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Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


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La Stampa Rassegna Stampa
18.11.2017 Mohammed bin Salman tira diritto. Anche Saad Hariri
Servizi di Rolla Scolari, Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 18 novembre 2017
Pagina: 16
Autore: Rolla Scolari-Giordano Stabile
Titolo: «L'offerta di Riad ai principi, soldi e beni allo Stato in cambio della libertà-Libano, l'offensiva contro Hezbollah diventa economica»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/11/2017, a pag.16, due servizi su Arabia Saudita e Libano

Rolla Scolari: "L'offerta di Riad ai principi, soldi e beni allo Stato in cambio della libertà"

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Rolla Scolari                         Mohammed bin Salman

La libertà in cambio di molto denaro. È quello che si starebbe negoziando in queste ore in quella prigione dorata che è diventato il lussuoso hotel RitzCarlton di Riad. Le autorità dell'Arabia Saudita starebbero infatti scendendo a patti con le decine di principi, funzionari e soprattutto uomini d'affari accusati di corruzione e arrestati il 4 novembre in una inedita e vasta ondata di detenzioni, passata alla storia come la notte dei lunghi coltelli. Secondo fonti del «Financial Times», i vertici sauditi starebbero «cercando accordi con tutti quelli del Ritz: tirate fuori i soldi e andrete a casa». Tra i detenuti d'eccellenza, ci sono uomini d'affari dalle vastissime fortune, come il nipote di re Salman, il principe Alwaleed bin Talal, un sessantenne con una rete d'affari da circa 19 miliardi secondo il Bloomberg Billionaires Index; Bakr bin Laden, del Saudi Binladin Group, specializzato in costruzioni edili; il magnate Waleed al-Ibrahim a capo di Mbc, quel Middle East Broadcasting Center che possiede l'emittente satellitare al-Arabiya. Alcuni tra i sospetti, scrive il «Financial Times», sarebbero disposti a trovare un accordo e in alcuni casi a cedere fino al 70 per cento dei loro beni e dei loro asset. Dietro alla campagna anticorruzione c'è il giovane e ambizioso principe ereditario Mohammed bin Salman. Per molti, la sua nuova spinta legalista non è altro che un modo per consolidare il proprio potere a corte. II principe è anche all'origine di quel piano Vision 2030 che vorrebbe smarcare l'Arabia Saudita dalla dipendenza del petrolio, con la creazione tra le altre cose di un gigantesco fondo di investimenti. Per lui, queste nuove entrare rappresentano una garanzia per il futuro. Sono infatti sempre più insistenti le voci che vorrebbero estremamente vicino il giorno dell'abdicazione del padre, l'anziano sovrano Salman, in suo favore. In quel caso, il 32enne Mohammed bin Salman si troverebbe alla testa di un regno che, anche a causa del crollo dei prezzi del greggio su scala globale, ha raggiungo l'anno scorso un deficit di bilancio pari a 79 miliardi di dollari. Negli ultimi anni, l'Arabia Saudita ha introdotto misure di austerità senza precedenti. secondo la procura: tale somma finirebbe nelle casse vuote dello Stato Si tratta di una trasformazione epocale in un Paese che per decenni ha vissuto comodamente sulla rendita petrolifera: alcuni sussidi statali sono stati cancellati e le autorità valutano l'introduzione di tasse. Il procuratore generale saudita stima che il giro di corruzione degli arrestati sia costato allo Stato 100 miliardi di dollari: tale somma finirebbe nelle casse vuote dello Stato. I segnali che la campagna anti-corruzione avesse obiettivi di raccolta fondi sono arrivati subito dopo gli arresti, quando l'apposita Commissione ha fatto sapere di avere il potere, tramite decreto reale, di congelare asset e beni dei detenuti anche senza aspettare i risultati dell'inchiesta. La Banca centrale dei vicini e alleati Emirati Arabi, scrive Reuters, avrebbe già girato agli istituti di credito locali la richiesta di fornire informazioni su 19 conti di cittadini sauditi, e 1700 conti bancari nazionali in Arabia Saudita sarebbero stati già congelati.

Giordano Stabile:" Libano, l'offensiva contro Hezbollah diventa economica"

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Giordano Stabile               Hariri con Macron

 BEIRUT II presidente francese Macron ha fatto sapere che riceverà oggi Saad Hariri come primo ministro del Libano». Il leader libanese tornerà poi in patria «nel giro di qualche giorno o settimana». La mediazione francese ha sbloccato la crisi politica e a Beirut ora la convinzione è che Hariri ritirerà le dimissioni, «estorte» dall'Arabia Saudita. Ma l'offensiva di Riad contro Hezbollah e di riflesso contro tutto il Paese dei Cedri non è finita. Le pressioni sono adesso di tipo economico. Negli ambienti vicini alla presidenza si teme che i sauditi riescano a convincere gli Stati Uniti a procedere con un nuovo giro di vite nei confronti del sistema bancario, accusato di «riciclare i proventi illeciti» del Partito di Dio. L'offensiva ha poi messo in difficoltà il governo libanese su un altro fronte, quello dello sviluppo dei giacimenti di gas offshore. Il ministro degli Esteri Jabran Bassi!, leader del movimento cristiano «Fronte patriottico» e genero del presidente Michel Aoun, ha denunciato ieri, durante il suo incontro a Mosca con il collega Sergei Lavrov, il blocco del «primo contratto per lo sviluppo di giacimenti, con la partecipazione di compagnie russe», sul punto di essere firmato. Un duro colpo alle speranze di rendersi indipendenti a livello energetico e risolvere il problema cronico dei black-out elettrici. Ma c'è un'altra leva economica in mano ai sauditi che spaventa Beirut: le rimesse degli emigrati nel Golfo. Sono quattrocentomila e inviano ogni anno sette miliardi di dollari in patria, circa l'8 per cento del Pil. D blocco di questo flusso, o ancor peggio delle centinaia di migliaia di conti correnti che possiedono nei Paesi del Golfo, sarebbe una mazzata fatale.

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