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Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


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Avvenire-Il Manifesto Rassegna Stampa
11.11.2017 Caso Hariri: per Avvenire/Manifesto/Repubblica/Osservatore Romano, Hezbooah è credibile
Analisi di Camille Eid, Michele Giorgio + titoli

Testata:Avvenire-Il Manifesto
Autore: Camille Eid-Michele Giorgio
Titolo: «Camille Eid: Libano. Hezbollah: Hariri deve tomare-L'ira di Hezbollah sui Saud»

Riprendiamo  da AVVENIRE, a pag.13 e dal MANIFESTO, a pag.9,  due articoli su quello che è diventato sui notri media il "Caso Hariri", con diverse enfasi quasi tutti riportano le dichiarazioni di Hezbollah invocanti il ritorno di Saad Hariri in Libano, dando credito a un possibile suo rapimento dal regime saudita. La politica araba mediorientale ci ha abituati a ogni genere di iniziative, per cui non si può escludere in modo assoluto questa possibilità, anche se molti fattori la escluderebbero assolutamente. Primo fra tutti il fatto che Hariri incontra liberamente a Riad leader politici e diplomatici europei, cosa alquanto inusuale se fosse stato 'rapito'. Ricordando poi l'assassino del padre, l'ipotesi di una fuga salva-vita rimane la più credibile.

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Saad Hariri

Avvenire e Manifesto sono i giornali che più danno credito al 'rapimento'. Non stupisce la medesima posizione, come avviene spesso. Ma anche altri giornali non sono da meno. Ecco due titolazioni:

L'OSSERVATORE ROMANO: "Il giallo di Hariri riaccende le tensioni in Libano"
LA REPUBBLICA: " Cercano la guerra, l'accusa di Hezbollah contro i sauditi" a firma di Alberto Stabile, uno dei più tenaci trombettieri anti-Israele, che non perde mai occasione per schierarsi dalla parte degli odiatori.

Avvenire- Camille Eid: Libano. Hezbollah: «Hariri deve tomare»

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Camille Eid

Continua la saga del premier libanese Saad Hariri, «costretto a dimettersi» e «trattenuto contro la sua volontà» a Riad, nonostante la schiera di diplomatici autorizzati a incontrarlo. Ieri è stato il turno dell'ambasciatore italiano a Riad, Luca Ferrari, e di quello russo. Il caso Hariri è stato al centro dei colloqui tra il principe della Corona saudita, Mohammed bin Salman, e il presidente francese Emmanuel Macron che ha visitato a sorpresa l'Arabia Saudita per affrontare «la delicata situazione in Libano e Yemen», entrambi Paesi in cui il coinvolgimento di Riad è stato molto discusso nelle ultime settimane. Ma la dichiarazione del ministro degli Esteri francese Yves Le Drian, secondo il quale il premier sarebbe «libero nei suoi movimenti» ha sorpreso un po' i libanesi. Più ambigua la posizione statunitense. Ieri il segretario di Stato, Rex Tillerson, ha dichiarato che non c'è alcuna indicazione che Hariri si trovi in Arabia Saudita contro la sua volontà, ma che gli Usa stanno monitorando la situazione. Ora i libanesi sperano che la visita che il patriarca maronita Béchara Rahi intraprenderà lunedì a Riad possa portare a un epilogo della vicenda. Secondo il portavoce del patriarcato, Rahi ha confermato la sua visita dopo aver ottenuto «una risposta positiva» dalle autorità saudite per poter incontrare Hariri. Il portavoce ha sottolineato che l'azione del patriarcato andrà di pari passo con quella del presidente Michel Aoun, al fine di mantenere l'unità nazionale e risparmiare al Paese ulteriori crisi. Sulla vicenda è tomato di nuovo il leader di Hezbollah che ha affermato ieri che Hariri è «prigioniero» a Riad e che «non può tomare a Beirut». «La cosapiù pericolosa - ha aggiunto Hassan Nasrallah in un messaggio televisivo- è l'incitamento saudita a Israele di colpire il Libano». Con un tweet, il leader druso Walid Jumblatt ha scritto che, dopo una settimana di assenza, «è ora che Hariri faccia rientro». Intanto, il comandante delle Forze aeree del Comando Centrale americano (Centcom) ha confermato che il missile lanciato sabato sera dai ribelli yemeniti houthi contro l'aeroporto di Riad portava «impronteiraniane». Le indagini tuttora in corso vorrebbero scoprire come il missile sia stato introdotto inYemen nonostante l'embargo imposto su spazio aereo, sui porti e sui valichi del Paese.

Il Manifesto- Michele Giorgio: " L'ira di Hezbollah sui Saud"

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Michele Giorgio

È rimasto in silenzio per giorni, mentre divampava la crisi innescata dalle dimissioni da premier libanese imposte a Saad Hariri dall'Arabia saudita e proseguita con le minacce sempre più violente rivolte da Riyadh al Paese dei Cedri. Ieri Hassan Nasrallah, il segretario generale del movimento sciita Hezbollah, bersaglio assieme all'Iran della rabbia dei Saud, è sceso in campo.
HA RESPINTO le dimissioni che Hariri ha annunciato una settimana fa da Riyadh e proclamato che il primo ministro è detenuto in Arabia saudita. Ha negato con forza il coinvolgimento di Hezbollah nell'attacco con il missile — iraniano secondo americani e sauditi—lanciato nei giorni scorsi dai ribelli sciiti Ansarullah (Houthi) dallo Yemen e intercettato su Riyadh. «L'Iran— ha ammesso Nasrallah — ha un'influenza in Libano ma a differenza di Riyadh non si mescola negli affari libanesi» imponendo la nomina del primo ministro, organizzando le elezioni e stabilendo a chi assegnare (le licenze per lo sfruttamento delle risorse energetiche». Quindi ha rivolto un appello all'unità di tutti i libanesi e al ritorno del primo ministro in Libano. Più di tutto Nasrallah ha sollevato un interrogativo centrale sull'obiettivo delle manovre nella regione del 32enne principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, ormai al comando effettivo del regno. Riyadh, ha affermato il leader di Hezbollah, vuole che Israele scateni una guerra contro il Libano. E, ha aggiunto, «la guerra (dell'estate 2006) è avvenuta su richiesta dell'Arabia saudita». I sauditi cercano lo scontro e Hezbollah è pronto, ha assicurato Nasrallah.
«L'ARABIA SAUDITA sta fomentando lo scontro tra i libanesi, incita i paesi arabi ad adottare misure contro il Libano ed esorta anche altri paesi, ma quello che è più pericoloso è che istiga Israele a colpire il Libano», ha aggiunto, sostenendo che la monarchia Saud vuole sfogarsi in Libano perché «non pub affrontare l'Iran».
MA I SAUDITI, ha concluso, «saranno sconfitti come è avvenuto altrove nella regione», ha proseguito riferendosi al ruolo decisivo di Hezbollah in Siria in appoggio a Damasco. Che il leader del movimento sciita libanese abbia centrato il punto lo confermano indirettamente da Israele. «L'Arabia saudita sta aprendo un nuovo fronte contro l'Iran e vuole che Israele faccia il gioco sporco (in Libano)», spiegava ieri il quotidiano Haaretz, il più autorevole del paese, in una lunga analisi. Riyadh, ha scritto Amos Harel, sta cercando di spostare il campo di battaglia con l'Iran dalla Siria al Libano e di innescare una reazione a catena. All'origine c'è la vittoria militare di Damasco contro i jihadisti ribelli finanziati e armati da sauditi, qatarioti, turchi e governi occidentali. In queste circostanze, ha sottolineato Harel, aumentano i rischi che la situazione vada fuori controllo, specialmente se Riyadh continuerà «a soffiare deliberatamente sul fuoco».
LA PIANIFICAZIONE dell'escalation per potrebbe essere stata comune, ipotizza la rivista americana Foreign Policy sottolineando gli stretti legami fra Donald Trump, il premier israeliano Netanyahu e Mohammed bin Salman, allo scopo di mettere l'Iran nell'angolo. CHE IL PERICOLO di una guerra si sia fatto più concreto lo segnala anche la preoccupazione espressa dal segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres. «Ritengo essenziale che nella regione non scoppino nuovi conflitti. Potrebbero esserci conseguenze devastanti», ha detto chiedendo che venga preservata l'unità e la stabilità del Libano. Un appello peloso alla calma è giunto anche dal segretario di Stato Usa Tillerson: «Gli Stati uniti sostengono la stabilità del Libano. Nel paese non esiste un ruolo legittimo per qualsiasi forza straniera o per elementi armati diversi dalle forze di sicurezza legittime dello Stato libanese», ha detto in riferimento ai combattenti di Hezbollah di cui una parte di libanesi, Washington, i sauditi e Israele chiedono il disarmo. Intanto non è chiaro se il presidente francese, Emmanuel Macron, l'altra sera sia andato a Riyadh anche per convincere il principe ereditario a lasciar partire Saad Hariri (con cittadinanza anche saudita) che secondo i libanesi sarebbe agli arresti domiciliari perché coinvolto nella retata che ha visto finire in manette centinaia fra principi, ministri, ex ministri, dignitari e uomini d'affari. Il portale Middle EastEye riferiva ieri che alcuni degli arrestati sarebbero stati torturati.
HARIRI SAREBBE LIBERO di muoversi, afferma il ministro degli esteri francese, Jean-Yves Le Drian, ma a Beirut crescono ansia e rabbia. La stessa famiglia Hariri, seppur legata a doppio filo a Riyadh, vuole il suo rientro. Hariri comunque ha incontrato vari ambasciatori nella sua residenza, tra i quali quello italiano, ma resta a Riyadh.

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