Riprendiamo da LIBERO di oggi, 17/11/2017, a pag. 26, con il titolo " La Sorbona censura ilibri non graditi all’islam", il commento di Olga Mascolo; con il titolo "La vedova di Charlie Hebdo contro l’inutilità di Hollande" il commento di Mauro Zanon.
La Francia del futuro (prossimo) in versione burka
Ecco gli articoli:
Olga Mascolo: "La Sorbona censura ilibri non graditi all’islam"
L’edificio riprende in chiave contemporanea la cupola del Pantheon della Sorbona. Ma non siamo a Parigi, siamo ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi. Visitiamo nella versione araba una delle più antiche università europee (fondata nel 1257). Non è il Louvre progettato da Jean Nouvel né l’unico prodotto europeo esportato negli Emirati Arabi, né il primo dunque: anche la Sorbona, l’università, si è fatta brand e si è concessa qui, a partire dal 2006. A differenza di Parigi, non si tratta di una università pubblica ma di una università privata: bei computer, belle classi, si respira l’aria di nuovo. Ci sono quattro facoltà: Lingua francese come lingua straniera, Scienze sociali e arte, Legge ed economia, Scienze; ventiquattro corsi di studio. Andiamo in biblioteca: non è un locale grande e molti scaffali sono vuoti. Chiediamo al direttore Johan Engelbrecht, in carica da 6 anni, se ci siano dei libri che deliberatamente non sono tenuti nella biblioteca per questioni religiose o culturali. Il direttore nega l’esistenza di una censura o di titoli proibiti. «Ci sono libri non disponibili immediatamente, libri con titoli che possono toccare la sensibilità di alcuni studenti».
Quindi sì,ci sono dei titoli “sensibili”. In molti ci chiediamo perché. Se si esporta un brand come la facoltà di lettere o studi umanistici antica come la Sorbona, non è possibile non ammettere alcuni libri. Questo vale a priori (banali ideali illuministici partoriti in Francia poi): la Sorbona non censura libri a Parigi, non dovrebbe farlo nelle sue “emanazioni”. Il direttore si giustifica: «Nel passato studenti infastiditi da qualche titolo ci hanno chiesto il perché fossero presenti. Noi allora abbiamo pensato che non fossero veramente necessari e che fosse meglio evitare problemi».Chiediamo esempi di titoli non presenti all’appello. «Abbiamo una stanza che contiene i libri che abbiamo rimosso dagli scaffali». «Possono però essere consultati con una supervisione. Se si tratta di un professore o di uno studente di dottorato consentiamo loro di avere una fruizione libera». Non risponde ma insistiamo, e chiediamo se ci sia Voltaire tra gli scaffali. «Non ricordo a memoria tutti i libri».Ed èlui,ildirettore,a decidere che libri ci sono e quali non ci sono «è una decisione condivisa da me e da chi gestisce l’università». Gli scaffali sono quasi vuoti, notiamo.
«E’ il modo in cui si svolgono le lezioni: la maggior parte del tempo gli studenti sono in classe». La letteratura erotica manca. Non ci dice se ci sia Verlaine. Chiediamo se ci sia Houellebecq. Evita di rispondere. Consultiamo il catalogo online. Al tempo (16 ottobre) sul catalogo c’è presente solo un libro, che si può portare a casa. “Ennemis publics” del 2008, un carteggio tra Houellebecq e il filosofo Bernard-Henri Levy. Non certo Soumission, che vede come protagonista proprio un professore della Sorbonne Nouvelle (Paris III) in una apocalittica Francia sotto l’assedio islamico. L’università qui ad Abu Dhabi è privata, ma i professori sono quelli della università pubblica a Parigi, e vengono pagati in più per i loro interventi negli Emirati. Com’è possibile che un professore di lettere accetti di lavorare con un catalogo dimezzato? (Non sappiamo quali siano i compensi).Ne parliamo con il professore Eric Canal Forgues, direttore del dipartimento di legge,il quale puntualizza che una laurea qui ha lo stesso valore di una laurea in Francia. Gli facciamo notare che non può essere così, perché non ci sono tutti i libri della Sorbona, ed è una scelta deliberata. Risponde il direttore: «Per la mia facoltà (legge) i libri sono identici».
Allora perché si sente la necessità di proporre una laurea umanistica tra le offerte, se vi sono delle censure? Harold Hyman, giornalista specializzato in relazioni internazionali e politica straniera, con vari studi alle spalle in cultura francese, si dimostra intransigente su questo punto. E finisce per litigare: sostiene che una laurea a queste condizioni («di censura») non possa essere equiparata a una laurea in Francia. La guida dell’università risponde : «Se alcuni libri urtano la sensibilità, o ci mettono in difficoltà, saremmo intolleranti a proporli». No, non è così, puntualizza Hyman: la censura non fa parte delle nostre università, e il marchio Sorbona non può vendersi diversamente che così. Quanto ci guadagna la Sorbona? Sicuramente più di qualcosa, e anche i professori che vengono pagati a parte. Un anno di diploma in francese costa a uno studente 12milaeuro, 49500euro la laurea triennale, i master vanno da 38166 euro a 43.547 euro.
Mauro Zanon: "La vedova di Charlie Hebdo contro l’inutilità di Hollande"
Mauro Zanon
Due anni fa, nell’attentato jihadista alla redazione di Charlie Hebdo, ha perso il suo compagno, Stéphane Charbonnier, all’epoca direttore della rivista satirica parigina. Da allora, per Jeannette Bougrab, scrittrice ed ex segretaria di Stato per la gioventù e la vita associativa sotto la presidenza Sarkozy, è stato difficile voltare pagina e continuare a vivere senza il volto del suo Charb, la sua joie de vivre, la sua irriverenza, la sua ironia iconoclasta. Ma a Helsinki,in Finlandia,lontano dalle malelingue di Parigi che l’hanno accusata di aver mentito sulla sua relazione con l’ex direttore di Charlie,è riuscita progressivamente a rifarsi una vita. Nella capitale finlandese, è arrivata nell’aprile del 2015, per ricoprire il ruolo di attaché culturale presso l’Ambasciata di Francia, ma anche «per cambiare aria dopo la violenza e la cattiveria» che aveva subito. E ora, a due anni dall’uscita del suo libro choc, Maudites, nel quale rendeva omaggio a tutte quelle donne che nel mondo sono vittime dell’oppressione islamica, torna ad alzare la voce, con un appello alla resistenza rivolto ai suoi concittadini, per contrastare l’avanzata dell’islam radicale. Lettre d'exil, la barbarie et nous, appena uscito per le Éditions du Cerf, è il manifesto di una donna libera che dal profondo nord guarda con rabbia e angoscia un Paese, il suo, che non riconosce più, stretto com’è tra l’islamizzazione rampante e la dittatura del politicamente corretto.
L’autrice, come si dice in Francia, è una che non ha certo «la langue dans sa poche», che dice quello che pensa senza acrobazie politically correct, e per i benpensanti, questa franchezza, è urticante. Quando accusò il vignettista Luz e la banda dei giornalisti sopravvissuti alla strage di aver «tradito Charlie Hebdo» con l’annuncio di non voler più disegnare Maometto per non urtare la sensibilità della comunità islamica, venne trattata come una "conne islamophobe", una scema islamofoba. E quando si presentò su Bfm.tv, due giorni dopo l'attentato del gennaio 2015, per affermare che "i veri colpevoli di quella strage, erano quelli che avevano accusato Charlie Hebdo di islamofobia", la gauche intellettuale arricciò il naso e fece pressione per non invitarla più in televisione. Bougrab, invece di abdicare, ha organizzato la sua disobbedienza intellettuale dalla lontana Finlandia. Nella sua "lettera d'esilio", forte della sua esperienza ai piani alti della République, ha passato in rassegna tutti i settori dove lo Stato francese ha fallito: l’educazione, l’integrazione, l’immigrazione, la laicità. Senza dimenticare le compromissioni della laica Francia con alcuni Paesi del Golfo, e in primis l’Arabia Saudita. Tra la stampa goscista che alimenta il«razzismo immaginario» che i musulmani subirebbero nel Paese di Voltaire e Rousseau e gli islamisti che approfittano del ventre molle della Francia per penetrare in tutti i settori della società, esiste, forse più pericolosa ancora, sottolinea la Bougrab, «una parte intera della gioventù francese che rifiuta la storia di Francia, rifiuta di riconoscersi nella cultura francese…e persino nella lingua francese».
Per inviare la propria opinione a Libero, telefonare 02/999666, oppure cliccare sulla e-mail sottostante