Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 17/11/2017, a pag. 12, l'intervista di Francesca Paci al consulente del re saudita Abdullah al Rabeeah, dal titolo 'Colpa di Hezbollah la situazione a Beirut'.
Bene l'intervista, non la domanda "Che sorte attende l’ex premier libanese Hariri, lo libererete?" Perchè "libererete"? Hariri è sempre stato libero nelle sue scelte, che fosse stato 'rapito' era una fake news messa in giro da Hezbollah, purtroppo con successo, visto che ha colpito anche Francesca Paci.
Ecco l'articolo:
Francesca Paci
Abdullah al Rabeeah
Il consulente del re saudita per le questioni umanitarie si chiama Abdullah al Rabeeah, è un chirurgo e guida il King Salman Humanitarian Aid & Relief Centre. Incontra «La Stampa» a margine della visita in cui ha visto i rappresentanti del governo italiano per parlare della pace in Yemen e rafforzare un partenariato che ritiene «eccellente».
Che sorte attende l’ex premier libanese Hariri, lo libererete?
«Credo che stia andando in Francia, giusto? Hariri non è mai stato detenuto, ha rilasciato un’intervista live all’emittente Future Tv. Le sue dimissioni sono legate alle difficoltà interne del Libano dove Hezbollah non rispetta gli accordi inter-governativi. Spero che tutti i partiti libanesi rispondano all’appello della comunità internazionale per la stabilità della regione».
Passerete dalla proxy war alla guerra vera con l’Iran?
«Spero di no. L’Arabia Saudita è in stretta comunicazione con la comunità internazionale, Usa, Europa, Italia. Abbiamo portato le prove di quanto sia urgente incalzare l’Iran affinché smetta d’influenzare la regione. Confidiamo anche che il popolo iraniano pensi al proprio futuro e ai problemi nazionali più che al resto».
Che differenza c’è tra l’intervento saudita in Yemen motivato dalla richiesta del governo locale e quello iraniano in Siria, a sua volta invocato da Damasco?
«Enorme. In Yemen c’è un governo eletto dal popolo e rovesciato dalle milizie. All’inizio Riad ha cercato il dialogo tra le parti, houthi compresi. C’è stata un’iniziativa del Consiglio di cooperazione del Golfo, siamo andati al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Solo allora, nel 2015, davanti all’impossibilità di percorrere altre strade, siamo intervenuti su richiesta del presidente. La Siria è tutt’altro».
Un rapporto Onu di ottobre vi accusa del massacro dei bambini yemeniti. Cosa risponde?
«Lo contestiamo. Ci siamo chiariti con la titolare del rapporto, madame Gamba: l’Onu non ha uffici in Yemen e si basa sui suoi uomini a Sanaa, che sono sotto l’influenza houthi. Noi rispettiamo la legge, in Yemen ci sono 401 mila zone “no strike”. In ogni conflitto muoiono tanti innocenti, ma Riad si presta alle indagini e se causa vittime è pronta a compensare».
L’Onu e lunga lista di Ong vi chiede la revoca immediata del blocco umanitario. Lo farete?
«Il blocco è stato tolto. Dopo i missili balistici lanciati su Riad due settimane fa c’era stata un temporanea rivalutazione ma è risolta. I porti e gli aeroporti sotto il nostro controllo tra cui Aden, Mukalla, Seyoun sono aperti. Se parla di Sanaa, l’Onu deve rivolgersi ai ribelli».
Come si esce dal caos in Yemen?
«Quando l’Iran smetterà di sostenere i ribelli, loro verranno al tavolo dei negoziati».
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