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Molto di nuovo sul fronte del Nord a destra:l'Ayatollah Ali Khamenei Cari amici, Non mi stanco di ripetervi che se volete capire la situazione militare di Israele, il primo fronte da considerare è il nord. Non la Giudea e Samaria, dove tre anni di falliti tentativi di far partire un’”intifada dei coltelli” o degli investimenti automobilistici sono serviti solo a spargere parecchi lutti e a dimostrare l’impotenza strategica dei palestinisti (oltre a fornire modelli d’azione per i terroristi europei, ma questo è un altro discorso).
Ora le sue dimissioni, motivate oltre che dal predominio soffocante dell’Iran sul Libano anche dal pericolo per la sua stessa vita (https://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-5038232,00.html ), sono state date mentre era in visita o forse in fuga nell’Arabia Saudita, il nemico principale dell’Iran e di Hezbollah (https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2017/10/lebanon-hezbollah-front-saudi-arabia-confront.html ), che deve avergli rivelato prove convincenti dei complotti contro di lui. E’ probabile che Hariri abbia scelto l’esilio per salvarsi (http://www.jewishpress.com/news/middle-east/lebanon/lebanese-pm-resigns-flees-to-saudi-arabia-cites-irans-grip-on-his-country-fear-of-assassination/2017/11/04/ ) Il Libano ripiomba in piena crisi: è certamente una sconfitta dell’Iran, nel suo tentativo di conquistare il predominio su tutto il percorso che gli permetterebbe di proiettare la sua potenza sul Mediterraneo: l’Iraq, che ha già un governo filoiraniano, il territorio curdo, che ha visto fallire il tentativo dell’indipendenza, la Siria, dove stanno sparendo le ultime sacche di occupazione dell’Isis, e per l’appunto il Libano. Una lunga strada, che è la stessa da cui i persiani hanno governato il Medio Oriente nell’antichità, e che oggi cercano di riaprire con l’appoggio della Russia, “partner strategico” per “isolare l’America”, come Ali Khamenei “guida suprema” (che in tedesco si traduce Fuehrer) dell’Iran ha detto a Putin in un incontro di appena due giorni fa (http://formiche.net/2017/11/02/putin-iran-russia-khamenei-isolare-stati-uniti-trump/ ). Sembrava che l’Arabia potesse essere tranquillizzata, dopo l’altro incontro fra Putin e il re Salman di un mese fa (http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2017-10-04/putin-e-re-salman-grande-alleanza-petrolio--210034.shtml), ma evidentemente le cose sono andate in maniera diversa. E l’Iran ha preso molto male le dimissioni di Hariri (http://www.jpost.com/Breaking-News/Iran-says-resignation-of-Lebanese-PM-will-create-tension-in-region-513320 ). Un’altra notizia che vale la pena di riferire è che forse si è aperta o è diventata pubblica una sorta di pre-trattativa fra Stati Uniti e Siria: un inviato americano sarebbe andato di recente a Damasco a parlare con il capo dei servizi segreti locali, a proposito della liberazione di un giornalista americano sequestrato dal regime, ma certamente anche di altre cose (https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2017/11/washington-silent-report-us-official-damascus-syria-mamlouk.html ). E’ una notizia interessante perché conferma, se è vera, una certa accettazione dello stato di fatto provocato dall’intervento russo in cui Assad non è più in pericolo e dunque una certa volontà di venire ad accordi, la stessa forse che ha consigliato all’amministrazione americana di non appoggiare l’indipendenza curda. E’, come dicono in molti, per esempio Caroline Glick (http://www.jpost.com/Opinion/Column-One-America-the-laughingstock-513224 ) una continuazione della fallimentare politica di Obama? Si tratta di un’iniziativa degli apparti diplomatici e spionistici o coinvolge anche Trump? Difficile dirlo, ma certo delle cose si tanno muovendo. A un livello molto più micro, ma significativo, va segnalato che i drusi del Golan, che si stanno fortemente orientando verso Israele dopo essere stati per decenni fedeli alla loro appartenenza siriana (https://www.haaretz.com/israel-news/1.814218 ) hanno chiesto con molta energia, tentando addirittura di abbattere la barriera di confine (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/237621 ) e poi ottenuto dall'esercito israeliano la protezione su un villaggio druso, Hader, rimasto dall'altra parte del confine e attaccato da gruppi vicini ad Al Qaida (http://www.israelhayom.com/2017/11/03/idf-says-it-will-protect-syrian-druze-village-bordering-golan-heights/) . Non è la prima volta che Israele aiuta un po' qualche gruppo meno aggressivo nella confusa guerra civile siriana, né che interviene a difendere i propri interessi strategici cercando di impedire che a Hezbollah arrivino armamenti capaci di cambiare l'equilibrio militare. L'ha fatto ancora pochi giorni fa, bombardando un deposito o una fabbrica di armi a Nordest del Libano, a sud della città di Homs, quindi parecchio lontano dal confine. (http://www.syriahr.com/en/?p=77636 ) E ne è nato un combattimento vero e proprioo, perché la Siria ha cercato di reagire e la Russia ha obliquamente minacciato. Ma è la prima volta che Israele interviene attivamente mettendo sotto protezione un centro abitato – anche se non contro i governativi di Assad ma dei ribelli jihadisti: una testimonianza dell'importanza e dell'ambiguità del ruolo dei drusi in quella zona (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/237620 ). Insomma, al fronte del Nord c'è molto di nuovo. Israele guarda la situazione e cerca di comportarsi razionalmente pensando alla sua difesa e a evitare, se possibile, una guerra che sarebbe molto pericolosa e costosa in vite umane da entrambe le parti. Possiamo solo sperare, che in questo difficilissimo teatro l'esperienza di Bibi Netanyahu e la sua lucidità permettano di evitare le trappole e di imporre anche ai nemici il rispetto dello stutus quo. |
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