Riprendiamo dall' OSSERVATORE ROMANO di oggi 12/11/2017, con il titolo
" Hezbollah accusa Riad " una analisi della redazione a pag.1
Il pezzo del quotidiano ufficiale del Vaticano è stranamente equilibrato nel raccontare le vicende seguite alla fuga del premier libanese Saad Hariri in Arabia Saudita. Dalla titolazione, che privilegia una dichiarazione di Hezbollah, ci si poteva aspettare un'altra 'velina', come spesso avviene nell'Osservatore Romano. Ma allora, perchè quel titolo fuorviante rispetto al testo?
BEIRUT - «Saad Hariri è prigioniero a Riad e non può tornare a Beirut». Non usa mezzi termini il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, nel lanciare nuove accuse all'Arabia Saudita che — a suo dire — punta a destabilizzare il Libano. Ieri in una dichiarazione alla televisione da un luogo sconosciuto, Nasrallah ha detto che «l'Arabia Saudita ha chiesto a Israele di fare la guerra al Libano». Tuttavia, ha aggiunto, «una nuova guerra contro Israele è improbabile». E ha lanciato un appello: «Uniamo la nostra voce a quella del movimento Al Mustaqbal (il partito di Hariri) affinché Hariri torni in Libano. Può tornare in Libano per dire ciò che vuole, per prendere la posizione che preferisce».
La replica alle affermazioni del leader del movimento sciita libanese, che è attualmente partito del governo a Beirut, è arrivata dalla televisione saudita Al Arabiya, che ha negato qualsiasi tentativo di trattenere il premier da parte di Riad.
Ieri anche la presidenza francese aveva assicurato che Hariri «non è prigioniero» dei sauditi. La situazione resta comunque grave. A testimoniarlo è anche l'intervento di Washington. Il segretario di stato americano, Rex Tillerson, ha ammonito ieri tutti i paesi dell'area mediorientale e i gruppi politici e militari attivi in Libano a non utilizzare il paese per scatenare una nuova guerra. «Non c'è un legittimo posto o ruolo in Libano per forze straniere, milizie o gruppi armati che non siano le legittime forze di sicurezza dello stato libanese» si legge in un comunicato rilasciato dal dipartimento di stato.
Tillerson ha poi confermato il sostegno di Washington all'indipendenza e alla stabilità del Libano. Hariri, ha assicurato, resta «un partner forte degli Stati Uniti».
Sabato scorso, con un discorso che ha sorpreso tutti, inclusi i suoi più stretti collaboratori, Hariri aveva annunciato le sue dimissioni in un messaggio televisivo trasmesso dall'Arabia Saudita. Il premier accusava l'Iran di «interferenze negli affari interni del mondo arabo». Parole dure erano state rivolte anche a Hezbollah. Quest'ultimo, secondo Hariri, non solo sarebbe strettamente legato a Teheran, ma avrebbe «creato uno stato nello stato» tramite il proprio apparato militare. Ancora non è chiaro dove si trovi attualmente e quando farà ritorno a Beirut. Dal canto suo, il presidente Aoun ha definito «inaccettabili» le dimissioni di Hariri, considerando «incostituzionale» il modo in cui sono state rassegnate e ha assicurato che il governo resta in carica.
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