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Informazione Corretta Rassegna Stampa
09.11.2017 Il mondo arabo comincia a ragionare?
Analisi di Mordechai Kedar

Testata: Informazione Corretta
Data: 09 novembre 2017
Pagina: 1
Autore: Mordechai Kedar
Titolo: «Il mondo arabo comincia a ragionare?»

Il mondo arabo comincia a ragionare?
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yeuhudit Weisz)

http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/21231  

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Una città negli Emirati Arabi

Gli Emirati Arabi Uniti considerano la lotta contro le organizzazioni terroristiche originate dalla Fratellanza Musulmana come una missione cruciale. Mustafa Tusa è un giornalista francese la cui famiglia si è trasferita in Francia dalla Tunisia, e lavora per diversi organi di stampa francesi che commentano gli eventi in Medio Oriente. A Tusa, che mi intervistò circa due anni fa, dissi che quello degli Emirati sarebbe stato l'unico modello socio-politico in grado di governare uno Stato arabo funzionante e legittimo, capace di offrire ai propri cittadini una vita accettabile. Avevo inoltre aggiunto che qualsiasi Stato mediorientale basato su sistemi politici occidentali o su paradigmi amministrativi europei sarebbe presto fallito, come è avvenuto in Siria, Iraq, Yemen e Libia.

Il 23 ottobre 2017 Tusa ha pubblicato un articolo sugli Emirati Arabi Uniti (UAE), in cui ha descritto come la coalizione considera la lotta contro le organizzazioni terroristiche originate dalla Fratellanza Musulmana una vera e propria battaglia culturale. La lotta non è solo contro gli attacchi terroristici ma è rivolta anche nei confronti delle idee che hanno creato il terreno fertile per la nascita del terrorismo, su basi diametralmente opposte alla cultura tribale che costituisce la legge che governa gli Emirati. L'evidente conclusione che si coglie leggendo l'articolo è che solo gli Stati che prendono in considerazione i codici tribali sono in grado di affrontare, con successo e nel lungo periodo, l'ideologia del terrorismo islamico e rimanere nazioni funzionanti nonostante siano in aperto conflitto con organizzazioni crudeli che operano senza i vincoli che governano il mondo civile. Qui di seguito la traduzione dell'articolo di Tusa, tradotto in ebraico da David Pasder e poi dall'ebraico in inglese da Rochel Sylvetsky. I miei commenti sono tra parentesi.

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Gli Emirati: un modello valido
C'è un solo numero ad avere un valore speciale per i leader degli Emirati Arabi Uniti, il 47, che rappresenta il numero di anni necessari per unificare gli Emirati. Durante questo periodo di tempo, un conglomerato di tribù diverse e ostili tra loro, si è trasformato in una confederazione influente, capace di essere un attore politico, che fa la storia e governa gli eventi. Questo non è un tempo lungo da un punto di vista storico ed è fonte di orgoglio e importanti iniziative. I leader degli Emirati Arabi Uniti hanno la certezza assoluta di aver creato uno Stato modello, caratterizzato da efficienza economica, tolleranza politica garantite da una leadership civile, in una regione in cui una pletora di barriere socio-culturali aveva paralizzato ogni tentativo di creatività. Il loro successo è il risultato della scelta strategica di investire nelle persone, nel dare un nuovo ruolo alle donne, nel "considerare sacra la vita", nella convivenza locale (leggi "la tribù") e ne favorire migliori relazioni con il resto del mondo.

Altrove, l'uso di espressioni altisonanti, potrebbe essere considerato come una manifestazione superficiale di un egocentrismo esagerato. Ma i leader degli UAE sono seriamente convinti delle loro affermazioni , certi che stanno garantendo l’impulso giusto per guidare i governi e proteggere le popolazioni. Durante la crisi delle guerre del Golfo, i media internazionali avevano cercato di spiegare ciò che aveva spinto gli Emirati a essere presenti su molti fronti - Siria, Libia, Libano, Egitto e Africa – perché faceva parte della lotta senza fine al terrorismo.

Nell'attuale crisi tra gli Emirati e il Qatar, il loro unico obiettivo è la lotta al terrorismo e contro il loro principale nemico, l'organizzazione dei Fratelli Musulmani ( che è sostenuta dal Qatar), e contro le organizzazioni derivate,in particolare Hamas. Le politiche ufficiali dei leader di Abu Dhabi sono chiare. Mentre la Fratellanza Musulmana mantiene una immagine ufficiale di facciata, in realtà –politicamente- è identica a tutte le organizzazioni terroristiche che minacciano la stabilità mondiale. La conclusione senza compromessi dei leader degli Emirati è che Al Qaeda e ISIS, così come Boko Haram e a-Shabab della Somalia, il fronte Al Nusra e al gruppo Abu Saif, sono tutti " figli naturali" della Fratellanza Musulmana. Per combattere il terrorismo, le operazioni militari sono indispensabili , anche se non sostituiscono le attività politiche e ideologiche.

I leader sono coscienti che devono distruggere la propensione della Fratellanza Musulmana a creare infrastrutture estremiste e approfittare del consenso che ottengono in società prive di autentica informazione. Ali Rashid al-Nuimi, capo del centro di Hadaya per la lotta contro l’estremismo, è una persona che non usa mezzi termini. Il suo discorso fluente e senza inibizioni, sempre chiaro e sintetico, lo rende attraente ai media mentre cerca spiegazioni approfondite e illuminanti (per gli eventi politici che stanno distruggendo il Medio Oriente). Per al-Nuimi, la guerra al terrorismo intrapresa dagli Emirati è necessaria, persino cruciale, per proteggere il modello socio-politico dell'UAE nella regione (cioè il modello tribale): “Se non ci interessiamo dei terroristi dovunque operino, finiranno per attaccarci nelle nostre case”. Questa posizione spiega perché gli Emirati Arabi Uniti siano in conflitto diretto con l'Islam politico e con tutte le organizzazioni politiche che usano la religione per conquistare il potere e impadronirsi dei governi. I leader di Abu Dhabi ritengono che l'Islam politico riceva finanziamenti, protezione e incoraggiamento dall'asse del male rappresentato dal Qatar, alleato di tutte le organizzazioni terroristiche, e dalla Turchia, che cerca di tornare alla sua antica potenza nella regione, alleandosi con le organizzazioni della Fratellanza Musulmana. Per i leader dell’UAE, la Fratellanza Musulmana è molto più pericolosa di Hezbollah, che non ha alcuna possibilità di ottenere un appoggio nella regione, dopo quanto è avvenuto in Siria.

Secondo al-Nuimi, "la Fratellanza Musulmana è più pericolosa perché gode del sostegno di diverse nazioni occidentali" (alcuni dei Paesi europei e parte del Dipartimento di Stato americano vedono nella Fratellanza un'organizzazione onesta e piena di buone intenzioni; per questo dovrebbe essere incoraggiata come alternativa ai jihadisti che appartengono a organizzazioni ancora più estreme). L'asse che deve essere combattuto comprende anche l'Iran, che approfitta della situazione economica per soffiare sul fuoco delle ostilità tribali e creare una grande confusione, incoraggiando così i movimenti terroristici più estremisti. Ali Rashid al-Nuimi si preoccupa di ricordare a coloro che hanno la memoria corta, che “quando Saddam Hussein è caduto in Iraq, l'Iran ha ridato vita alla fiamma della religione, seminando l'odio tra sunniti e sciiti, che prima era sopita in quella nazione”.

Questo approccio spiega anche perché l'UAE vuole affrettare l’ inversione di marcia che il Presidente americano Donald Trump ha impresso nella politica americana nei confronti dell'Iran, definendolo responsabile del pericolo che minaccia la stabilità e la pace internazionale. Così termina l'articolo di Tusa. Descrivere l'elemento culturale tribale del tessuto sociale, come condizione necessaria per condurre una guerra ideologica contro il terrorismo e i paesi come il Qatar, che lo incoraggiano. Dato che la maggior parte del Medio Oriente è musulmana, soprattutto i giovani, la cui visione del mondo non è ancora formata - possono essere accecati dai frizzanti mantra islamici dei propagandisti del terrorismo. Per affrontare questa sfida, chi vuole davvero combattere il terrorismo - i musulmani per primi - deve rappresentare una vera alternativa culturale, politica e sociale che coinvolga giovani e adulti estremisti; l'alternativa più antica, stabile ed efficiente è solo quella tribale, che propone una cornice familiare calda e avvolgente, che protegge il cervello dall'intrappolamento nella rete delle organizzazioni jihadiste.

L'UAE è l'espressione politica del costume sociale su base familiare, accettato e legittimo, noto a tutto il Medio Oriente. Si può applicare a quasi tutte le società arabe ( eccetto Egitto e Tunisia) e deve diventare la base per risolvere il problema israelo-palestinese, vale a dire la creazione di un Emirato palestinese. Poiché lo Stato moderno medio orientale, costruito su basi pseudo-occidentali si trasforma in una storia fallimentare, non c'è altra opzione se non quella di creare gli otto emirati palestinesi, che hanno tutte le possibilità di diventare strutture stabili, organizzate, legittime e pacifiche, esattamente come gli Emirati del Golfo Persico.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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