Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 08/11/2017, a pag. 11, con il titolo "Yemen, rappresaglia di Riad contro gli sciiti. Ucciso un leader dei ribelli alleati di Teheran", la cronaca di Giordano Stabile; dal MANIFESTO, a pag. 8, con il titolo "Israele al fianco di Riyadh. Trump Ioda le epurazioni", la cronaca di Michele Giorgio.
Mohammed bin Salman
Ecco gli articoli:
LA STAMPA - Giordano Stabile: "Yemen, rappresaglia di Riad contro gli sciiti. Ucciso un leader dei ribelli alleati di Teheran"
Giordano Stabile
L’Arabia Saudita accusa l’Iran di «attacco militare diretto» per il missile lanciato dai ribelli yemeniti Houthi su Riad e risponde con un raid che elimina uno dei leader del movimento sciita, Adnan Zbarah. Il blitz dell’aviazione è scattato durante una riunione del comandante con altri capi della provincia di Saada, confinante con il regno, e ha portato all’eliminazione di «dozzine» di militanti. Un segnale agli avversarsi del principe Mohammed bin Salman: dopo la grande purga della notte fra sabato e domenica il clima è cambiato e Riad reagirà colpo su colpo.
Attacco all’Iran
Quella stessa notte gli Houthi avevano lanciato uno Scud modificato, «Burqan», con una gittata di oltre mille chilometri, sull’aeroporto della capitale saudita. Un affronto, definito «un crimine contro l’umanità», che doveva essere lavato. Ieri mattina Bin Salman ha definito l’attacco missilistico «un’aggressione militare diretta» da parte dell’Iran, sospettato di aver fornito la tecnologia per i vettori dei ribelli sciiti. Poco dopo l’influente ministro per gli Affari del Golfo, Thamer al-Sabhan, ha invece puntato il dito contro Hezbollah, «complice del lancio», considerato una «dichiarazione di guerra» da parte di tutto il Libano, a meno che il suo governo, dopo le dimissioni del premier Saad Hariri, non rompa definitivamente con il Partito di Dio.
Ma la guerra per procura con l’Iran si combatte soprattutto in Yemen. Il governo saudita ha messo una taglia complessiva di 440 milioni di dollari sulle teste dei quaranta leader principali degli Houthi. Vanno da cinque milioni per i capi secondari fino a 30, la più alta, per il leader supremo Abdulmalik al-Houthi, la mente del colpo che nel febbraio del 2015 ha cacciato il presidente yemenita Abd-Rabbu Mansour Hadi dalla capitale Sanaa e permesso al movimento sciita (della corrente zaidita) di impadronirsi di metà del Paese.
Il blocco dei porti
L’altra misura per reagire al bombardamento sull’aeroporto di Riad è stato l’isolamento totale dello Yemen del Nord, con lo stop a tutti i voli umanitari delle Nazioni Unite e il blocco del porto di Hodeida, il principale accesso al mare rimasto nelle mani dei ribelli sciiti. L’Arabia Saudita sospetta che l’Iran riesca in qualche modo a far arrivare componenti missilistiche agli Houthi, che da due anni e mezzo sono circondanti via terra e sottoposti al blocco navale nel Mar Rosso.
Dopo la deposizione di Hadi, Riad ha organizzato una coalizione sunnita, che comprende anche l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti, per rimettere il presidente al suo posto e piegare gli Houthi e gli uomini rimasti fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh. Ma in trenta mesi di guerra l’alleanza non è riuscita nell’intento. Il blocco e i bombardamenti sulle città hanno però creato una spaventosa crisi umanitaria, con milioni di persone malnutrite, migliaia di vittime per il colera. Le morti dirette della guerra civile sono oltre 10 mila.
L’Onu ha espresso la sua «preoccupazione» per il blocco, che aggraverà la situazione umanitaria. I voli umanitari portano medicine e alimenti indispensabili per i bambini, quelli che soffrono di più, e l’epidemia di colera rischia di tornare fuori controllo. Gli Houthi hanno però reagito al blocco e ai raid con una nuova sfida: in un comunicato hanno detto di essere pronti a colpire «porti e aeroporti dell’Arabia Saudita» e hanno minacciato che dopo Riad «toccherà anche a Dubai».
IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Israele al fianco di Riyadh. Trump Ioda le epurazioni"
Michele Giorgio rovescia su Israele e l'Occidente la responsabilità delle tensioni e dei conflitti che attanagliano il Medio Oriente. Secondo Giorgio Trump si sarebbe schierato a favore delle "epurazioni" in Arabia Saudita. L'attacco all'Arabia da parte del quotidiano comunista è strumentale, lo scopo vero da colpire è l'America di Trump e Israele. Non una parola, come da copione, sulla portata della minaccia dell'espansione sciita, guidata direttamente dagli ayatollah di Teheran.
Ecco l'articolo:
Michele Giorgio
Dopo aver ricevuto l'approvazione di Donald Trump alla sua ondata di arresti fra principi, ministri e tycoon presunti corrotti, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha ottenuto dagli Stati uniti pieno appoggio all'accusa rivolta all'Iran di aver fornito il missile balistico, sparato dallo Yemen, che il 4 novembre ha sorvolato Riyadh. Secondo l'ambasciatrice statunitense all'Onu, Nikki Haley, il missile sparato era un Qiam, di fabbricazione iraniana. «un tipo di arma non presente in Yemen, prima della guerra civile-.
PAROLE CHE DANNO una spinta ulteriore all'offensiva di Riyadh contro il movimento sciita Hezbollah, culminata nell'imposizione delle dimissioni al premier libanese Saad Hariri e nell'attacco frontale a Tehran lanciato ancora da Mohammed bin Salman durante una conversazione telefonica con il ministro degli esteri britannico Boris Johnson. “II ruolo del regime iraniano nel rifornire i ribelli (yemeniti) Houthi di missili rappresenta un attacco armato da parte di Teheran e può essere considerato come un atto di guerra», ha sentenziato il potente rampollo reale ricevendo la solidarietà di Johnson. Immediata la replica di Tehran che, attraverso il ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif, ha descritto «false e pericolose» le affermazioni saudite. A Damasco, dove era in visita ufficiale, Ali Akbar Velayati, consulente dell'ayatollah e guida suprema dell'Iran Ali IChamenei, ha ribadito che il suo Paese è pronto a difendersi. Velayati e il presidente siriano Bashar Assad si sono detti convinti che l'escalation di tensione nella regione é causata dalla sconfitta dei gruppi terroristici in Siria.
GRUPPI TERRORISTICI che ieri son o tornati a colpire a Damasco. Una pioggia di razzi e colpi di mortaio sparati da miliziani jihadisti hanno colpito un quartiere di Damasco ed edifici non lontani dall'ambasciata lassa facendo almeno cinque morti. E Israele non resta a guardare.
NONOSTANTE STAMPA e analisti mettano in guardia dal farsi trascinare dalla frenesia saudita di andare in guerra subito contro l'Iran. Il governo Netanyahu si avvicina a Riyadh con cui Tel Aviv non ha ufficialmente relazioni. Lo prova un telegramma inviato dal ministero degli esteri israeliano a tutte le ambasciate, rivelato lunedì sera alla tv Canale 10 da Barak Ravid, uno dei giornalisti israeliani meglio informati.
GLI AMBASCIATORI, ha spiegato Ravid, sono stati invitati a diffondere tra i dirigenti dei Paesi in cui operano un messaggio di aperto sostegno all'Arabia Saudita e contro la presenza di Hezbollah nell'attuale e nei futuri governi libanesi. Intanto la purga gigantesca messa in moto da Mohammed bin Salman che ha già visto decine di arresti, si colora di nuovo di giallo.
IL PRINCIPE Abdul Azlz bin Fahad, figlio del penultimo sovrano del regno, Fahd bin Abd al Aziz al Saud, sarebbe stato ucciso dalle forze di sicurezza in uno scontro a fuoco dopo essersi opposto all'arresto. A riferirlo è stato il Daily Mail e la notizia, non confermata ufficialmente, arriva 24 ore dopo che un altro membro della famiglia reale, Mansour bin Muqrin, è morto in un incidente aereo al quale però ben pochi credono. Media arabi e anche israeliani sostengono che il velivolo che trasportava il principe e altri sette funzionari sarebbe stato abbattuto da un jet militare per evitare la loro fuga. Le autorità giudiziarie inoltre hanno bloccato più di 1.200 conti bancari «eccellenti». Di fatto prigioniero sarebbe anche il presidente yemenita in esilio a Riyadh, Abd Rabbu Mansour Hadi, assieme ai figli e alcuni capi militari, a cui i sauditi impedirebbero di tornare in Yemen. Motivo: i rapporti tesi di Hadi con gli Emirati, alleati di ferro sauditi. In altre parti della regione si guarda con preoccupazione al futuro. Il Libano teme di precipitare in una nuova guerra civile sotto l'urto della pressione saudita contro Hezbollah che ha già costretto il primo ministro Hariri a dimettersi.
GLI ABITANTI DI GAZA attendono con timore il rientro del presidente palestinese Abu Mazen “invitato” d'urgenza dal re saudita Salman. Riyadh ha accolto con disappunto la riconciliazione tra Abu Mazen e il movimento islamico Hamas sponsorizzato da Qatar e Turchia, rivali dei sauditi, e che di recente si è riavvicinato all'Iran.
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