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Libero Rassegna Stampa
19.11.2017 Mohammed bin Salman: ecco il programma per cambiare l'Arabia
Analisi di Carlo Panella

Testata: Libero
Data: 19 novembre 2017
Pagina: 13
Autore: Carlo Panella
Titolo: «Ecco come re Mohammed cambierà l'Arabia»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 19/11/2017, a pag.13, con il titolo "Ecco come re Mohammed cambierà l'Arabia" l'analisi di Carlo Panella.

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Carlo Panella

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Mohammed bin Salman

Mohammed bin Salman di 32 anni, si appresta a diventare il più giovane sovrano del pianeta e a governare con pugno dispotico le immense ricchezze dell'Arabia Saudita. Voci concordanti da Ryad confermano infatti che re Salman si appresta ad abdicare a favore suo, che è suo figlio. Una svolta clamorosa perché è stata preparata da Mohammed bin Salman con feroce determinatezza, facendo saltare uno per uno tutti i bizantini equilibri che reggono da 60 anni la corte saudita. Nulla si comprende dell'irresistibile ascesa di questo spregiudicato principe trentenne se non si tiene presente un dato di fatto, con la morte di Re Abdullah e la salita al trono di re Salman, nel 2015, si è esaurita la possibilità di una successione «orizzontale», di fratello in fratello, al trono di Ryad. Il fondatore del regno, Abdulaziz al Saud, morto nel 1953, aveva costruito la solidità del suo regno nel talamo nuziale: una dopo l'altra, aveva sposato e poi ripudiato (ricoprendole d'oro) tutte le figlie di tutti i capi tribù della penisola arabica. Decine e decine i suoi figli e figlie, si che una nutrita serie di eredi era in grado di passarsi il trono di fratello in fratello, meccanismo che ha funzionato per cinque volte (Saud, Feysal, Khalid, Abdullah e Salman).

Ma questa dinamica, a causa della tarda età e delle morti dei figli del fondatore del regno, si è esaurita. Così il Consiglio della Corona, che stabilisce la successione attraverso regole imperscrutabili e non formalizzate, ha deciso nel momento in cui Salman è salito al trono nel 2015, di inaugurare una discendenza regale in «diagonale». Il suo successore è stato quindi indicato in Mohammed bin Najaf, figlio di Najaf, fratello di Salman ed erede predestinato, ma morto tre anni prima. Così si sarebbe evitato che uno dei figli del fondatore del regno eliminasse dalla successione al potere tutti i discendenti dei propri fratelli e imponesse la nascita di una dinastia, intronizzando il proprio figlio. Mohammed bin Salman ha fatto saltare questa logica e ha letteralmente conquistato con la forza prima la discendenza diretta e domani il trono con due «colpi di palazzo». Col primo, il 21 giugno scorso, approfittando del suo controllo sulle forze annate quale ministro della Difesa, ha arrestato e minacciato fisicamente il cugino Mohammed bin Najaf, erede designato al trono, obbligandolo a dimettersi. Divenuto primo in linea di successione, Mohammed, il 5 novembre scorso, ha effettuato la seconda mossa, decisiva: ha arrestato 11 principi sauditi, suoi cugini, e decine di ministri ed ex ministri. In più, altri due principi sono morti in circostanze violente ma misteriose.

Due i suoi obiettivi: eliminare gli oppositori alla sua ascesa al trono (tra questi il multimiliardario Al Waleed, già socio di Berlusconi e Murdoch) e anche obbligarli con la forza, accusandoli di corruzione, a trasferire decine, centinaia di miliardi di dollari dalle loro tasche alle casse del regno, in crisi a causa della caduta del prezzo del greggio, con pesanti ricadute sul welfare, base del consenso popolare. Mohammed bin Salman ha così dimostrato di essere straordinariamente capace di muoversi nel ginepraio della immensa corte saudita (5.000 principi parassiti). Ma ha dimostrato una capacità ancora più importante: la scalata al potere gli può assicurare un grande consenso popolare, e non solo perché compiuta nel nome di una lotta alla corruzione. La sua strategia ha infatti due obbiettivi che affascinano i sudditi. Il primo è attuare il programma Saudi Vision 2030, cioè, investire ben 2.000 miliardi di dollari nell'industria e nell'agricoltura moderna, per fare sì che la produzione del petrolio diventi secondaria nell'economia del Paese (forse già dal 2020). Il secondo obbiettivo è contrastare con energia l'egemonia crescente dell'Iran sciita in Medio Oriente. Vedi la guerra in Yemen e un domani, forse, in Libano. Il suo problema è che questa strategia lo obbligherà a introdurre radicali riforme democratiche e partecipative, a passare dal feudalesimo alla democrazia. E qui può fallire.

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