile. I funzionari dell’intelligence degli Stati Uniti sapevano benissimo cosa stava succedendo, ma non dissero nulla - o per essere più precisi -, furono messi a tacere dal governo di Obama. Altre potenze economiche si sono schierate in favore dell’Iran: la Cina non ha mai compreso il motivo per cui dovrebbe limitare i suoi legami economici, né l'India ha avuto difficoltà a mantenere interessi commerciali di vasta portata con gli ayatollah. Il mondo arabo, dall'Iraq in Oriente al Marocco in Occidente, dalla Siria a Nord fino allo Yemen a Sud, ha seguito la crescente avanzata sciita con evidente apprensione. Le nazioni musulmane sunnite come la Turchia e il Pakistan - e di fatto tutti i musulmani sunniti - sono altrettanto ansiose, ma reagiscono alla situazione crollando e cadendo a pezzi invece di unire le forze e lavorare insieme. Questo collasso si verifica sia all’ interno che all’esterno in ogni singolo Paese, dove si susseguono infinite discussioni su come ciascuna Nazione dovrebbe reagire all'attuale stato di emergenza.
La questione è se sia meglio agire contro l'Iran in qualche modo - economicamente, politicamente, militarmente - o porre fine al problema cedendo all'Iran in cambio della sopravvivenza come Stati. Il Qatar ha gettato la spugna già anni fa. Iran e Qatar condividono un gigantesco giacimento di gas prodotto in partnership e condividono profitti altrettanto giganteschi. Il comportamento del Qatar fa infuriare i sauditi oltre ogni dire, perché il Qatar è arabo, sunnita e wahabita, proprio come la famiglia reale saudita, eppure ha accoltellato i sauditi alle spalle. Il rancore saudita per il sostegno del Qatar ai Fratelli Musulmani e agli imbrogli di al Jazeera è nulla al confronto alla rabbia per la cooperazione del Qatar con l'Iran. L'Iraq, dopo esser stato liberato nel 2003 dagli Stati Uniti e dall'Occidente dalla dittatura della minoranza sunnita sotto Saddam Hussein, ha visto il proprio governo consegnato alla maggioranza sciita su un piatto d'argento grondante del sangue dei soldati americani e di altri Paesi occidentali. Poi è caduto nella trappola iraniana, tradendo il mondo arabo sunnita.
L'Iran controlla direttamente uomini politici, i partiti, gli ufficiali dell'esercito, i miliziani e le società finanziarie che operano in Iraq. Così l’Iran ha ristabilito quell'egemonia che aveva nella Mesopotamia Orientale prima che gli arabi sconfiggessero le forze dell'Impero persiano sassanide ad Alkadasia, una città nel sud dell'Iraq, tra il 13 e il 16 novembre del 636, esattamente 1381 anni fa. I persiani non hanno mai dimenticato e mai perdonato gli arabi per questa sconfitta e la dominazione iraniana dell'Iraq è percepita dagli ayatollah come il ritorno all’antico splendore, un atto di giustizia storica e una vendetta sugli arabi, che loro continuano a considerare primitivi analfabeti. La Siria, altro Stato arabo, è diventata un fantoccio iraniano dopo essere stata completamente distrutta da una guerra civile che ha portato alla morte oltre mezzo milione di uomini, donne e bambini principalmente sunniti, uccisi a vicenda in modo che l'Islam sciita potesse annettere anche la loro terra. Gli iraniani hanno un debito di gratitudine agli infedeli russi e cristiani che hanno fatto il lavoro sporco di eliminare l'opposizione. Il Libano, altro Paese arabo con una grande popolazione sciita, forse la maggioranza ormai, per cause demografiche e per la fuga dal paese dei musulmani sunniti, cristiani, drusi e alawiti, ha una milizia super armata - Hezbollah - la cui forza di combattimento è maggiore di quella dell'esercito libanese. L'Iran ha controllato il Libano per trentacinque anni, mentre il mondo sapeva, guardava e rimaneva in silenzio.
Lo Yemen, un altro Stato arabo con una grande popolazione sciita, non è mai stato veramente unito. Era sempre diviso dalle diverse fedeltà tribali, etniche e ideologiche della sua popolazione. Ciò ha permesso all'Iran di costituire uno Stato all'interno dello Stato, con un esercito ben equipaggiato che ha assunto il potere nella capitale, esiliando il Presidente del Paese e il suo governo in Arabia Saudita. L'Iran minaccia ora la navigazione internazionale nel Mar Rosso e nello Stretto di Al Mandeb, passaggi essenziali che collegano l'Europa, il Golfo Persico - con petrolio e gas – all’Asia orientale, con merci e prodotti vari. L'Iran si è persino infiltrato nell'Autorità Palestinese sostenendo le organizzazioni terroristiche della Jihad islamica e di Hamas. Anche la Turchia di Erdogan ha aderito all'elenco dei Paesi che collaborano con l’Iran. L'Iran è riuscito a ottenere il controllo dell'intero Oriente musulmano, Paese per Paese, nonostante il periodo di dure sanzioni imposte dall'Occidente, causando molta tensione in Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Emirati, Israele e altri Paesi del Mediterraneo.
Questa tensione ha un effetto negativo sul funzionamento interno di questi Paesi e ciò che abbiamo visto accadere in Arabia Saudita nelle ultime due settimane è uno dei risultati di questa tensione. Nella famiglia reale saudita infuria un dibattito aspro sul modo in cui la monarchia aveva risposto alla minaccia iraniana in generale e alla conquista iraniana dello Yemen, uno sviluppo che rappresenta una minaccia immediata per l’Arabia Saudita, con i missili iraniani che di recente sono stati lanciati contro i sauditi, come è già avvenuto nel passato. La guerra in Yemen, come il sostegno ai ribelli siriani sconfitti, è già costata al tesoro saudita miliardi di dollari che, se dovesse continuare, lascerebbe il Paese sull'orlo della bancarotta. Nello stesso tempo è in corso la vertenza sulla successione. Il principe ereditario, Muhammad, figlio del monarca regnante Salman, nato nel 1985, ha 32 anni e non ha competenze amministrative, politiche nè militari. C'è un gran numero di cugini molto più anziani che hanno molta più esperienza di lui in campo economico, amministrativo e politico. In una società tribale tradizionale, l'età, l'esperienza, la maturità e una personalità adeguata sono ciò che caratterizza un leader accettato e legittimo. Agli occhi di molti suoi cugini Muhammad ibn Salman non è accettabile né legittimo. È del tutto possibile che sia in atto un putsch. Lui, tuttavia, ha vinto il primo round prima che iniziasse, arrestando i maggiori oppositori. Non c'è dubbio che la pressione iraniana sui sauditi porti all'instabilità della monarchia. Questo è ciò che sta accadendo in Libano, dove l’accavallarsi dei problemi interni del governo, ha spinto Saad Hariri a dimettersi.
La situazione in Iraq è tutt'altro che tranquilla e infuriano discussioni rabbiose sulla continua interferenza iraniana nella gestione del Paese. Come risposta allo stato di caos interno e inter-arabo, i sauditi hanno chiesto un incontro di emergenza dei Ministri degli Esteri della Lega araba, che si è tenuto domenica 19 novembre. È chiaro a tutti che la Lega Araba è impotente. Quest’ organizzazione paralizzata non è stata in grado di salvare un singolo arabo, siriano, iracheno, yemenita, libico, algerino o sudanese, in tutti gli anni di lotte civili sanguinose che si sono verificate in ognuno di questi Paesi. Uno dei sostenitori arabi ha scritto con sarcasmo: “ Persiani, fate attenzione ai vostri nemici, quelli che ora si assediano l'un l'altro e combattono costantemente tra loro, stanno per piombare su di voi. Questa è l'irrazionalità politica che ha indebolito l'Umma ". E’ probabile che lo scrittore sia un qatariano, che stava denigrando l'assedio che i sauditi avevano dichiarato al Qatar diversi mesi fa, un atto che simboleggia la divisione tra le nazioni sunnite. Molti israeliani hanno incoraggiato il governo a stipulare un accordo con le "Nazioni Moderate Sunnite", perché "Israele non è il problema, è la soluzione". Quest’appello si basa su una profonda mancanza di comprensione del modo di fare arabo e sulla completa ignoranza di ciò che sta realmente accadendo nei Paesi che circondano Israele. L'unica conclusione che Israele deve trarre da questa difficile situazione è chiara come il sole in un arido deserto: non c'è nessuno su cui contare nel frammentato, frantumato mondo arabo sunnita che sia in grado di unirsi contro la minaccia iraniana.
Gli arabi si tradiscono l’un l’altro e alcuni sono legati all'Iran con ogni fibra del loro essere. Saranno davvero leali nei confronti di un qualsiasi accordo con gli ebrei? Potrebbero chiedere agli israeliani di salvarli dalle grinfie del mostro iraniano, ma dopo che Israele lo avesse fatto con un costo elevato per i propri figli e figlie, cittadini, infrastrutture e città, quel "Moderato Asse Sunnita" agirà verso di noi, esattamente - e intendo proprio esattamente - come hanno fatto con i curdi iracheni dopo che loro hanno versato il sangue di oltre un migliaio di uomini e donne combattenti, per salvare gli arabi dall'ISIS ? Il destino di Israele sarà esattamente lo stesso una volta che la minaccia iraniana sarà stata sconfitta da ciò che resta del mondo arabo distrutto, in bancarotta, perduto e diviso. Israele non deve pagare un solo centesimo nella ricerca della pace con un mondo a pezzi come il mondo arabo. Non un centimetro quadrato di terra per un pezzo di carta senza valore che contiene la parola “pace”. Israele deve fare agli arabi una sola domanda: cosa ci date per aver accettato di fare pace con voi? La risposta è chiara: a parte la povertà, l’odio, il tradimento, l’ abbandono, il cinismo e l'ipocrisia, il mondo arabo non ha nulla da offrire a Israele, perché questi sono gli unici beni che ha. Triagico ma vero. Questi sono i vicini di Israele, e quando noi israeliani, dal nostro Primo Ministro fino all'ultimo dei cittadini, inizieremo a capirlo, saremo capaci di trattare con i nostri vicini come dovremmo.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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