Il peggior presidente americano
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
A destra: Barack Obama, il peggior presidente americano
Cari amici,
il tentativo di fare Obama “santo subito” non si ferma. E’ appena uscito in Italia, e immaginiamo in tutto il resto del mondo, un volumetto con i discorsi di addio suoi e della moglie (http://www.lastampa.it/2017/11/05/cultura/le-parole-di-obama-il-sogno-dei-padri-fondatori-per-tutti-non-solo-per-alcuni-MRtDQP8U8MJ5JujUtEh77N/pagina.html). Non cessano di incensarlo i media progressisti che pure notano il processo di dissoluzione in cui ha lasciato partito democratico (vale la pena di leggere questa inchiesta, molto parziale ma certamente interessante: https://www.nytimes.com/2017/11/01/magazine/a-post-obama-democratic-party-in-search-of-itself.html), che oggi è avvolto negli scandali, l’ultimo dei quali consiste nel controllo (forse sarebbe meglio dire nell’acquisto, dato che si tratta di soldi) da parte di Hilary Clinton del Partito Democratico nel 2015, quando erano ancora in corso le primarie (https://www.salon.com/2017/11/02/donna-brazile-hillary-controlled-the-democratic-party/). Un controllo o un acquisto che ha certamente turbato la campagna elettorale più dei russi, senza che nessuno protestasse fino a qualche giorno fa e Obama tollerò tranquillamente.
Ma c’è molto di più, a carico dell’ex presidente. A parte gli “errori” clamorosi di politica estera a favore dell’Iran e della Russia, che ormai tutti ammettono, incomincia a venir fuori la spregiudicatezza ai limiti della legge, e forse anche oltre questi limiti, con cui Obama ha amministrato il potere. A proposito di campagna elettorale, continuano a venir fuori dettagli inquietanti sul carattere compromettente dell’incontro fra Loretta King, allora ministro della Giustizia e dunque responsabile politico dell’FBI e Bob Clinton (https://townhall.com/tipsheet/katiepavlich/2017/08/07/documents-show-doj-was-in-panic-mode-after-loretta-lynch-meeting-with-bill-clinton-was-exposed-n2364588).
Barack Obama con Hassan Rohani
Il tema cruciale è però quello della politica internazionale, dove emergono altre carte, se non false, nascoste. Il primo esempio è naturalmente l’accordo con l’Iran, che Obama non fece passare al Senato, come richiesto dalla Costituzione americana per i trattati internazionali, dato che non aveva la maggioranza necessaria per approvarlo, e proprio per questa ragione oggi può essere depotenziato da Trump, se non proprio annullato. La “furbata” dell’approvazione indiretta come iniziativa presidenziale ora mostra tutta la debolezza di una presidenza che eccedeva sistematicamente i propri limiti. Ed è venuto fuori anche che Obama decise di nascondere alcune centinaia di migliaia di documenti sequestrati nel covo do Osama bin Laden, perché in essi risultava chiaramente un legame fra Al Qaeda e l’Iran, che lui e gli ayatollah hanno sempre negato fraudolentemente, sapendo di mentire (http://www.dailywire.com/news/23145/shock-report-obama-hid-470000-documents-bin-laden-hank-berrien#exit-modal). E’ un caso gravissimo, cui non si è data l’attenzione che meritava. Ancora oggi media e politici presentano l’Iran come “buono” perché nemico di Al Qaeda, quando se ne è sempre candidato a protettore.
Un’altra storia molto sporca legata all’amministrazione Obama è l’uso dell’IRS (l’equivalente americano dell’Agenzia delle Entrate) per realizzare una vera e propria persecuzione contro i gruppi di opposizione conservatori. Ormai questa è una verità giudiziaria accertata in tribunale (http://www.foxnews.com/opinion/2017/10/26/jay-sekulow-victory-irs-admits-tea-party-other-conservative-groups-were-targets-during-obama-era.html) ed è chiaro che è stata una politica costante dell’amministrazione iniziata nel 2010 (https://www.forbes.com/sites/paulroderickgregory/2013/06/25/the-timeline-of-irs-targeting-of-conservative-groups/#7d8055733572). Immaginatevi che cosa accadrebbe da noi se si scoprisse che l’Agenzia delle Entrate seleziona i soggetti da indagare a seconda della loro inclinazione politica. E’ un evidente attentato alla democrazia, ma quelli che fanno di Obama un santino del progressismo ignorano tranquillamente il problema.
Un ultimo tema, più vicino ai nostri temi fondamentali. I democratici fanno un gran parlare dell’interferenza russa nelle elezioni americane, che sarebbe avvenuta finanziando della pubblicità in Facebook. Be’, sembra che il costo complessivo di queste interferenze sia stato di 100 mila dollari: non lo dico io, o qualche giornale trumpiano, ma il più ferreamente obamiano dei media, il New York Times: https://www.nytimes.com/2017/09/06/technology/facebook-russian-political-ads.html e suoi dirimpettai come CNN: http://money.cnn.com/2017/09/07/media/what-russian-troll-army-could-buy-facebook-ads/index.html. I quali però si guardano bene dal dire che nella campagna presidenziale americana Clinton ha speso 1,4 miliardi di dollari e Trump poco meno di uno e che dunque 100 mila dollari sono più o meno lo 0,1 per mille della campagna di Trump. (https://www.washingtonpost.com/graphics/politics/2016-election/campaign-finance/).
Ma soprattutto evitano di dire che Obama, come risulta dalle carte appena uscite finanziò con 350.000 dollari solo la costituzione dell’infrastruttura che fu utilizzata per interferire nelle elezioni israeliane cercando di sconfiggere Netanyahu e di far vincere Herzog e Livni (https://www.cnsnews.com/blog/michael-w-chapman/state-dept-350k-group-built-campaign-structure-used-against-election-israels). Non è bizzarro? I democratici si affannano da mesi a cercare di coinvolgere Trump in un’interferenza elettorale che lui non ha probabilmente commesso, almeno a quel che se ne sa, e che invece il loro amato Obama ha fatto nei confronti di un paese amico e alleato, lasciandone le tracce plateali nel bilancio pubblico. Non parliamo qui poi del fatto che i laburisti israeliani, così fieri del loro contributo all’indipendenza nazionale, non hanno ritenuto di protestare per un’interferenza straniera che li favoriva.
Insomma, la santificazione di Obama è il tentativo fallimentare di ricostruire un mito, lo stesso che lo portò al Premio Nobel preventivo del 2010. Ma tutta questa propaganda non toglie il fatto che sia stato il peggior presidente americano dell’ultimo secolo, magari a pari merito con Carter.
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